Condominio

Dire «danneggiatore» non nuoce alla socialità

di Luana Tagliolini

Qualificare come “danneggiatore delle parti comuni” un condomino non rivela, di per sé, alcuna volontà di nuocere alla sua reputazione (Cassazione, ordinanza 29598/2017) . La pronuncia è la conclusione di un caso singolare: l’amministratore aveva “congetturato” la provenienza delle infiltrazioni nella guaina impermeabilizzante del condominio dalle radici delle piante di proprietà di un condomino (ipotesi suffragata da un accertamento tecnico preventivo).

Quest’ultimo riteneva che l’amministratore, nell’aver ipotizzato la sua responsabilità, lo avrebbe fatto passare come «danneggiatore dei beni condominiali». Ciò gli avrebbe causato un mutamento in peggio del comportamento dei condòmini nei suoi confronti e e chiedeva al Tribunale che l’amministratore venisse condannato a risarcirgli i danni non patrimoniali. La domanda veniva rigettata sia in primo grado che in appello, soprattutto perché l’ipotesi dell’amministratore «era priva di valenza rivelatrice della volontà di nuocere alla reputazione del condomino (...) della quale non era stata peraltro provata la compromissione» e poi il condòmino non aveva dimostrato che, da parte dei condomini fosse intervenuto un atteggiamento ostile nei confronti. La Cassazione, poi (ordinanza 29598/2017), ha dovuto rilevare che non era stata nepppure indicata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la Corte di appello.

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