Condominio

Home restaurant e condohotel: ecco come ti "recupero" il condominio

di Marta Jerovante


Lo sviluppo dell'economia collaborativa e l'impulso a differenti tipologie di esercizi alberghieri, con l'obiettivo, da un lato, di fornire opportunità anche a nuovi operatori, agevolati da forme di lavoro flessibile e da nuove fonti di reddito, dall'altro di rivitalizzare il settore del turismo alberghiero – che da tempo soffre la concorrenza dell'ospitalità extra-albeghiera e, da ultimo, delle piattaforme dell'home sharing – sono stati alla base di alcuni interventi dei Governi negli ultimi anni. Per la verità, né nell'uno né nell'altro caso il processo può dirsi definitivamente compiuto. Procediamo con ordine.

La proposta di legge sull'home restaurant
A fronte di un mercato del social eating che anche in Italia ha già raggiunto un significativo fatturato, siamo ancora in attesa di una specifica regolamentazione normativa. In realtà, una disciplina del fenomeno era stata pure predisposta, e un testo di legge approvato alla Camera; tuttavia, il disegno di legge A.S. n. 2647, passato in Senato e assegnato alla X Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) in sede referente l'8 febbraio 2017, lì vi è rimasto in esame.
Il provvedimento, accanto alle definizioni, introduceva una serie di vincoli e limiti, al fine dichiarato di «garantire la trasparenza, la tutela dei consumatori e la leale concorrenza, nell'ambito dell'economia della condivisione» (art. 1). Così, in materia di requisiti degli immobili destinati all'attività di ristorazione casalinga, prevedeva per esempio che detta attività non possa essere esercitata nelle unità immobiliari ad uso abitativo in cui sono esercitate attività turistico-ricettive in forma non imprenditoriale o attività di locazione per periodi di durata inferiore a trenta giorni» (con una disposizione che è stata ribattezzata "clausola anti-Airbnb")».
Ruolo centrale, nell'impalcatura del disegno di legge, veniva poi attribuito alle piattaforme digitali. Attraverso le medesime, erano infatti destinate a svolgersi tutte le fasi variamente connesse all'attività di home restaurant: l'iscrizione degli utenti; l'inserimento delle attività di home restaurant almeno trenta minuti prima dell'inizio dell'evento enogastronomico; eventuali cancellazioni della prenotazione del servizio prima della sua fruizione; infine, i pagamenti – per i quali risultava così escluso l'uso del contante. Ancora, in una prospettiva limitatrice, si poneva l'occasionalità quale caratteristica dell'attività di home restaurant, con un limite di 500 coperti e di 5.000 euro di proventi per anno solare (art. 4, comma 3).

La critica degli operatori
All'indomani del passaggio in Senato, il provvedimento, primo in Italia e fra i primi in Europa a disciplinare il settore, aveva tuttavia provocato non pochi accenti critici: a fronte dei commenti positivi delle sole associazioni di categoria dei pubblici esercizi e dei ristoratori professionisti, chi già opera nel settore o aspira ad entrarvi, attraverso network e, appunto, piattaforme quali www.homerestauranthotel.it , che aveva già contestato il testo licenziato dalla Commissione parlamentare per le attività produttive. E la medesima posizione era stata confermata in riferimento al disegno di legge licenziato dalla Camera, in considerazione dei numerosi vincoli introdotti, quali il pagamento accettato solo attraverso modalità elettroniche, il numero delle giornate di attività, i ricavi consentiti.
Per non parlare del divieto di affiancare l'attività di ristorazione casalinga ai servizi già offerti dai bed&breakfast, duramente contestato dagli operatori che chiedono, invece, di andare oltre la prima colazione compresa tradizionalmente nella prenotazione, somministrando il pranzo o la cena su richiesta degli ospiti.

La posizione dell'AGCM
Particolarmente dure erano state anche le considerazioni dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (pronuncia del 30 marzo, pubblicata sul Bollettino n. 13 del 10 aprile 2017) ; l'Autorità aveva qualificato come del tutto ingiustificate e fortemente restrittive della concorrenza alcune previsioni del disegno di legge, individuando una serie di punti di attenzione:
- l'utilizzo delle piattaforme digitali come unica modalità per lo svolgimento dell'attività di home restaurant, dal lato della domanda, riduce l'offerta dei servizi di ristorazione per i clienti meno avvezzi all'uso di sistemi digitali/elettronici di acquisto; dal punto di vista dell'offerta, crea una discriminazione con i ristoratori tradizionali che, oltre a poter promuovere la propria attività e ricevere prenotazioni mediante siti internet, mantengono la possibilità di avere un contatto diretto con la clientela;
- l'obbligo di fatto imposto di pagare la prestazione prima di averne beneficiato – prevedendosi che anche le transazioni avvengano esclusivamente mediante le piattaforme digitali – impedisce o rende più oneroso per il cliente di avvalersi, ad esempio, della possibilità di disdire sul posto un servizio rivelatosi inadeguato e all'operatore di farsi interamente carico del rischio del cosiddetto noshow;
- qualificandosi l'attività di ristorazione casalinga come saltuaria, si priva l'operatore della libertà di definire autonomamente come e in che misura organizzare la propria attività economica;
- la quantificazione normativa del numero massimo di coperti che possono essere allestiti e del reddito annuo che l'attività in esame può generare si pone in palese contrasto con i principi di liberalizzazione rinvenienti dall'ordinamento comunitario e da quello nazionale e con il dettato costituzionale di libera iniziativa economica e di tutela della concorrenza;
- ugualmente priva di motivazioni e ingiustificatamente restrittiva appare l'esclusione delle attività di B&B e case vacanza in forma non imprenditoriale e della locazione dalla possibilità di ampliare l'offerta di servizi extralberghieri con quella del servizio di home restaurant.
L'Autorità aveva dunque auspicato il superamento dei descritti profili discriminatori e restrittivi. Ad ogni modo, il disegno di legge, approvato il 17 gennaio 2017 in testo unificato, è rimasto al Senato. Sarà ormai partita del Parlamento della XVIII legislatura. Forse.

