Condominio

Illecita l’apertura nell’immobile confinante che «affaccia» sul tetto condominiale

Paolo Accoti

L'apertura che non ha i caratteri di veduta o di prospetto è considerata come luce (articolo 902 del Codice civile). Ma il vicino ha sempre il diritto di esigere che la stessa rivesta determinate caratteristiche e, in particolare, che sia munita di un'inferriata e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati, che abbia il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri, se sono ai piani superiori, che abbia il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino (art. 901 Cc).
La luce, pertanto, può definirsi quale apertura che permette il passaggio di aria e luce, pur non consentendo la veduta (inspectio e prospectio) sul fondo del vicino, come avviene invece per le finestre.
Solitamente la luce viene realizzata in locali quali i vani scala, le cantine, le mansarde e ambienti simili e, sovente, ha una finestra a “vasistas”, vale a dire un'anta a ribalta che, tuttavia, è munita di fermi che non ne permettono la completa apertura.
Ciò detto, se la luce presenta caratteristiche differenti rispetto a quelle stabilite dall'art. 901 Cc, può essere chiesta la regolarizzazione della stessa, conformemente alle prescrizioni di cui al predetto articolo.
Tanto ha di recente stabilito il Tribunale di Firenze, con la sentenza pubblicata in data 8 settembre 2017.
La vicenda giudiziaria prende avvio dall'atto di citazione, ad istanza di un amministratore di condominio - proprietario anche di un appartamento all'interno dello stesso -, con il quale veniva convenuta in giudizio la proprietaria dell'immobile confinante, “rea” di aver illegittimamente aperto una finestra che permetterebbe di affacciarsi sul tetto condominiale in violazione del disposto dell'art. 905 c.c. e del PRG del Comune di Firenze, con richiesta di chiusura dell'apertura, o in via subordinata, la regolarizzazione della luce ai sensi dell'art. 902 Cc.
Si costituiva la convenuta eccependo il difetto di legittimazione attiva dell'attore, nonché contestando nel merito la domanda.
Il Tribunale di Firenze, disposta una consulenza tecnica d'ufficio, per quanto concerne la dedotta eccezione preliminare di difetto di legittimazione attiva dell'amministratore, riferisce come <<l'attore legittimamente ha promosso l'azione sia a tutela del proprio diritto soggettivo di comproprietà che a tutela del comune diritto dei condomini ricevendo a tal fine espresso mandato con la delibera assembleare autorizzativa del 10 ottobre 2011 (doc. 7 attore). La violazione lamentata si presenta invero astrattamente idonea a ledere l'interesse all'integrità del diritto sul bene comune, che fa capo sia al condominio che al singolo condomino, il quale, come noto, può provvedere direttamente ad agire in giudizio per esercitare atti conservativi in difesa dei beni comuni (cfr. ex plurimis Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 8479 del 06/08/1999)>>.
Per quanto concerne il merito della vicenda, dalla disposta CTU è emerso che le dimensioni dell'apertura, di forma rettangolare, risultano L. 115 cm x H. 110 cm, con altezza dal pavimento interno di circa 105 cm., che l'anta della stessa è in vetro trasparente con apertura manuale del tipo a vasistas ma che, tuttavia, <<l'anta rimane bloccata in posizione verticale da due pomoli girevoli … è previsto che i braccetti possano essere sganciati per consentire l'apertura completa dell'anta e consentirne le operazioni di pulizia ma essendo l'anta molto pesante … in generale è difficoltosa l'apertura per via dei due pomoli laterali (solitamente è un cricchetto sul montante superiore)”>>.
In virtù delle risultanze della perizia tecnica, il Tribunale ritiene che l'apertura per cui è causa possa essere qualificata come luce “irregolare”, in considerazione della mancanza di prospectio e inspectio esercitabile dalla stessa, tanto è vero che, <<l'elemento caratterizzante della veduta, rispetto alla luce, risiede esclusivamente nella possibilità di avere attraverso di essa una visuale agevole sul fondo del vicino, non rispecchia quello che ad oggi può ormai ritenersi diritto vivente in seguito al principio, affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 10615 del 28/11/1996 ed alla conforme giurisprudenza successiva (cfr. da ult. Cass. Civ. Sez. 6-2, Ordinanza n. 346 del 10/01/2017; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 3924 del 29/02/2016), in base al quale per aversi veduta ai sensi dell'art. 900 c.c. è necessario che l'apertura consenta sia una comoda inspectio, e cioè la possibilità di vedere nel fondo del vicino senza l'uso di mezzi artificiali, sia una prospectio altrettanto comoda, che consiste nella possibilità di sporgere il capo e di guardare nelle diverse direzioni in modo agevole>>.
In conclusione, afferma il Tribunale, non avendo la luce le caratteristiche imposte dall'art. 901 Cc e, pertanto, <<accertatane la natura di luce irregolare, condanna la convenuta, M.C.S., a rendere l'apertura oggetto di causa conforme alle prescrizioni di cui all'art. 901 c.c. dotandola di un'inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati, nonché provvedendo a rialzarne il lato inferiore in modo che risulti ad un'altezza non minore di due metri dal pavimento>>.

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