Condominio

Le regole sulle distanze valgono se il nuovo edificio è più grande del precedente

di Valeria Sibilio

In casi di demolizione e ristrutturazione di un immobile occorre accertare se sia intervenuto o meno un aumento della superficie, delle altezze e dei volumi, al fine di determinare se il fabbricato debba essere qualificato come nuova costruzione e, quindi, sottoposto alla disciplina in tema di distanze. L'ordinanza della Cassazione n°7070 del 2018, ha esaminato un caso originato dalla pronuncia del Tribunale il quale aveva accolto la domanda di demolizione del corpo di fabbrica eccedente la sagoma pregressa di un immobile e la condanna del realizzatore di tale opera alla chiusura dell'accesso ed alla rimozione degli scalini. La Corte di appello accoglieva parzialmente il gravame proposto da quest'ultimo, rigettando la domanda di demolizione e richiamando il principio secondo cui si ha nuova costruzione quando si sia in presenza di aumenti di volumetria. Pur essendo certa la demolizione di parte del vecchio fabbricato, non era certa la sussistenza e la misura dell'ampliamento, peraltro non verificabile dalla rappresentazione tecnica dello stato dei luoghi antecedente, ricostruito dalla perizia.
Nella cassazione di tale sentenza, l'attrice proponeva ricorso, lamentando il fatto che la Corte d'appello si fosse limitata all'affermazione di una incertezza della prova sull'aumento di ampliamento di superficie e di volumetria. Motivo, per gli ermellini, infondato in quanto il ricorso non invocava l'affermazione di un principio diverso da quello al quale si è attenuta la Corte di appello, ma contestava e contrastava la ricostruzione in fatto alla quale essa era pervenuta, finendo con il prospettare, con una deduzione del tutto generica, l'omessa considerazione di una circostanza di fatto, ossia l'aumento della volumetria complessiva per effetto della sopraelevazione e di modifiche di sagoma, senza neppure indicare specificamente da dove questa risulti.
Ad avviso della ricorrente, inoltre, vi sarebbero state incongruità e illogicità della motivazione per la mancata valutazione della perizia che indicava espressamente “corpi di fabbrica uscenti dalla sagoma volumetrica del fabbricato preesistente” e costituenti “ampliamenti che incorrono nei limiti edilizi delle nuove costruzioni” e della relazione di accertamento tecnico effettuato dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale nella quale si rilevavano lavori effettuati con modifica della sagoma.
Motivo, per la Cassazione, inammissibile in quanto la censura è articolata richiamando il testo dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella versione anteriore alla riforma introdotta dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012. Una norma non più applicabile, trattandosi di sentenza depositata il 30 ottobre 2013, quindi dopo l'entrata in vigore di una disciplina più stringente. Il decreto riduce al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, per cui è denunciabile, in Cassazione, solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e che, con carattere decisivo, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti.
La formulazione del motivo in esame non risulta in linea con la nuova previsione processuale e le risultanze, di cui la ricorrente lamenta l'omessa o l'insufficiente valutazione, sono richiamate senza il rispetto della prescrizione dettata dall'art. 366, n. 6, cod. proc. civ, non avendo la ricorrente indicato dove detta documentazione sia reperibile.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, liquidate in euro 2.700,00 di cui euro 2.500,00 per compensi, oltre a spese generali nella misura del 15% e ad accessori di legge.

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