Condominio

Gli effetti del distacco dal riscaldamento condominiale

di Anna Nicola

Il locale caldaia e l'impianto di riscaldamento costituiscono beni e servizi comuni. In particolare, sono comuni la caldaia e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini (art. 1117 n. 3 c.c.).
Dal punto di diramazione, invece, la tubatura appartiene in proprietà esclusiva ai titolari delle singole unità abitative (Cass. 9940/1998).
Ai sensi del nuovo articolo 1118 del codice civile, il singolo condomino ha facoltà di chiedere il distacco dall'impianto centralizzato purché da questa operazione non derivino gravi squilibri di funzionamento dello stesso o aggravi di spesa per gli altri condomini.
Non si considerano “squilibri termici” - impeditivi del distacco - le diminuzioni di temperatura negli appartamenti vicini a quello distaccato, provocate dal non uso del riscaldamento (Cass. 11857/2011).
Ai sensi dell'art. 1122 c.c., nell'unità immobiliare di sua proprietà o nelle parti comuni, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti condominiali e, in ogni caso, è tenuto a darne preventiva notizia all'amministratore che ne riferisce all'assemblea. La delibera assembleare che respinga la legittima richiesta del proprietario di staccarsi dall'impianto centralizzato è nulla (Cass. 19893/2011).
Il condominio non ha titolo per comprimere ed incidere sui diritti individuali sui beni comuni o sulla proprietà esclusiva di ciascuno dei condomini (Cass. 3586/2013).
La delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune (Cass. Sentenza n. 7518/2006)
«… può legittimamente rinunziare all'uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini» (Cass. 5331/2012)
Pur distaccandosi, il condomino è tenuto comunque al pagamento della propria quota per le opere di manutenzione straordinaria dell'impianto, nonché a quelle per il suo mantenimento e/o regolare messa a norma.
La richiesta di distacco è vincolata comunque alla relazione di un tecnico che deve accertare la misura dell'inevitabile squilibrio che viene a crearsi nell'impianto centralizzato (dimensionato per garantire ripartizione di calore e confort adeguati nei vari alloggi), venendo meno una unità.
Sulla base di questa valutazione, il tecnico deve quantificare l'eventuale quota forfettaria di compensazione per la quantità di calore di cui si continuerebbe comunque ad usufruire, derivante dagli appartamenti confinanti e dalle tubazioni che attraversano l'appartamento (in media, si riuscirebbe a beneficiare di una temperatura di 16-17°).
Tuttavia il distacco comporta dei costi non indifferenti. Alla quota forfettaria bisogna aggiungere le spese necessarie per:
•installazione della caldaia autonoma ad alto rendimento energetico o a condensazione;
•installazione di un canna fumaria per lo scarico fumi, molto onerosa soprattutto per gli appartamenti non situati all'ultimo piano; solitamente si cerca di sfruttare i canali di evacuazione fumi già presenti, tipo quelli delle cappe di aspirazione cucina, comunque non adeguati allo scopo.
In base ai regolamenti comunali e nel rispetto del decoro architettonico, è possibile realizzare una canna fumaria esterna che consenta lo scarico al di sopra del solaio di copertura, ma comportanti costi non indifferenti;
•opere per la realizzazione del nuovo impianto con:
•- distacco delle tubazioni dell'appartamento dall'impianto centrale, con inevitabili opere murarie;
•- allaccio e adeguamento della nuova linea gas;
•- realizzazione di una nuova rete idraulica di distribuzione ai vari radiatori (l'intervento meno invasivo comporta l'impiego di canaline esterne o a soffitto o sul battiscopa);
•- progetto e dichiarazione di conformità dell'impianto, con relativa relazione da presentare al condominio.
A questi costi vanno aggiunti, necessariamente, quelli dei consumi annui di gas e quelli delle verifiche periodiche e degli interventi manutentivi. A conti fatti, il distacco risulta quanto mai oneroso.
Occorre poi verificare se le normative locali, comprese quelle regionali, lo consentano. Così non è ad esempio in Piemonte.
Nel caso del Tribunale di Roma 631/2018, una condomina impugnava il preventivo delle spese di riscaldamento nella parte in cui le venivano addebitate le spese di consumo relative alle unità immobiliari di sua proprietà, all'epoca già distaccate dall'impianto di riscaldamento centralizzato.
Si opponeva il Condominio, contestando la legittimità del distacco operato dalla condomina, che avrebbe provocato malfunzionamenti ed aggravi di spese per gli altri condomini.
Nel respingere le argomentazioni del condominio, l'organo giudicante richiama anzitutto il comma 4 dell'art. 1118 c.c. che, recependo i precedenti indirizzi giurisprudenziali, dispone che “il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”. Sussistendo tali requisiti, il condominio può sempre staccarsi dall'impianto comune,senza necessità di autorizzazione o approvazione degli altri condomini.
La delibera assembleare che, pur in presenza di tali condizioni, respinga la richiesta di autorizzazione al distacco è nulla per violazione del diritto individuale del condomini sulla cosa comune.

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