Condominio

Amministratore di condominio in giudizio sempre con la ratifica dell'assemblea

di Paolo Accoti

Tra le attribuzioni dell'amministratore, per come elencate dall'art. 1130 Cc, figurano l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea, l'osservanza del regolamento di condominio, la disciplina nell'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, la riscossione dei contributi e l'erogazione delle spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni, il compimento degli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio.
Nell'ambito delle suddette materie, l'amministratore può - senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea - resistere in giudizio ovvero intraprendere autonomamente il giudizio; in altri termini, limitatamente alle materie indicate dall'art. 1130 Cc, l'amministratore è dotato di legittimazione attiva e passiva.
Tanto è vero che, il successivo art. 1131 Cc, fatti salvi i maggiori poteri conferiti dal regolamento di condominio o dall'assemblea, statuisce espressamente come l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condòmini sia contro i terzi.
Il medesimo amministratore, tuttavia, in virtù dei commi 2° e 3° del menzionato articolo, può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio e, qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle sue attribuzioni, è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condòmini.
Ciò posto, la ratio della predetta norma è quella di semplificare l'evocazione in giudizio del condominio da parte di terzi, consentendo a costoro di notificare gli atti giudiziari al solo amministratore, anziché ad ogni singolo condomino, e ciò anche per le materie che esorbitano le attribuzioni dello stesso, salva la necessità di informare tempestivamente l'assemblea affinché questa possa poi provvedere alla ratifica dell'operato dell'amministratore.
Questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione, relatore dott.ssa Falaschi, nell'ordinanza n. 29309, pubblicata in data 6 dicembre 2017.
Il procedimento giudiziario giunge innanzi alla Suprema Corte a seguito di una sentenza di rigetto emessa dal Tribunale di Napoli - successivamente confermata dalla Corte d'Appello partenopea -, in relazione al preteso pagamento di una somma a titolo di compenso per attività professionale prestata in favore del condominio.
In sede di legittimità viene dedotta, tra l'altro, la violazione dell'art. 1131 Cc, per <<carenza di ius postulandi del Condominio>>.
La Corte di Cassazione nel ricordare come l'art 1131 II co. Cc sancisce che l'amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio - e ciò tanto nella precedente che nell'attuale formulazione -, chiarisce l'effettiva portata della norma citando il precedente delle Sezioni Unite (Cass. n. 18331/2010) che <<ha ritenuto che l'amministratore convenuto possa certamente in modo autonomo costituirsi in giudizio, così come impugnare la sentenza sfavorevole al condominio, e ciò nel quadro generale di tutela urgente di quell'interesse comune che è alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui è investito; non di meno, l'operato dell'amministratore deve poi essere sempre ratificato dall'assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere. La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell'amministratore sprovvisto di autorizzazione dell'assemblea, e perciò vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilità, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia all'uopo assegnato il termine ex art. 182 c.p.c. per regolarizzare il difetto di rappresentanza>>.
Ciò posto, continua la Corte, deve essere negata una <<legittimazione processuale passiva illimitata “ex lege”>> dell'amministratore, atteso che <<la finalità dell'art. 1131, comma 2, c.c., sarebbe, in pratica, limitata a facilitare i terzi nell'evocazione in giudizio di un condominio, consentendo loro di notificare la citazione al solo amministratore anziché a tutti i condomini; dovendo poi l'amministratore munirsi di autorizzazione dell'assemblea per resistere nella lite>>.
Tanto è vero che, così come successivamente confermato da Cassazione n. 1451/2014 e n. 10865/2016, <<la necessità dell'autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell'amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c.>>.
Nel caso concreto, conclude la Corte, <<l'amministratore di Condominio può, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, resistere nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del Condominio dal terzo creditore>>, siccome il preteso diritto consegue ad un <<adempimento di obbligazione assunta dal medesimo amministratore nell'esercizio delle sue attribuzioni in rappresentanza dei partecipanti, ovvero dando esecuzione a deliberazione dell'assemblea o erogando le spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni o per l'esercizio dei servizi condominiali, e quindi nei limiti di cui all'art. 1130 c.c.>>.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità.

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