Condominio

Quando la tabella millesimale è «scomoda».

di Anna Nicola

La tabella di ripartizione spese non piace? Si può cambiare. Il nuovo articolo 69 delle Disposizioni di attuazione del Codice Civile, infatti, così prevede:
«I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all'articolo 68 possono essere rettificati o modificati, all'unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.
Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell'articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell'amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni.
Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali».
Il tema delle tabelle millesimali viene affrontato da questa norma sotto il profilo della loro approvazione e della possibile revisione o modifica.
La deliberazione delle tabelle millesimali non deve essere assunta all'unanimità ma a maggioranza. Come affermato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite n. 18477/2010, intervenuta di recente.
Il principio sancito da questa decisione è che le tabelle non attribuiscono il diritto dei singoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ma conferiscono soltanto il valore di tali unità rispetto all'intero edificio, ai soli fini della gestione del condominio. Esse valgono quale negozio di accertamento di un dato che già esiste nella realtà, quale la proporzione dei singoli alloggi rispetto al complesso dell'edificio. Il loro scopo è eliminare l'eventuale incertezza del valore degli uni e dell'altro. (Cass. 13004/2013; Cass., SS.UU., 1847782010)
L'intento legislativo tuttavia non pare rispettare le motivazioni dei nostri giudici. Non viene seguito il corretto confine tra le tabelle millesimali assembleari e quelle contrattuali. Le ultime decisioni, in primis la richiamata Cassazione a Sezioni Unite, hanno affermato che se le tabelle hanno contenuto assembleare, possono essere modificate in assemblea, con le relative maggioranze, anche se sono nate con l'approvazione all'unanimità.
Le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 c.c., comma 2, c.c. La approvazione a maggioranza delle tabelle millesimali non comporta inconvenienti di rilievo nei confronti dei condomini, in quanto nel caso di errori nella valutazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, coloro i quali si sentono danneggiati possono chiedere, senza limiti di tempo, la revisione ex art. 69 disp. att. c.c. (Cass., 11387/2013; Cass., SS.UU. 18477/2010)
Non così nel caso per l'oggetto del regolamento, ove sia contrattuale, in quanto solo il consenso unanime ne permette la modifica. Le tabelle sono lo specchio in termini matematici del contenuto del regolamento, contrattuale o assembleare. La giurisprudenza si è premurata di evidenziare che è l'oggetto delle clausole a dettare i criteri delle modifiche: se la disposizione attiene a un diritto reale, è solo il consenso unanime a comportare la modifica della clausola e della tabella.
La norma pare utilizzare i termini “revisione” e “modifica” in ragione delle fattispecie dalla stessa indicate: la revisione è in relazione alla tabella redatta per errore mentre la modifica si ha nel caso in cui è variata la consistenza anche di un solo alloggio sito nel condominio. La versione precedente all'approvazione finale della novella prevedeva che l'errore avesse natura prettamente tecnica, qualificandosi come “errore di calcolo materiale”. L'esclusione di questa indicazione può far ritenere applicabile l'istituto dell'errore causa dell'annullamento del contratto ex artt. 1427 c.c. L'art. 1430 c.c. specifica che l'errore è di calcolo e non comporta l'annullamento del contratto ma solo la rettifica del medesimo, tranne quando si concreta sulla quantità, se è stato determinante del consenso. La mancata esplicita natura dell'errore non si ritiene comunque determinante. La tabella millesimale non è un contratto ma un semplice negozio di accertamento, come evidenziato dalla giurisprudenza. Si veda la menzionata decisione a Sezioni Unite della Suprema Corte n. 18477/2010. L'errore che viene pertanto in considerazione può essere solo l'errore di calcolo.
La norma in esame dispone che i valori proporzionali delle singole unità immobiliari possono essere sempre riveduti all'unanimità ovvero riveduti o modificati in sede assembleare con la maggioranza sancita dal secondo comma dell'art. 1136 c.c., cioè con un numero di voti che rappresenta la maggioranza degli intervenuti alla riunione e almeno la metà del valore dell'edificio.
L'indicazione normativa non entra nel merito della tipologia di clausole che si intendono modificare, se di natura contrattuale o assembleare. Non pare si possa intravvedere, stante il tenore della norma, una distinzione dei casi in cui è lecita la modifica a maggioranza o è necessario il consenso unanime delle clausole del regolamento. Si richiamano a questi fini i principi affermati dalla Cassazione a Sezione Unite n. 18477/2010 appena riportati, decisione che si sofferma sulla distinzione tra le clausole del regolamento e le tabelle a esso allegate.
La revisione o modifica può essere attuata anche nell'interesse di un singolo condomino solo con riferimento alle fattispecie espressamente contemplate, cioè nel caso di errore ovvero di mutate condizioni di una parte dell'edificio. I casi menzionati dall'art. 69 disp. Att. C.c. sono portati non a titolo esemplificativo ma sono le concrete fattispecie che possono comportare la modifica della tabella nell'interesse del singolo.
L'errore, come sopra detto, è il vizio attinente al calcolo del valore di una o più unità immobiliare rispetto alla totalità dell'edificio.
