Condominio

Usucapione delle parti comuni, non si chiama in causa l’amministratore

di Rosario Dolce

Con la Sentenza del 9 gennaio 2018 n. 61 la Corte di appello di Napoli riflette sull'ampiezza dei poteri di rappresentanza processuale dell'amministratore del Condominio degli edifici, e arriva a concludere verso una relativa diversa ampiezza, in ragione del tema decisionale affrontato.
Il giudice partenopeo distingue, in ordine alla necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condòmini, tra l'esercizio di un'azione tese a chiedere l'accertamento della condominialità di un bene o di una porzione di esso (nella fattispecie, un lastrico solare) e quella, invece, volta a difendere il Condominio dall'esercizio di una pretesa di usucapione su tale “parte comune”, laddove esercitata in via “riconvenzionale” da parte del condòmino opponente.
Quanto alla prima azione, il predetto decidente afferma che, controvertendosi sulla condominialità del lastrico solare e trattandosi di giudizio avente ad oggetto la titolarità dei diritti reali dei condòmini su cose o parti dell'edificio condominiale, la competenza ad intraprendere l'azione deve essere rimessa alle attribuzioni della assemblea dei condomini e/o all'amministratore (cfr, articolo 1130, nr 3, codice civile “compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio).
Quanto alla seconda azione, ovvero con riferimento a quella che discende dallo svolgimento di una domanda riconvenzionale con cui il condòmino opponente chiede di accertarsi la proprietà esclusiva del lastrico solare a danno del Condominio- quanto meno a titolo di usucapione - il giudice del gravame perviene ad una soluzione processuale differente.
Secondo quest'ultimo, in un simile contesto, deve essere disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condòmini, configurandosi un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in quanto viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile.
Invero, incidendo la “domanda riconvenzionale” formulata dal condòmino sull'estensione dei diritti dei singoli – cioè degli altri condòmini - la stessa non può esser decisa solo nei confronti dell'amministratore pro tempore, ancorché quest'ultimo sia legittimato dai poteri dell'assemblea dei condòmini con apposita delibera. A tutto concedere, l'emissione di una Sentenza sul merito nei confronti del Condominio (e non, dunque, nei riguardi dei condòmini) impedirebbe alla stessa di formare un giudicato espresso o implicito sul punto, tanto da poter essere censura, per la prima volta, anche in sede di legittimità con conseguente rimessione degli atti al primo giudice (Corte Cassazione, Sezioni Unite, n. 25454 del 13/11/2013).
In buona sostanza, ogni qual volta all'esercizio di un''azione esercitata da parte del Condominio degli Edifici per far dichiarare la condominialità di una “parte comune” si contrappone, in via riconvenzionale, quella del condòmino tesa a far accertare, a monte, l'usucapione del bene, discende come conseguenza soggettiva quella per cui occorre disporre l'ampliamento del litisconsorzio nei confronti di tutti i condòmini, nessuno escluso (a conferma di tale conclusione sono state citate in sentenza le seguenti pronunce: . Cassazione Civile 23628/2006; 19385/2009; 6649/17; ed ancora l'Ordinanza n. 6649 del 15/03/2017 con cui il Giudice di legittimità ha ritenuto che “in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino, convenuto dall'amministratore per il rilascio di uno spazio di proprietà comune occupato “sine titulo”, agisca in via riconvenzionale per ottenere l'accertamento della proprietà esclusiva su tale bene, il contraddittorio va esteso a tutti i condomini, incidendo la controdomanda sull'estensione dei diritti dei singoli; pertanto, ove ciò non avvenga e la domanda riconvenzionale sia decisa solo nei confronti dell'amministratore, l'invalida costituzione del contraddittorio può, in difetto di giudicato espresso o implicito sul punto, essere eccepita per la prima volta o rilevata d'ufficio anche in sede di legittimità, con conseguente rimessione degli atti al primo giudice”).

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