Condominio

La macchia d’umidità non è un «grave difetto» di costruzione

di Valeria Sibilio


Non è raro trovare, nell'universo condominiale, problematiche legate all'acquisto di immobili nei quali si riscontrano difetti di costruzione. Come nell'ordinanza 5233 del 2018, nella quale la Cassazione ha esaminato il ricorso di un condòmino per riformare la pronuncia di primo grado nella quale era stata rigettata la sua domanda, volta a ottenere la condanna della società Immobiliare alla eliminazione dei gravi difetti di costruzione che presentava l'immobile vendutogli o, in alternativa, al pagamento delle somme necessarie all'eliminazione dei difetti.
Il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avevano erroneamente omesso di pronunciarsi sulla domanda di danni relativa al rivestimento esterno del fabbricato, ritenendo che tale difetto di costruzione non fosse stato mai denunciato. Inoltre, per il ricorrente, la Corte territoriale aveva, con riferimento agli altri vizi denunciati dall'attore, erroneamente inteso il concetto di “gravi difetti”.
Per la Cassazione, il primo motivo è risultato fondato, in quanto, con la domanda introduttiva, l'attore aveva lamentato tracce di umidità nel proprio immobile e chiesto la condanna della convenuta alla eliminazione dei difetti di costruzione o al pagamento delle somme necessarie per eliminare tali difetti, dovendosi in tale domanda ritenersi compresa la richiesta di eliminazione della causa delle infiltrazioni come individuata dalla perizia (mancata installazione di rete di protezione e armatura nel rivestimento esterno), causa altrimenti non accertabile se non mediante apposite verifiche tecniche.
Il secondo motivo è, invece, risultato infondato, in quanto i giudici di appello si sono conformati al principio secondo cui i gravi difetti che fanno sorgere la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura, mentre l'accertamento in concreto circa la idoneità dei difetti riscontrati ad integrare i “gravi difetti” costituisce accertamento di merito sottratto al sindacato di legittimità.
La Cassazione ha, perciò, accolto il primo motivo di ricorso e rigettato il secondo, cassando quest'ultimo in relazione alla censura accolta e rinviandolo, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad un'altra sezione della Corte di appello.

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