Condominio

Via la scaletta per l’accesso diretto alla pubblica via

di Valeria Sibilio


Una delle conflittualità condominiali più comuni, alla luce della giurisprudenza, è quella che riguarda la modalità di gestione delle proprietà comuni. Problema che, frequentemente, sfocia in presunte titolarità esclusive dei diritti per il loro utilizzo. L'ordinanza della Cassazione 1852 del 2018 (relatore Antonio Scarpa) ha trattato un caso in cui un condominio aveva citato, in giudizio di primo grado, due condòmini per l'indebita utilizzazione del cortile condominiale, chiedendo la rimozione della scalinata e della ringhiera ivi apposta al fine di creare un vialetto di accesso dall'appartamento del primo citato alla pubblica via. Il convenuto, oltre alla deduzione di aver acquistato, insieme all'appartamento, anche la porzione di terreno di accesso alla pubblica via, indipendente dal cortile, proponeva domanda riconvenzionale per l'accertamento dell'acquisto avvenuto per usucapione dello stesso spazio.
Il Tribunale aveva accolto la sola domanda degli attori di inibitoria all'uso del cortile per parcheggio di autoveicoli e motocicli, rigettando le altre. In secondo grado, la Corte d'Appello accoglieva l'impugnazione principale del condominio e di un gruppo di singoli condòmini, ritenendo l'accesso pedonale come bene incluso fra le parti comuni, negando che la dizione “ingresso indipendente dal cortile condominiale”, contenuta nel contratto di acquisto del 19 settembre 1985, in favore del condòmino citato, costituisse titolo idoneo per dire trasferito, a questo, pure il tratto di terreno. La Corte d’Appello escludeva, inoltre, che la presunta proprietà esclusiva potesse ricavarsi dal regolamento di condominio e riteneva infondata la domanda di usucapione, in quanto, dalle fotografie prodotte e dalla deposizione di un teste, emergeva come la modificazione dello stato dei luoghi, mediante imposizione di una ringhiera, fosse avvenuta non prima del 1987.
I due condòmini proponevano ricorso in Cassazione, ritenendo, per via dell'atto d'acquisto, legittimo il loro utilizzo del vialetto. Inoltre, lamentavano che la Corte avesse dato rilievo, in ordine all'usucapione, a una sola testimonianza, senza considerarne altre “precise e concordanti”, allegando fotocopie integrali dei verbali di udienza del 17 maggio 2007, del 29 maggio 2008, del 4 dicembre 2008 e del 24 marzo 2009, contenenti le deposizioni di altre sei testimoni.
Per la Cassazione, entrambi i motivi hanno rivelato profili di inammissibilità, risultando privi di fondamento. In merito all'esclusivo uso del vialetto, dove manchi un'espressa riserva di proprietà o sia stato omesso nel primo atto di trasferimento qualsiasi univoco riferimento al riguardo, il bene deve essere ritenuto parte comune dell'edificio condominiale. Ne consegue che non ha alcun rilievo il contenuto dell'atto traslativo del 19 settembre 1985, tra il venditore e il condòmino, ove non sia dimostrato che tale atto fosse quello costitutivo del Condominio o che lo stesso venditore avesse validamente acquisito, dall'originario unico proprietario, la titolarità esclusiva dell'area oggetto di lite e ne potesse perciò disporre.
Quanto al secondo motivo, i ricorrenti si sono limitati a lamentare un generico omesso esame di intere deposizioni testimoniali. riportate in fotocopia nel ricorso. Un fatto che non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
La Corte ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, liquidate in euro 2.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

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