Condominio

Il condominio e la «responsabilità oggettiva» sulle cose in custodia

di Anna Nicola

L'amministratore diligente convoca l'assemblea quando i beni comuni minacciano rovina o pericolo di rovina in quanto il condominio è responsabile, a titolo extracontrattuale nel caso si verifichi un danno a causa della cattiva manutenzione dei beni e/o servizi del condominio.
L'art. 2051 c.c. sancisce la c.d. responsabilità oggettiva di chi ha beni in custodia: «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito». Può concorrere anche la responsabilità personale dell'amministratore nel caso in cui non sia intervenuto per mettere in sicurezza il bene pericolante. Sussiste la responsabilità del condominio in ragione del nesso causale tra il bene condominiale ed il danno occorso derivante dalla sua cattiva custodia. Non vi è la necessità che ricorra anche la prova dell'aspetto psicologico del danneggiante - condominio, quale il dolo o la colpa, essendo sufficiente la sola dimostrazione del nesso eziologico. Sebbene alcuni affermino esservi una presunzione iuris tantum della sussistenza della colpa, la Suprema Corte ha evidenziato che la responsabilità in questione è puramente oggettiva, in quanto “la norma di cui l'art.2051 non si fonda su una presunzione di colpa, ma individua un'ipotesi di responsabilita' oggettiva che in concreto ricorre quando sia individuabile un rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo” (Cass. 26051/2008). Questa può essere vinta solamente dalla prova contraria del caso fortuito, da intendersi quale fatto naturale (cd. forza maggiore), quale fatto del terzo ovvero dello stesso danneggiato. Vi è l'imputabilità dell'accaduto al condominio quando il fatto costituisce un antecedente necessario dell'evento, quando esso non è stato poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l'evento, naturalmente se l'antecedente è un bene o un servizio del condominio. Ad oggi l'orientamento dominante segue la decisione della Suprema Corte da ultimo riportata.
«La fattispecie di cui all'art. 2051 c.c., individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva e non una presunzione di colpa, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, poiché l'azione di responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c., presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all'azione di responsabilità per danni a norma dell'art. 2043 c.c., dipendente dal comportamento del custode, che; è invece elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'art. 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilità è la custodia, esclusa soltanto nel caso in cui l'evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile» (Cass. 12329/2004, 376/2005, 2563/2007; Cass. 11695/2009).
«In tema di danno cagionato da cose in custodia è indispensabile, per l'affermazione di responsabilità del custode, che sia accertata la sussistenza di un nesso di causalità tra la cosa ed il danno patito dal terzo, dovendo, a tal fine, ricorrere la duplice condizione che il fatto costituisca un antecedente necessario dell'evento, nel senso che quest'ultimo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie di esso, e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano causale, dalla sopravvenienza di circostanze da sole idonee a determinare l'evento. Alla stregua di tale principio generale consegue che l'obbligo del custode di segnalare il pericolo connesso all'uso della cosa si arresta di fronte ad un'ipotesi di utilizzazione impropria la cui pericolosità sia talmente evidente ed immediatamente apprezzabile da chiunque, tale da renderla del tutto imprevedibile, sicché l'imprudenza del danneggiato che abbia riportato un danno a seguito di siffatto uso improprio integra il caso fortuito per gli effetti di cui all'art. 2051 cod. civ. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva escluso il nesso di causalità tra l'eventuale dovere di custodia di un condominio relativo ad un cortile adibito a parcheggio e l'evento di danno occorso al figlio minore di uno dei condomini che, introdottosi in ora serale in tale cortile protetto da apposito cancello e destinandolo a spazio ricreativo per giocarvi a pallone, si era procurato delle lesioni venendo a contatto con i vetri di copertura delle grate di aerazione di un garage, anch'esse appositamente protette, così ponendo in essere il c.d. “fattore esterno”, idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno e a condurre all'esonero da qualsiasi responsabilità del convenuto condominio). (Rigetta, App. Lecce, 12 maggio 2003)» (Cass. 24804/2008).
La responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c. è stata affermata anche in tema di danni derivati dalla cattiva manutenzione del tetto condominiale.
«In tema di responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, il Condominio risponde, ex art. 2051 c.c., dei danni cagionati alla proprietà esclusiva di un singolo condomino, nell'ipotesi in cui gli stessi siano stati provocati dal deterioramento di parti comuni dell'edificio (es. tetto) per vetustà e ritardata manutenzione straordinaria» (App. Genova Sez. III, 26/03/2008).
«Il danno derivante dal rifiuto della maggioranza dei condomini di dare luogo a qualsivoglia intervento sul tetto, la fattispecie che regolamenta la vicenda è quella di cui all'art. 2051 c.c.» (Trib. Monza, 05/06/2007).
Il condominio può liberarsi da questa responsabilità solo fornendo la prova del caso fortuito, che, in quanto tale, spezza il rapporto diretto tra il bene ed il danno, ad esempio il pavimento del cortile condominiale ha una grossa buca da parecchio tempo. Il condomino Tizio si è ferito cadendovi dentro. Il condominio deve risarcirgli i danni. Non così nel caso in cui nel cortile è stato dimenticato una sera un attrezzo dal giardiniere e Tizio si incappa per sua disattenzione.
Il caso fortuito libera il condominio dalla responsabilità ex art. 2051 c.c. Occorre la dimostrazione che il bene da cui è derivato il danno a terzi è stato, ad esempio, posto da estranei o anche da un singolo condomino nel raggio di azione del condominio. Una volta fornita la prova del fortuito, il condominio non può essere condannato a risarcire il danno subito dal terzo a causa della accidentale presenza del bene sul suolo di proprietà comune. Al limite, si può discutere di responsabilità concorrente del condominio, per mancata sorveglianza, con l'autore del fatto
<<Chi proponga domanda di risarcimento dei danni da cose in custodia, ai sensi dell'art.2051 cod. civ., in relazione alle condizioni di una strada (nella specie, danni conseguenti alla caduta da una motocicletta), ha l'onere di dimostrare le anomale condizioni della sede stradale e la loro oggettiva idoneità a provocare incidenti del genere di quello che si è verificato (nella specie, presenza di pietrisco sul fondo stradale). E' onere del custode convenuto in risarcimento, invece, dimostrare in ipotesi l'inidoneità in concreto della situazione a provocare l'incidente, o la colpa del danneggiato, od altri fatti idonei ad interrompere il nesso causale fra le condizioni del bene ed il danno>> (Cass. 18 dicembre 2009 n. 26751)
La recente Suprema Corte 25856/2017 ha affermato che, sebbene insista sul danneggiato l'onere di provare il fatto dannoso oltre il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, tuttavia, residua in capo allo stesso danneggiato un'ulteriore e più delicata prova quale l'esistenza di intrinseca pericolosità in capo alla cosa in custodia. E' pertanto necessario provare che ove la cosa in custodia risulti inerte e priva di intrinseca pericolosità, tuttavia, lo stato dei luoghi presenti un'obiettiva situazione di pericolo tale da rendere altamente probabile, se non addirittura inevitabile, il verificarsi del danno. Il danneggiato potrà trovare agevole ristoro del danno patito ove dimostri che seppur la cosa in custodia non poteva in alcun modo essere portatrice di pericolo diversamente, lo stato dei luoghi o le circostanze dei luoghi, attesa la loro obiettiva situazione di pericolo, abbiano grandemente concorso al verificarsi dell'evento dannoso. (Cass., 25856/2017)

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