Condominio

Revoca giudiziaria dell’amministratore: dubbi della Cassazione sull’obbligo di mediazione

di Paolo Accoti

L'art. 5 del D.Lgs. 28/2010 ha introdotto l'obbligatorietà della mediazione – costituendo la stessa condizione di procedibilità della domanda – per le controversie in materia di condominio.
L'art. 71-quater disp. att. Cc, introdotto dalla legge di riforma del condominio (L. 212/2012), ha specificato come, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del citato decreto legislativo, per controversie in materia di condominio s'intendono quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni per l'attuazione del codice.
In sostanza, la mediazione risulta obbligatoria in tutte le controversie afferenti il condominio negli edifici.
Da tale previsione, per esplicita previsione normativa, sono sottratti i procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, i procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito, i procedimenti di consulenza tecnica preventiva, i procedimenti possessori, i procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata, i procedimenti in camera di consiglio e l'azione civile esercitata nel processo penale (Art. 5, comma IV, D.Lgs. 28/2010)
Ciò posto, si deve dare atto che il procedimento di revoca dell'amministratore è disciplinato dall'art. 64 disp. att. Cc, a mente del quale, la revoca giudiziale si propone con ricorso dinanzi al Tribunale il quale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l'amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
Avverso il provvedimento del Tribunale è ammesso il reclamo alla Corte d'Appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione del decreto di accoglimento o di rigetto.
Al pari degli altri provvedimenti in camera di consiglio, anche quello di revoca giudiziale dell'amministratore è sprovvisto dei caratteri di definitività e decisorietà tipici delle sentenze, pertanto, non è suscettibile di acquisire forza di giudicato e, conseguentemente, non può costituire autonomo oggetto di impugnazione.
Questi i principi di diritto confermati dalla Corte di Cassazione, relatore Antonio Scarpa, nell'ordinanza n. 1237, depositata in data 18 Gennaio 2018.
Il Supremo collegio è chiamato a dirimere una controversia sorta tra una condomina e l'amministratore di condominio del quale, la stessa, aveva richiesto la revoca giudiziale.
In primo grado il Tribunale di Palermo dichiarava l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento della mediazione obbligatoria e, sul reclamo proposto dalla medesima condomina, la Corte d'Appello di Palermo confermava la predetta decisione, ritenendo la mediazione obbligatoria applicabile al giudizio di revoca dell'amministratore di condominio, nonostante si tratti di procedimento in camera di consiglio.
Propone ricorso per cassazione la condomina soccombente, deducendo la violazione degli artt. 64 e 71 quater Cc, nonché dell'art. 5, comma 4, lettera f, del D.Lgs. n. 28/2010, eccependo l'inapplicabilità della mediazione obbligatoria al procedimento di revoca dell'amministratore di condominio.
La Corte di Cassazione dichiara l'inammissibilità del ricorso e, pur non sciogliendo i dubbi afferenti il merito della questione relativa alla obbligatorietà o meno della mediazione nel procedimento di revoca, tuttavia, fornisce alcuni “indizi” utili al riguardo.
La stessa premette che <<secondo consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo avverso il decreto del tribunale in tema di revoca dell'amministratore di condominio, previsto dagli art. 1129 c.c. e 64 disp. att. c.c., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione; tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. Sez. 6 - 2, 23/06/2017, n. 15706; Cass. Sez. 6 - 2, 11/04/2017, n. 9348; Cass. Sez. 6 - 2, 27/02/2012, n. 2986; Cass. Sez. 6 - 2, 01/07/2011, n. 14524; Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957)>>.
La Corte di Cassazione evidenza altresì che, se pur l'art. 71-quater disp. att. Cc precisa che per controversie in materia di condominio s'intendono, tra le altre, quelle degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni per l'attuazione del codice, tra i quali anche la revoca dell'amministratore, ex art. 64 disp. att. Cc, di contro, l'art. 5, comma 4, lett. f, del D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, è inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità non si applica ai procedimenti in camera di consiglio, tra i quali rientra anche il giudizio di revoca dell'amministratore di condominio, procedimento camerale plurilaterale tipico.
Pertanto, sulla scorta della circostanza per cui il decreto con cui la Corte d'Appello - in sede di reclamo - non costituisce sentenza, <<essendo sprovvisto dei richiesti caratteri della definitività e decisorietà, in quanto non contiene alcun giudizio in merito ai fatti controversi>>, non può costituire autonomo oggetto di impugnazione, fermo restando che il ricorrente può sempre far valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena il quale, tuttavia, non può essere considerato come un riesame del decreto (In tal senso da ultimo: Cass. n. 15706/2017).
Da ciò consegue l'inammissibilità del ricorso, salvo non venga impugnata la sola statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cfr.: Cass. n. 9348/2017; Cass. n. 8283/2017; Cass. n. 2986/2012; Cass. n. 14524/2011; Cass. Sez. U, n. 20957/2004).
Come dicevamo, tuttavia, la Corte di Cassazione non scioglie i dubbi sollevati dal decreto della corte di merito che ha ritenuto applicabile la mediazione obbligatoria al procedimento in camera di consiglio di revoca giudiziale.
Interessante comunque evidenziare come la Suprema Corte, definisce i caratteri salienti dell'istituto della revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, sostenendo come lo stesso: <<1) riveste un carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare; 2) è ispirato dall'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell'amministratore; 3) è perciò improntato a celerità, informalità ed ufficiosità; 4) non riveste, tuttavia, alcuna efficacia decisoria e lascia salva al mandatario revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso, facendo valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena (pur non ponendosi questo come un riesame del decreto) (Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957; Cass. Sez. 6 - 2, 01/07/2011, n. 14524)>>.
Orbene, da detti postulati si arguisce come, contrariamente a quanto sostenuto dalle corti di merito in primo e secondo grado, il procedimento di mediazione mal si concilia con quello di revoca giudiziale.
In primo luogo perché, trattandosi di un procedimento in camera di consiglio, a mente dell'art. 5, IV co., lett. f, D.Lgs. 28/2010, la mediazione non dovrebbe applicarsi, in secondo luogo perché essendo conseguente a supposte “gravi irregolarità” dell'amministratore, non ci sarebbe nulla da mediare, salva l'ipotesi altamente improbabile che lo stesso “ammetta” le proprie responsabilità e, infine, perché proprio per i caratteri di eccezionalità e urgenza del procedimento di revoca, essendo finalizzato ad assicurare una rapida ed efficace tutela ed una corretta gestione condominiale, nonché ad evitare il pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell'amministratore, per come ricordato dalla Suprema Corte, richiedere obbligatoriamente il preventivo esperimento della mediazione, con tutte le conseguenze in ordine di “tempo”, confliggerebbe con la ratio e con le esigenze di celerità cui è ispirato l'istituto della revoca giudiziale.

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