Condominio

Permesso negato a chi vìola le norme sulle distanze

di Giuseppe Bordolli

È pienamente legittimo il comportamento del comune che nega il permesso di costruire in sanatoria al proprietario di una terrazza che ha realizzato una copertura a meno di tre metri dall'affaccio dell'appartamento soprastante, violando così l'articolo 907 del codice civile, norma rilevante non solo nei rapporti tra privati ma anche capace di compromettere l'assetto urbanistico – edilizio al pari delle altre disposizioni del codice civile relative alla distanze tra fabbricati.
E' questo il principio affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza 8 gennaio 2018 n. 72 .
La vicenda prendeva l'avvio quando un condòmino decideva di sfruttare alcuni pilastri di cemento con piccole travi inserite nella facciata condominiale che si trovavano sulla sua terrazza per collocarvi sopra una copertura in policarbonato e un grigliato in legno a chiusura dei tre lati.
A seguito di un esposto di alcuni condòmini, però, il comune con un sopralluogo contestava la natura abusiva della copertura.
Di conseguenza il proprietario della terrazza cercava di ottenere un permesso di costruzione in sanatoria della nuova tettoia ma la domanda veniva respinta per violazione della distanza minima di tre metri dall'affaccio dei condomini soprastanti prevista dall'art. 907 c.c.
La questione veniva quindi sottoposta al Tar Lombardia che però dava ragione al comune.
Al condòmino proprietario della terrazza non rimaneva quindi che rivolgersi al Consiglio di Stato.
A sostegno delle sue ragioni faceva presente che il Tar non aveva considerato che l'intelaiatura della veranda era stata realizzata dal costruttore del caseggiato in previsione dell'installazione di una copertura da parte del proprietario.
Ma la contestazione principale riguardava la violazione dell'articolo 907 c.c.., norma che il condomino riteneva priva di una valenza pubblicistica e, pertanto, irrilevante in sede di valutazione dell'istanza di sanatoria.
In altre parole era convinto che la citata disposizione si prefiggesse solo di tutelare i rapporti di vicinato, mentre la tutela di un ordinato sviluppo del territorio fosse riservata ad altre disposizioni.
Queste considerazioni non sono state condivise dal Consiglio di Stato che ha notato come la preesistente struttura idonea ad accogliere una tettoia (già realizzata dal costruttore del caseggiato) non possa in nessun modo autorizzare la violazione del diritto di veduta del condomino soprastante.
In ogni caso il Consiglio di Stato conferma la piena validità del provvedimento comunale impugnato, sottolineando come la realizzazione di una nuova tettoia vada considerata sotto il profilo urbanistico come nuova costruzione che richiede un titolo edilizio da rilasciarsi previa conformità dell'opera non solo alle specifiche disposizioni del testo unico dell'edilizia, ma anche alle norme dallo stesso richiamate sulla distanza per le vedute di cui all'art. 907 c.c., disposizione che non riguarda semplicemente il rapporto tra condòmini, ma incide sull'assetto urbanistico del territorio.

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