Condominio

Balcone nuovo, l’occupazione della «colonna d’aria» è illecita

di Valeria Sibilio


La costruzione di un manufatto in un condominio è illecita se si protende su una proprietà altrui. È quanto deciso dalla Cassazione con la sentenza 9877 del 2018 , che ha trattato un caso originato dalla costruzione di un balcone realizzato, e successivamente ampliato, trasformando due finestre in porte appena sopra il tetto del sottostante e confinante magazzino. Il proprietario del suddetto locale citava in giudizio il sovrastante condòmino, chiedendo la rimozione dell'opera, lesiva del diritto di proprietà e del decoro architettonico dello stabile in quanto priva di autorizzazione condominiale, nonché il risarcimento del danno, anche per le provocate infiltrazioni idriche. Il convenuto deduceva la legittimità dell'opera, in quanto, pur se il terreno sottostante era di esclusiva proprietà dell'attore, l'uso della colonna d'aria era comune, per cui, in riconvenzionale, chiedeva l'accertamento all'usucapione del diritto allo stendere panni e la condanna della controparte all'abbassamento della soglia del magazzino nel rispetto della distanza ex art. 907 cod. civ.
Il Tribunale accoglieva la domanda di ripristino dello stato dei luoghi per essersi, con la pedana, esercitata un'illegittima servitù, con rigetto della domanda risarcitoria e delle domande riconvenzionali. In appello, la Corte rigettava l'impugnazione del condòmino, considerando l'insussistenza di alcuna ultrapetizione, avendo il proprietario del magazzino agito a tutela della sua proprietà su cui si protendeva illegittimamente il balcone-pedana, essendo la colonna d'aria soprastante il magazzino di sua proprietà e non parte condominiale. La Corte riteneva, inoltre, non raggiunte né la prova dell'ultraventennalità della pedana e quindi della dedotta usucapione, nè la sopraelevazione di qualche centimetro del magazzino rispetto alla situazione originaria.
Contro tale sentenza, il condòmino proponeva ricorso per cassazione su quattro motivi, mentre il proprietario del magazzino resisteva con controricorso.
Il ricorrente deduceva l'erroneità dell'affermazione della Corte d'appello secondo cui sarebbe stata creata una servitù illegittima sulla colonna d'aria sovrastante l'immobile, trattandosi di preesistente fruizione di aria e luce da parte di tutti i condòmini del latistante fabbricato dalla colonna d'aria unitariamente sovrastante il capannone e il cortile. Godimento ampliabile in intensità ex art. 1102 cod. civ. con il solo limite di non impedire il pari uso degli altri condòmini, potendo l'aggetto realizzato paragonarsi ad apertura di battenti di finestre. Motivo giudicato inammissibile, in quanto il ricorrente, oltre a lamentare genericamente una inidoneità della sentenza impugnata, non ha specificamente argomentato al riguardo, ciò che esime dall'esaminare la deducibilità di una violazione di norme processuali. Quanto alla censura di violazione di norme in tema di comunione e condominio, il motivo è risultato infondato. Mentre il cortile è parte comune del condominio, il magazzino e la soprastante colonna d'aria sono invece bene in proprietà esclusiva del controricorrente. La Corte territoriale ha rilevato l'illegittimità di un manufatto considerato come invasivo della proiezione verso l'alto del capannone ed ha espresso il principio per cui l'ampliamento di finestre o la loro sostituzione con balconi in aggetto o altri manufatti può concretare un siffatto aggravamento di servitù, richiamando anche per i cortili condominiali la rilevanza del divieto di mutamento di destinazione delle cose comuni ex art. 1102 cod. civ., affermando che lo spazio aereo a essi sovrastante non può essere occupato dai singoli condòmini con costruzioni proprie in aggetto, non essendo consentita l'utilizzazione, ancorché parziale, a proprio vantaggio della colonna d'aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa.
Il ricorrente, inoltre, lamentava il fatto che i giudici di merito non avessero considerata né l'assenza di un danno sofferto dal controricorrente per effetto dell'uso altrui della colonna d'aria, nè la necessità della realizzazione del pianale per poter stendere i panni, attività altrimenti rischiosa. Due motivi, strettamente connessi e congiuntamente rigettati, in quanto entrambi irrilevanti, non potendo da essi derivare restrizione della tutela del diritto di proprietà altrui.
Nel quarto e ultimo motivo di ricorso, per il ricorrente i giudici del merito, con travisamento della prova nelle valutazioni delle deposizioni testimoniali e delle conclusioni della perizia, nonché con violazioni del regime probatorio, avrebbero escluso erroneamente la fondatezza dell'istanza di accertamento dell'acquisto del diritto per usucapione. Motivo inammissibile in tutti i suoi profili. Fermo restando che la Corte d'appello ha fatto uso corretto della disciplina in tema di usucapione, va rilevato come la decisione adottata sia stata direttamente ricollegata al rilievo probatorio assunto dalla documentazione. In tale quadro, la statuizione del giudice del merito è solo in via secondaria e non decisiva basata su valutazioni delle risultanze testimoniali, profilo questo del tutto trascurato dalla parte ricorrente. Un dato che ha concorso verso la ritenuta inammissibilità del mezzo. Quanto poi specificamente alla censura di vizio di motivazione, nessun fatto storico il motivo indica come negletto dalla corte d'appello, limitandosi a censurare inammissibilmente la valutazione dei fatti, invece esaminati, relativi al non essere sussistito il manufatto per oltre un ventennio.
La Cassazione ha, in definitiva, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi ed euro 2.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©