Condominio

Tra durata del mandato e del rendiconto il dualismo è da evitare

di Francesco Schena

La riforma del 2012, nel novellare l'istituto del condominio, ha ribadito come la durata del rendiconto condominiale sia annuale. Allo stesso modo, è stata confermata la durata annuale dell'incarico di amministratore. A tale riguardo ci si chiede se possa ritenersi possibile - se non addirittura necessario - un dualismo tra le due durate o se sia opportuno, invece, che la durata del rendiconto coincida con la durata del mandato dell'amministratore.
Il primo punto da chiarire si riferisce alla tipologia delle annualità: per la durata dell'amministratore è evidente come si tratti di anno solare che decorre dal perfezionamento del mandato e si conclude con il trascorrere del 365° giorno successivo a prescindere dalla data di inizio e questo anche in considerazione della possibilità da parte dell'assemblea di revocare l'incarico in ogni tempo.
Per quanto riguarda la tipologia della durata dell'annualità di gestione, cioè l'esercizio finanziario, secondo alcuni questa deve coincidere con l'anno civile, ovvero con inizio al 1° di gennaio e termine al 31 di dicembre, oppure, osservare inderogabilmente eventuali previsioni del regolamento al riguardo.
Ed è proprio la possibile divergenza tra le due durate a determinare un certo dualismo che rischierebbe di portare a numerose problematiche. In buona sostanza, per l'ipotesi di un rendiconto di durata 1° gennaio 31 dicembre e con avvicendamento nel mandato al 20 di ottobre, quale dei due amministratori tra uscente ed entrante avrà l'obbligo di redigere il rendiconto al 31 dicembre? L'inderogabilità della durata annuale può esimere l'amministratore uscente dalla redazione del rendiconto quale atto principale del mandatario?
Secondo una recente scuola di pensiero degli addetti ai lavori, spetta all'amministratore entrante redigere e presentare in assemblea il rendiconto 1° gennaio/31 dicembre ma questo rischierebbe di generare non poche problematiche. L'amministratore uscente, infatti, potrebbe tardare il passaggio di consegne o – per un caso accidentale – la stessa documentazione potrebbe andare smarrita. A questo punto viene da chiedersi come sia mai possibile pretendere dal nuovo amministratore la redazione e presentazione in assemblea del rendiconto di annualità civile senza che possa disporre della documentazione necessaria e senza che abbia condotto personalmente la gestione dell'edificio nel periodo dal 1° gennaio al 20 di ottobre.
Ma non solo. Con le sentenze nn. 9099/2000 e 1405/2007, la Suprema Corte di Cassazione ebbe a precisare, tra le altre cose, come il rendiconto “..consente di individuare e vagliare le modalità con cui l'incarico è stato gestito, nonché di stabilire se l'operato di chi rende il conto sia uniformato a criteri di buona amministrazione.”. Da ciò appare evidente quanto indefettibile il collegamento tra rendiconto e obbligo del mandatario e ai più non può che risultare pacifico come il “chi” rende il conto debba essere colui che ha svolto l'incarico e giammai il suo successore.
A questa deve aggiungersi un'ulteriore considerazione che non consente alcun dualismo tra durata del rendiconto e durata del mandato. Infatti, a mente del nuovo art. 1129 del codice, tra le cause di revoca dell'amministratore si annovera l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale che, secondo il nuovo art. 1130 del codice, deve avvenire entro 180 giorni dalla fine, verosimilmente, dello stesso esercizio. A questo punto, immaginiamo che l'amministratore sia revocato il 31 maggio dell'anno successivo rispetto all'esercizio finanziario 1° gennaio-31 dicembre e che l'assemblea abbia nominato un successore. Considerando il tempo limite dei 180 giorni se passasse la teoria del dualismo tra le due durate significherebbe che l'obbligo di rendicontare e di convocare l'assemblea per la relativa approvazione sia da porsi in capo al successore con il risultato che questi avrebbe appena 29 giorni di tempo e rischierebbe pure il posto in caso di mancato adempimento. Ora, appare pacifico agli occhi di chiunque come una siffatta circostanza non solo sarebbe illogica ma anche ingiusta perché libererebbe dall'obbligo di rendiconto il mandatario precedente e punirebbe ingiustamente il successore senza alcuna sua responsabilità al riguardo.
Se nel caso appena considerato tutto ciò è di palamare evidenza, lo è meno nel caso di successione nel mandato ad ottobre nonostante il ragionamento giuridico resti fondamentalmente il medesimo. Ecco, allora, che alcuni amministratori, revocati anzitempo rispetto alla fine dell'esercizio finanziario, anche perché indispettiti, consegnano al successore sì tutta la documentazione ma senza redigere un rendiconto perché ne invocano la durata annuale non ancora trascorsa e quindi l'obbligo a redigerlo per l'entrante.
