Condominio

Danni da risarcire, per una nuova perizia ocorre la documentazione delle spese

di Valeria Sibilio


Per un rinnovo della perizia, in merito alla quantificazione di danni avuti nel proprio appartamento, è necessario che venga prodotta, a cura del danneggiato, la documentazione delle spese affrontate. Lo afferma l'ordinanza 9247 /2018 della Cassazione, relativa a un contenzioso nato dall'allagamento determinatosi in un appartamento condominiale, conseguente ai lavori di ristrutturazione in corso in quello al piano superiore. Per ottenere il risarcimento dei danni subiti, i condòmini danneggiati agivano in giudizio nei confronti dei sovrastanti vicini, i quali, a loro volta, chiamavano in causa il condominio e la società di assicurazioni.
Il Tribunale di Primo Grado accoglieva la domanda nei confronti dei soli convenuti, condannandoli a risarcire il danno agli attori nella misura di euro 38.000,00, oltre accessori. Nel corso del giudizio di secondo grado, era intervenuta una transazione, tra le parti, in ordine ad alcuni aspetti della lite, con conseguente dichiarazione di parziale rinunzia agli atti del giudizio di appello. La Corte di secondo grado, ritenuta la controversia non oggetto di rinuncia limitata alla quantificazione dei danni subiti dagli attori, nei soli rapporti con una dei convenuti, riformava parzialmente la decisione del Tribunale, quantificando il danno in euro 10.000,00, oltre accessori, dichiarando compensate le spese dell'intero giudizio.
Ricorrendo in Cassazione, i condòmini danneggiati denunciavano l'omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla condotta del consulente tecnico di ufficio, nominato nel procedimento di accertamento tecnico preventivo, oggetto di istanza di sostituzione del detto consulente, istanza equivalente alla dichiarazione di ricusazione. Motivo in parte infondato ed in parte inammissibile. L'istanza di sostituzione dell'ausiliario, nominato nel corso dell'accertamento tecnico preventivo dai ricorrenti, non qualificabile come istanza di ricusazione, risultava esaminata e disattesa dal giudice del procedimento cautelare, il quale ha rimesso al giudice del merito la valutazione dell'opportunità di rinnovare le operazioni di consulenza. Rinnovo non ritenuto, dal Tribunale, opportuno. La Corte di appello aveva valutato tutti gli elementi di prova in atti, e, in base ad adeguata motivazione, aveva ritenuto di liquidare il danno, in via equitativa, nella somma di euro 10.000,00, oltre accessori.
Con il secondo motivo i ricorrenti ritenevano inosservato l'onere probatorio loro incombente a proposito della quantificazione del danno lamentato, rilevando che, nella sentenza, il suo assolvimento avrebbe richiesto la documentazione della spesa sopportata per la riparazione dei danni. Motivo apparso anch'esso infondato. Per gli ermellini, la Corte di Appello ha correttamente applicato le disposizioni normative, avendo ritenuto che spettasse ai danneggiati di fornire la dimostrazione dell'entità dei danni subiti. Ha, quindi, valutato tutti gli elementi e, in base ad adeguata motivazione, ha ritenuto dimostrato il danno in mancanza di elementi certi di prova in ordine alla sua entità, liquidandolo in via equitativa.
Con il terzo motivo i ricorrenti si opponevano all'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di primo grado e di quello di appello, oltre che del procedimento di accertamento tecnico preventivo, con accollo del compenso per la perizia, divisa equamente tra le parti, nonostante che non fosse ravvisabile soccombenza degli odierni ricorrenti nel promosso accertamento tecnico preventivo, e nonostante che nel giudizio non fosse configurabile lo loro soccombenza e nemmeno una soccombenza reciproca. Motivo infondato in quanto la Corte di appello aveva correttamente ravvisato una ipotesi di reciproca soccombenza parziale delle parti, con riguardo all'esito complessivo del giudizio, essendo stata accolta la domanda per un importo sensibilmente inferiore a quello richiesto dagli attori, in conformità con l'art. 92, comma 2, c.p.c. che prevede la possibilità, per il giudice, di disporre la compensazione totale o parziale delle spese di giudizio, in base ad una valutazione di fatto non censurabile in sede di legittimità.
Con il quarto motivo, i ricorrenti denunciavano la violazione dell'art. 91, comma 1, e dell'art. 306, ultimo comma, c.p.c. - con riferimento all'art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c. - per avere l'appellante rinunciato all'appello R.G. n. 7200/2013 senza che tale rinuncia fosse stata accettata dagli odierni ricorrenti e per non avere il giudice condannato il rinunciante alla refusione delle spese di lite. Motivo, in parte infondato ed in parte inammissibile. La Corte di Appello, aveva interpretato l'atto di rinunzia parziale nel senso che in esso era contenuta una dichiarazione di rinuncia agli atti del giudizio e di contestuale accettazione della stessa, proveniente tutte le parti, e che tale dichiarazione riguardasse ogni questione relativa ai rapporti processuali intercorrenti tra gli attori e l'appellante. Sulla base di tale accertamento di fatto, si poteva dichiarare estinto il giudizio in relazione ai rapporti tra le altre parti, senza alcun spazio per una dichiarazione di cessazione della materia del contendere. I ricorrenti sostenevano di non avere accettato la rinunzia agli atti del giudizio operata dall'appellante, ma il ricorso non conteneva lo specifico richiamo e la trascrizione del contenuto dell'atto preso in esame dal giudice che darebbe conto dei loro assunti, nè la chiara e precisa indicazione dei motivi per cui esso non sarebbe stato correttamente interpretato.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidate in euro 3.300,00, oltre euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.

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