Arriva in Italia il condhotel
A tre anni di distanza dal decreto "Sblocca Italia" (Dl 133 del 12 settembre 2014) è arrivato invece il decreto d'attuazione delle previsioni poste dall'art. 31: il prossimo 21 marzo entrerà in vigore il Dpcm 13 del 22 gennaio 2018 (uno degli ultimi provvedimenti che reca la firma dell'uscente Presidente del Consiglio), ossia il Regolamento destinato a definire criteri e modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative a destinazione residenziale.
Ma cos'è il condhotel e da dove arriva? Particolarmente diffuse negli Stati Uniti, e note come condo hotel, hotel-condo o Contel, queste formule cominciano ora ad affermarsi anche in Europa: si tratta di edifici condominiali, dal punto di vista giuridico, che vengono tuttavia gestiti come degli hotel, con affitti brevi e una reception nella hall. Sono presenti nelle grandi città oppure nelle località turistiche, e si tratta in genere di stabili di pregio, trasformati in hotel di lusso dalle grandi catene alberghiere. Queste ultime vendono singole stanze, convertite in unità immobiliari del tutto autonome, arredate e dotate di cucina, oppure quote dell'edificio: la cessione può riguardare una o più unità immobiliari, le quali potranno poi non soltanto essere utilizzate dai proprietari come casa vacanze ma anche essere affidate dai medesimi al gestore dell'intera struttura (in tal caso, con ripartizione dei ricavi). A differenza della multiproprietà, il condohotel non ha una destinazione alberghiera, bensì di unità abitativa.
Nell'ordinamento italiano, il condhotel fa il suo ingresso in una configurazione ibrida, a metà strada tra la multiproprietà e il residence; il nuovo Dpcm 13/2018 stabilisce, all'art. 4, le condizioni di esercizio degli esercizi alberghieri esistenti, ossia le regole che dovranno essere rispettate ai fini della qualificazione di condhotel:
- l'esercizio dovrà disporre di almeno sette camere, al netto delle unità abitative ad uso residenziale, ossia di quelle unità abitative per le quali sia intervenuto uno specifico mutamento di destinazione d'uso, dotate di servizio autonomo di cucina, inserite nel contesto del condhotel (ossia, nel medesimo edificio alberghiero sede del ricevimento, oppure ad una distanza dallo stesso non superiore a 200 metri lineari), e destinate alla vendita;
- le unità abitative ad uso residenziale saranno soggette ad un limite di superficie complessiva pari al 40% del totale della superficie netta destinata alle camere;
- dovrà essere presente un servizio di portineria unica per tutti coloro che usufruiscono del condhotel, sia in qualità di ospiti dell'esercizio alberghiero che di proprietari delle unità abitative a uso residenziale;
- dovrà essere assicurata una gestione unitaria e integrata dei servizi del condhotel, delle camere e delle unità abitative ad uso residenziale;
- il contratto di trasferimento delle unità abitative ad uso residenziale non potrà avere una durata inferiore a dieci anni (dall'avvio dell'esercizio del condhotel);
- l'esercizio alberghiero dovrà ottenere, all'esito di un intervento di riqualificazione, una classificazione minima di almeno 3 stelle.
In sostanza, gli alberghi potranno "trasformare" una parte dell'edificio in abitazioni da vendere ai privati, i quali, a loro volta, potranno usarle in proprio oppure cederle in locazione – tramite la gestione del condhotel. In alternativa, gli esercizi alberghieri potranno aggregare alla propria struttura case collocate nelle vicinanze dell'edificio. Si tratta dunque di una misura legislativa che mira a riposizionare gli operatori alberghieri nell'ambito dell'offerta turistica, sfruttando la preferenza affermatasi negli ultimi anni verso la ricettività extra-alberghiera.
Come anticipato, per la piena attuazione del disposto normativo occorrerà l'intervento integrativo della legislazione regionale, cui spetta il compito di disciplinare le modalità per l'avvio e l'esercizio dell'attività dei condhotel. Le regioni vi dovranno provvedere entro un anno dall'entrata in vigore del provvedimento.

Cosa c'entra tutto questo con il condominio?
Sia l'una che l'altra iniziativa possono sicuramente rappresentare delle importanti opportunità sul piano dell'investimento immobiliare: con riferimento all'attività di ristorazione casalinga, i proprietari potrebbero sfruttare tale nuova forma di imprenditoria per mettere a reddito i propri immobili – sebbene Confedilizia avesse giudicato eccessivamente restrittivo il testo approvato dalla Camera proprio nella parte dedicata ai requisiti degli immobili; rispetto al condhotel, un'eguale occasione di guadagno potrebbe svilupparsi laddove l'esercizio alberghiero inglobi strutture abitative vicine – e potrebbe trattarsi in tal caso anche di edifici condominiali.
Tuttavia, le norme che regolano la vita condominiale dovranno restare un imprescindibile punto di attenzione.

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