A parere di chi scrive un tale atteggiamento è censurabile non solo perché nel rendere il conto della propria gestione occorre seguire comunque le prescrizioni di forma e contenuto oggi dettate dal nuovo articolo 1130-bis ma anche perché diversamente si costringerebbe il collega subentrante ad una vera e propria ricostruzione contabile – più che a duna rendicontazione - e ad una assunzione di responsabilità non solo non dovuta ma anche non remunerata, con buona pace degli obblighi del mandatario.
Sempre nel caso di nomina avvenuta prima del decorso completo dell'esercizio finanziario annuale qualora spettasse al subentrato in data 10 dicembre ma con passaggio di consegne solo a febbraio o marzo (ipotesi per niente remota, anzi), il nuovo amministratore non avrebbe più a disposizione 180 giorni di tempo per adempiere e questo andrebbe contro la ratio della norma voluta dal legislatore del 2012 che se ha previsto un termine così lungo è perché tiene conto di tutte le esigenze del caso.
Inoltre, l'inderogabilità della durata annuale del rendiconto deve essere ritenuta tale per il caso in cui si superasse i 365 giorni o anche per il caso di durata inferiore? A mio parere la durata inferiore non dovrebbe ritenersi vietata e, ad ogni modo, occorre individuare una soluzione di contemperamento generale. Pertanto, se dovesse darsi per non consentita la redazione di un rendiconto di 10 mesi ma per obbligata la durata annuale dell'esercizio finanziario, dovrebbe spettare comunque all'amministratore uscente rendere il conto della sua gestione secondo le prescrizioni del nuovo articolo 1130-bis per i primi 10 mesi e all'entrante il mero consolidamento contabile con il tempo che residua fino al 31 dicembre.
A mio parere non solo è necessario che l'uscente rediga il rendiconto della sua gestione ma anche che questo venga approvato dall'assemblea come documento autonomo e che l'amministratore entrante si occupi esclusivamente del suo anno di mandato.
D'altra parte non si può negare come la paternità del rendiconto sia dell'amministratore che ha gestito quel periodo di riferimento atteso che la S.C. con sentenza nr. 3892/2017 ha stabilito il principio del difetto di legittimazione al compenso a carico di quell'amministratore che omette la compilazione del registro di contabilità e che presenta un rendiconto confuso.
Si aggiunga come rientri nei poteri dell'assemblea anche la facoltà di procedere in maniera sintetica all'approvazione del rendiconto prestando fede ai dati forniti dall'amministratore (Tribunale di Bari, Sentenza del 14 ottobre 2014, n. 4413) con un evidente richiamo a quel rapporto fiduciario tra mandante e mandatario che non può certamente poggiarsi su un rendiconto poi redatto da un terzo soggetto ed estraneo al rapporto stesso di fiducia.
Il fatto che il nuovo art. 1130-bis poi sia intitolato “Rendiconto condominiale” non può bastare a determinare una sconnessione giuridica tra rendiconto ed obblighi del mandatario sia perché si tratta di una mera tipizzazione di forma e contenuto del documento e sia perché ai sensi dell'art. 1135 del codice civile l'assemblea approva il rendiconto dell'amministratore e giammai del condominio.
In conclusione, il dualismo tra durata del mandato e durata del rendiconto ritengo che sia da evitare perché diversamente bisognerebbe fornire una risposta certa al seguente caso: considerando un esercizio finanziario coincidente con l'anno civile, la nomina di un primo successore a marzo, la nomina di un secondo successore a novembre, poi quella di un terzo successore a marzo dell'anno seguente e la nomina di un quarto il 20 di giugno dell'anno successivo, con tutti i relativi passaggi di consegne avvenuti alla distanza di 2-3 mesi dalla nomina, a quale dei cinque amministratori spetta il compito di redigere il rendiconto e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro i 180 giorni?
Non bisogna tralasciare, da ultimo, un'ulteriore considerazione. La legge di riforma è figlia di un iter frettoloso in prossimità di una legislatura in scadenza e questo ha reso il nuovo istituto a tratti scoordinato e a tratti lacunoso perché si contava in un rimedio che non vi è più stato nel corso di una vacatio legis durata sei mesi e quindi occorre fare uno sforzo di interpretazione non necessariamente letterale ma razionale e concretamente declinabile.

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