Condominio

Condominio in rete, un obbligo disatteso. Ma così l’immobile perde valore

di Luca Baldin

Norme disattese e soprattutto opportunità sprecate per scarsa conoscenza allontanano i condomini dai nuovi servizi digitali. La risposta sta negli impianti multiservizi.
A fine 2014 la Legge 164/2014 modificava il Testo Unico dell'edilizia (DPR 6 giugno 2001 n. 380) con l'introduzione dell'art. 135 bis. Uno dei provvedimenti di legge sull'edilizia meno conosciuti e più disattesi che stabiliva il principio che tutti gli edifici di nuova costruzione dovessero essere equipaggiati con un'infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all'edificio, costituita da adeguati spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete. Lo stesso obbligo si doveva applicare in caso di opere che richiedano il rilascio di un permesso di costruire ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera c, ovvero le cosiddette “ristrutturazioni profonde”.
Il provvedimento costituisce l'anello mancante delle strategie sulla banda ultra larga e dell'agenda digitale italiana e rispondeva all'esigenza di superare il cosiddetto “digital divide dell'ultimo metro” mediante un coinvolgimento di tutti i soggetti interessati al mondo del costruito, nella consapevolezza che soltanto la connessione in modalità FTTH (fiber to the home) permetteva il conseguimento dei risultati prefissati in termini di velocità della rete.
Va detto che la norma, entrata a regime il 1° luglio 2015, comporta conseguenze significative in caso di inadempienza, quali non da ultimo il mancato rilascio dell'agibilità e il conseguente blocco del rogito in caso di compravendita, per giungere persino a cause risarcitorie.
Questo per quel che riguarda il nuovo, ma gli impianti di distribuzione dei segnali digitali costituiscono un problema costante anche sul costruito, ben noto agli amministratori. Annoso il problema della antenne di ricezione televisiva e satellitare, che quasi tutti i regolamenti edilizi comunali obbligano alla centralizzazione e che viceversa vediamo sempre copiose sui tetti e sui balconi; a cui si aggiunge oggi il fastidio sempre più ricorrente degli operatori di telecomunicazioni che nell'intento di collegare un nuovo utente moltiplicano e affastellano cavi nelle aree comuni, non di rado con superfetazioni irrazionali e antiestetiche che minano il valore dell'immobile.
Pochi sanno invece che un'operazione di aggiornamento radicale dell'impianto originario mediante la realizzazione di un impianto centralizzato multiservizio in fibra ottica, al di là dei termini roboanti, non solo è operazione il più delle volte semplice (un cavo multifibra può essere tranquillamente passato nelle canalizzazioni dell'impianto d'antenna), ma è addirittura un'operazione a valore aggiunto per i proprietari dell'immobile.
Un impianto multifibra (ben definito dalla guida CEI 306/22), infatti, offre ai proprietari molteplici vantaggi nel medio e anche nel lungo periodo. Permette, infatti, di arginare l'invadenza degli operatori delle telco fermandoli alla base dell'edificio ed evitando quindi nuove richieste di passaggio; di centralizzare finalmente gli impianti d'antenna, disboscando la selva di ferrivecchi sui tetti (non di rado pericolosi anche per l'incolumità delle persone); ma anche e soprattutto di predisporre l'edificio alla ricezione di tutti i servizi digitali che già oggi costituiscono elementi irrinunciabili della vita contemporanea e certamente lo saranno ancor di più nel prossimo futuro. Proprio quest'ultimo elemento ha come conseguenza immediata l'aumento sensibile sia il valore nominale dell'edificio che la sua spendibilità sul mercato, come dimostrano già numerose rilevazioni di mercato. E questo anche grazie all'etichetta volontaria che il Ministero dello sviluppo economico ha recentemente varato e che viene rilasciata dal tecnico che collauda il nuovo impianto e che va ad arricchire la documentazione dell'immobile.

* Project Manager Smart Building Italia

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