Condominio

L’assemblea non può «autotutelarsi» accollando i danni a un condòmino

di Paolo Accoti

Tra le attribuzioni dell'assemblea condominiale, per come stabilite dall'art. 1135 Cc (conferma e retribuzione dell'amministratore; approvazione del preventivo spese; approvazione del rendiconto annuale; opere di manutenzione straordinaria e innovazioni), non rientra quella relativa alla tutela in proprio di un preteso diritto al risarcimento del danno.
L'assemblea, infatti, non ha alcuna possibilità di imputare il pagamento di determinate somme al singolo condomino in ragione di un supposto danneggiamento da questi operato in danno del condominio, né quello di autoliquidazione delle spese occorrenti per ovviare al predetto danno.
Insomma, nessuna “giustizia sommaria” da parte del condominio.
In tali casi, l'eventuale responsabilità del condomino deve essere accertata dall'autorità giudiziaria ovvero a seguito di ammissione di responsabilità da parte dell'autore del danno.
Questi i principi contenuti nella sentenza del Tribunale di Roma, depositata in data 19 Marzo 2018.
Un condomino conveniva in giudizio dinnanzi al Giudice di pace di Roma l'intera compagine condominiale, nella persona dell'amministratore pro-tempore, al fine di vedere riconosciuta la nullità o l'annullabilità della delibera condominiale di approvazione del bilancio consuntivo, con il quale, tra l'altro, erano state poste interamente a carico dello stesso le spese straordinarie di manutenzione dell'immobile, in particolare, quelle necessarie alla riparazione della facciata condominiale, danneggiata a seguito di un incendio propagatosi dall'appartamento dello stesso condomino attore.
Nella resistenza del condominio il Giudice di pace, ritenuta la contemporanea pendenza di identico giudizio innanzi al Tribunale di Roma, con apposita ordinanza dichiarava l'estinzione del giudizio, con successiva ordinanza di condanna del condomino al pagamento delle spese di lite.
Proponeva appello il condomino soccombente deducendo l'illegittimità delle ordinanze sulla scorta del non identità delle cause pendenti dinnanzi a giudici diversi, nel merito insisteva comunque per l'illegittimità della delibera impugnata.
Per quel che interessa in questa sede, il Tribunale di Roma, superate le eccezioni preliminari, per quanto concerne il merito della controversia ritiene la domanda del condomino fondata «in quanto il potere di porre a carico del singolo condomino a titolo di risarcimento dei danni le spese sostenute dal condominio per la riparazione di beni comuni non rientra tra le attribuzioni dell'assemblea, come disegnate dall'art. 1135 cod. civ., non avendo l'assemblea alcuna competenza a provvedere ed a disporre in merito. Il condominio, infatti, al fine di far valere nei confronti dei propri condomini eventuali pretese per il risarcimento dei danni arrecati ai beni comuni deve avvalersi della tutela in via giurisdizionale, non avendo esso, al pari degli altri soggetti che si pretendono danneggiati da un fatto illecito altrui, un potere di autotutela e di autoliquidazione del danno. Da tali considerazioni discende che la spesa relativa, in mancanza di un riconoscimento di responsabilità da parte del condomino responsabile ovvero di un accertamento giudiziale al riguardo, deve essere ripartita, in attesa di un eventuale provvedimento giudiziale, tra tutti i condomini sulla base del normale criterio di riparto posto dall'art. 1123 cod. civ. (Cass. n. 26360 del 2017; Cass. n. 7890 del 1999)».
Ciò posto, dichiara la nullità, nella parte impugnata, della delibera adottata dall'assemblea del condominio, atteso che la violazione del criterio legale di ripartizione delle spese - per come stabilito dall'art. 1123 Cc -, impone l'assoggettamento della delibera impugnata alla sanzione più grave della nullità, rispetto a quella meno afflittiva dell'annullabilità, secondo il noto criterio di distinzione operato delle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 4806/2005), e condanna il condominio appellato al pagamento delle spese di giudizio.
La sentenza del Tribunale di Roma appare in linea con il principio già espresso dalla giurisprudenza di legittimità a mente del quale l'assemblea, in tema di suddivisione delle spese, è tenuta ad applicare i criteri legali di ripartizione, in primis, quello di cui all'art. 1123 Cc, non avendo la stessa alcun potere in relazione all'accertamento delle responsabilità per fatti illeciti e, di conseguenza, nessuna possibilità di autonoma liquidazione del danno, in mancanza di un accertamento giudiziale di tale responsabilità ovvero di volontaria ammissione di colpevolezza da parte del danneggiante (Cfr.: Cass. n. 26360/2017; Cass. n. 10053/2013).

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