Condominio

Stop al notaio «condominiale»

di Giulio Benedetti

Nell'attività di pubblico ufficiale di redazione degli atti il notaio deve attenersi all'art. 31 lettera f) del codice deontologico (delibera 2/56 del 5.4.2008, G.U. n. 177 del 30.7.2008) , sanzionato dall'art. 147 lettera b) della legge notarile (legge n. 89 del 16.2.1913) che vieta lo svolgimento di ricorrenti prestazioni presso soggetti terzi , organizzazioni o studi professionali, e all'art. 26 , secondo comma , della legge notarile con riferimento all'art. 10 del codice deontologico, che gli vieta di aprire un ufficio secondario al di fuori del distretto di appartenenza .
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 31006/2017 ha annullato con rinvio ad un'altra sezione la ordinanza di una Corte di Appello che, senza essere stata notificata nel contraddittorio delle parti, rigettava un reclamo di una consiglio notarile che contestava ad un notaio la violazione degli articoli sopra citati e gli comminava la sanzione disciplinare della sospensione di gironi 40 dall'esercizio della professione. In particolare al notaio era stato contestata una pratica “condominiale” ovvero di avere redatto numerosi atti presso clienti condomini con i quali non aveva avuto alcun contatto e in ordine ai quali l'amministratore si era comportato come un procacciatore “collettore” di clientela, agevolmente condizionandone la scelta . La Corte di Cassazione censura tale condotta ritenendo che la stessa non consistesse in un unico atto proprio perché il notaio non aveva avuto alcun contatto professionale con i condomini procacciatigli dall'amministratore condominiale. La Corte afferma che le norme sopra citate intendono garantire la tutela anticipata dell'imparzialità e della trasparenza dell'attività notarile secondo quanto stabilito dall'art. 1 del codice deontologico per il quale: “il notaio deve conformare la propria condotta professionale ai principi della indipendenza e della imparzialità evitando ogni influenza di carattere personale sul suo operare ed ogni interferenza tra professione ed affari. Ugualmente egli deve nella vita privata evitare situazioni che possano pregiudicare il rispetto di tali principi”. La Corte di Cassazione afferma che la Corte di Appello non ha verificato se i 141 atti rogati dal notaio fuori dal proprio studio in un arco di tempo di 18 mesi , rapportati all'intera attività svolta dallo stesso notaio nello stesso arco di tempo, integrassero gli estremi di un'attività notarile svolta presso terzi o organizzazioni o studi professionali. A tal riguardo la Corte osserva che il notaio resistente, posto che deve prestare la propria attività presso la propria sede di appartenenza e solo eccezionalmente in altre sedi, non ha provato la sussistenza della circostanza esimente costituita nell'eccezionalità ed occasionalità della sua condotta , eventualmente giustificata dal venire in soccorso di altri colleghi. Inoltre la Corte di Cassazione cita l'art. 10 del codice deontologico che afferma :”E' vietata l'apertura di un ufficio secondario in più di un comune sede notarile. Equivale all'ufficio secondario la ricorrente presenza del notaio presso studi di altri professionisti od organizzazioni estranee al notariato. Ai fini del presente divieto non è considerato sede notarile il comune mono sede , limitatamente al periodo di vacanza della sede stessa”. La Corte di Cassazione censura l'ordinanza della Corte di Appello in quanto la stessa non ha correttamente applicato detta norma al fine di valutare se l'attività svolta dal notaio presso terzi (soggetti terzi, organizzazioni o studi professionali) , nell'arco di tempo considerato e rapportato all'intera attività svolta dal professionista , integri complessivamente gli estremi di un'attività notarile sistematicamente o prevalentemente svolta presso studi di altri professionisti o presso organizzazioni estranee al notariato. La Corte di Cassazione afferma che per stabilire se un notaio svolga sistematicamente , o preferibilmente la propria attività fuori dalla propria sede istituzionale sarà necessario determinare la totalità degli atti rogati in un arco di tempo ragionevole (che può essere quello di un anno solare) e verificare se il numero degli atti rogati fuori sede , rispetto alla totalità degli atti rogati dallo stesso notaio, sia una percentuale irrisoria o sostanzialmente trascurabile. Pertanto il notaio incorrerà nel divieto di non svolgere “ricorrenti prestazioni” presso terzi o organizzazioni o studi professionali , nel caso in cui, un consistente numero di atti , rilevante come percentuale sulla totalità degli atti rogati dallo stesso notaio , relativamente ad un ragionevole arco di tempo (comunque non inferiore all'anno solare) risultino rogati fuori dalla sua sede istituzionale.

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