Le modificate condizioni possono derivare dalla sopraelevazione, dall'aumento o diminuzione delle unità immobiliari, dall'incremento di superfici, qualora comportino l'alterazione di più di un quinto del valore dell'immobile anche di un solo condomino. Quindi la richiesta di revisione può essere presentata da un condomino nel caso di variazione dell'alloggio di altro condomino, ove questa modifica supera il limite di riferimento. Essa può essere altresì domandata dal condomino che è titolare dell'alloggio. In questo caso l'interesse concreto sotteso alla domanda di modifica è quando la sua unità immobiliare è stata ridotta di un quinto rispetto al valore che aveva in precedenza. I costi conseguenti alla revisione o alla modifica delle tabelle del condominio devono essere sopportati da chi ha attuato la variazione della consistenza del proprio alloggio, essendo suo interesse la presa d'atto della diversa proporzione da esprimere nella nuova tabella millesimale.
Le mutate condizioni dell'edificio e delle proporzioni degli alloggi, secondo la giurisprudenza anteriore alla novella, dovevano essere intese in senso ampio (Cass. S. U. 16794/2007)
In tutti questi casi il condomino può chiedere la convocazione dell'assemblea affinché venga deliberata la variazione tabellare. Non è tuttavia precisato se è l'amministratore, una volta ricevuta la comunicazione dal condomino interessato, a dover convocare la riunione o se vi possa procedere direttamente quest'ultimo. Se non vi è l'amministratore, si tratta di procedimento a cui è obbligato il singolo interessato. Non così nel caso in cui vi sia il mandatario dell'edificio. La singola richiesta non è in contrasto con la disposizione di cui all'art. 65 disp. Att., laddove dispone che l'amministratore è tenuto a chiamare l'assemblea se viene domandata la convocazione da due condomini rappresentanti il valore di almeno un sesto dell'edificio. Il caso in esame rientra nella fattispecie in cui si rende opportuno e/o necessario procedere a indire l'assemblea, come disposto dalla prima parte dell'art. 65 disp. Att. C.c.
La ripartizione delle spese menzionate dall'art. 68 disp. Att. C.c., -nello specifico dettate dagli artt. 1123, 1124, 1126 c.c. – può costituire oggetto di procedimento di revisione davanti all'autorità giudiziaria.
L'intervento del tribunale è possibile solo in questa specifica ipotesi. Nei casi sopra visti la norma menziona solo l'assemblea. La disposizione ha il pregio di aver evidenziato che il soggetto passivo dell'azione è l'amministratore, in rappresentanza del condominio. Anche se l'edificio non ha personalità giuridica, questa precisazione è un corretto escamotage alla necessità, precedentemente sentita da parte della giurisprudenza, di citare in giudizio tutti i condomini, onde avere un corretto contraddittorio e quindi una sentenza valida per la collettività (Cass. 2743/2004)
Il procedimento giudiziario di revisione delle tabelle del condominio, come da sempre affermato dalla giurisprudenza, ha efficacia costitutiva e quindi non ha effetto retroattivo (Cass 5690/2011)
L'amministratore citato in giudizio deve dare notizia senza indugio all'assemblea. Una volta ricevuta la notifica dell'atto, non ha l'obbligo di convocare una riunione del condominio ad hoc ma deve eseguire l'apposita comunicazione. Per poter rendere edotto il condominio deve inserire questo argomento come ordine del giorno tra i temi da trattare nella prima assemblea che indice per altre questioni. La convocazione dell'assemblea può anche non esplicitare questo argomento: trattandosi di semplice comunicazione, può esporre la questione quando si sta affrontando il tema delle “varie ed eventuali” di cui all'avviso di convocazione. L'onere dell'amministratore attiene alla semplice informativa sulla cui base i condomini prendono atto dell'instaurazione del procedimento giudiziale. Si tratta comunque di un preciso obbligo del mandatario dell'edificio. Potendo inserire questo argomento nella voce “varie e eventuali” dell'avviso di convocazione, ciò a cui deve adempiere non è l'indicazione del procedimento di modifica delle tabelle del condominio nella chiamata dell'assemblea bensì è la comunicazione da eseguire ai condomini in sede di prima assemblea. Ove non vi provvede, si espone al rischio di essere revocato e di vedersi domandare il risarcimento danni. Mentre è comprensibile l'azione di revoca, trattandosi di obbligo relativo al suo mandato, difficile è ipotizzare che la mancata comunicazione dell'azione promossa dal condomino per la revisione tabellare espone l'amministratore a eventuali danni. Trattandosi di semplice comunicazione, difficoltà concrete paiono sussistere anche in termini di quantificazione economica della relativa richiesta.
L'indicazione dell'obbligo di rendere edotta l'assemblea discende dall'art. 1131 c.c., trattandosi di argomento non rientrante nelle dirette attribuzioni dell'amministratore.
Ci si domanda se deve ottenere uno specifico mandato a costituirsi nel relativo giudizio, con debita autorizzazione assembleare, o se la sua legittimazione processuale discende dalla norma in esame, in ragione della sua indicazione quale soggetto chiamato a ricevere l'atto processuale di instaurazione del giudizio. La recente decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 18332/2010 ritiene che la legittimazione passiva dell'amministratore è di derivazione assembleare e non autonoma. Sulla scorta di questa sentenza, occorre sempre l'autorizzazione del condominio. (Cass. S.U. 18332/2010)

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