Condominio

In una causa per usucapione gli eredi vanno rinviati al primo grado di giudizio

di Valeria Sibilio

Quando in un edificio condominiale vengono apportate modifiche per le quali il condominio potrebbe ravvisare una lesione del decoro architettonico, occorre stabilire se tale alterazione non sia legittimata da situazioni precedentemente costituite. Con l'ordinanza 4685 del 2018 (relatore Antonio Scarpa) la Cassazione ha esaminato un caso in cui un condominio aveva convenuto in Tribunale la proprietaria di locali siti al piano terra dell'edificio. Il condominio lamentava che la convenuta, in quei locali adibiti ad attività commerciale, avesse realizzato una vetrina tale da ingabbiare parte della facciata condominiale, arretrando il portone, in modo da consentire l'accesso diretto alla strada dalla propria unità immobiliare.
Il condominio denunciava la lesione del decoro architettonico e chiedeva la rimozione del manufatto, unitamente al risarcimento dei danni. La convenuta eccepiva l'intervenuta usucapione relativamente alla porzione immobiliare in oggetto, poiché io stato dei luoghi risultava immutato da oltre trent'anni, evidenziando, inoltre, che il vano oggetto di lite fosse di sua proprietà. Ma il Tribunale accoglieva la domanda del condominio, condannando la convenuta al ripristino della situazione originaria. La proprietaria allora proponeva appello, deducendo, in via pregiudiziale, la nullità del procedimento e della sentenza di primo grado, non essendosi provveduto ad integrare il contraddittorio nei confronti degli eredi comproprietari del bene immobile. Il giudizio veniva poi interrotto per la morte della convenuta e veniva proseguito dagli eredi testamentari.
La Corte di secondo grado rigettava l'appello, ritenendo che la situazione di comproprietà degli eredi, già al momento della instaurazione del giudizio di primo grado, non comportava che la citazione poteva essere estesa nei confronti di tutti gli loro, tenuto conto che le innovazioni erano state realizzate solo dalla convenuta proprietaria del negozio. Inoltre le opere eseguite potevano essere agevolmente rimosse senza incidere strutturalmente sulla proprietà originaria. La perizia effettuata aveva accertato che la struttura era stata realizzata negli anni ottanta, con conseguente infondatezza della pretesa usucapione.
Ricorrendo in Cassazione, gli eredi sostenevano che l'eccezione di usucapione, acquisitiva delle aree sulle quali le saracinesche e le vetrine erano poggiate, non poteva essere trattata senza la loro presenza, risultando eredi sia al momento della notifica dell'atto di citazione, che della riassunzione. Inoltre, la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che la realizzazione delle predette opere non incidesse sulla proprietà, in quanto il ripristino della situazione originaria avrebbe coinvolto l'immobile oggetto della comproprietà dei medesimi, per cui non poteva essere pronunciata nei confronti di uno solo dei comproprietari. I ricorrenti ravvisavano, inoltre, un litisconsorzio necessario con obbligo di integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi e, dunque, invocano la nullità del procedimento e della sentenza di primo grado.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti, eredi della proprietaria del negozio, lamentavano che il Giudice di secondo grado avrebbe ignorato l'esito e il significato della prova per testi in merito all'usucapione eccepito dalla proprietaria originaria, relativamente alla situazione dell'androne condominiale ed al dedotto “ingabbiamento” del portone di ingresso. In particolare, da una testimonianza, sarebbe emerso che l'ingabbiamento del portone era già presente al momento del contratto preliminare di vendita dell'immobile, così come le stesse vetrine, e che i manufatti delle vetrine erano esistenti già dagli anni settanta, dato il materiale ferroso tipico di quegli anni.
La Cassazione ha ritenuto il primo motivo di ricorso fondato, in quanto, contrariamente a quanto motivato dalla Corte d'Appello, nel giudizio promosso per conseguire la rimozione di una costruzione, illegittimamente realizzata in un'unità immobiliare in danno delle parti comuni di un edificio condominiale, sono litisconsorti necessari tutti i comproprietari dell'immobile, indipendentemente dal fatto che solo uno o alcuni di essi siano stati gli autori materiali della costruzione. Peraltro, la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi deve essere valutata non sulla base delle concrete modalità attuative dell'intervento tecnico di ripristino, ma al momento in cui l'azione sia proposta, valutando se la stessa sia potenzialmente diretta anche ad una modificazione della cosa comune. Sia nella decisione della Corte d'Appello, sia nell'esposizione sommaria dei fatti di causa contenuta nello stesso ricorso, dopo la morte della originaria convenuta ed appellante, il giudizio è stato riassunto da quattro degli attuali cinque ricorrenti nella qualità di eredi testamentari. Il giudice d'appello non può ritenere essersi verificata, per la prima volta in tale grado, la condizione di integrità del contraddittorio cui è subordinata la pronuncia di merito nell'ipotesi di litisconsorzio necessario, e pronunciare perciò nel merito del gravame, ma deve, invece, rimettere la causa al primo giudice, a meno che i litisconsorti intervenienti non accettino espressamente, senza riserve, il contenuto della sentenza di primo grado, chiedendo che la causa sia decisa nello stato in cui si trova, senza la loro partecipazione al processo. L'accoglimento del primo motivo di ricorso ha determinato l'assorbimento del secondo motivo, inerente all'accertamento della maturata usucapione, avendo tale censura perso rilevanza decisoria in conseguenza della pronuncia resa sulla questione pregiudiziale di integrità del contraddittorio.
La Corte ha, perciò, cassato la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinviando, anche per le spese del giudizio, al Tribunale di Primo Grado, in persona di diverso magistrato.

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