Condominio

I proprietari vanno formati ed “educati”

di Francesco Schena (Presidente Arco)

Il condominio rappresenta, di fatto, la seconda cellula sociale della nostra società moderna dopo la famiglia. Un mondo in cui si consumano rapporti umani dai risvolti a volte lieti ma, spesso, anche poco edificanti.
La conflittualità tende a calare sul piano meramente formale (forse si fanno meno cause semplicemente per ragioni economiche) ma la litigiosità concreta e quotidiana che non finisce nelle aule di giustizia continua a permeare i condominii italiani di astio, rancore e talvolta anche odio.
Esistono due fronti di relazione che meritano attenzione e possibili suggerimenti per la soluzione: il primo è quello tra i condòmini e il loro amministratore, il secondo è quello tra gli stessi condòmini.
Si tratta di una questione annosa e, evidentemente, di carattere culturale e antropologico. Di suo la convivenza porta al conflitto ma una società moderna e civile come vuole essere la nostra non può rimanere ostaggio di tali tradizioni.
Il primo piano di conflitto condomini-amministratore affonda le sue ragioni non solo in norme poco chiare e spesso complesse ma anche in uno stereotipo che vede all'amministratore non come a colui che è deputato all'amministrazione dei beni comuni nell'interesse della compagine condominiale ma come all'avversario ed esattore da contrastare, evitare e combattere.
Il secondo piano di ostilità, quello interno alla stessa squadra condominiale, trova le sue cause nella scarsa cultura della convivenza e nel preminente egoismo del singolo. Per dirla in altro modo, al condomino medio italiano non interessa molto di quello che accade oltre la soglia del proprio uscio di casa.
Se su questi temi si è scritto molto puntando il dito verso l'amministratore e la sua competenza – che comunque comincia a vedere una sua forma ed efficacia in tal senso - lo stesso non può dirsi per l'atteggiamento dei condòmini.
Oggi più che mai, in considerazione sia della complessità che muove alla base della gestione condominiale che delle responsabilità civili, penali e amministrative che scaturiscono da una pluralità di norme, è necessario abbondonare condotte deleterie in favore di un interesse collettivo che deve essere messo al primo posto nella scala delle priorità.
È finito il tempo di conoscere soltanto i doveri dell'amministratore (spesso conosciuti anche malissimo) e occorre dare inizio ad una stagione di riflessione anche da parte della proprietà. La partecipazione alle assemblee deve essere copiosa e consapevole, la conoscenza dei rischi conseguenti alle mancate decisioni non può più essere un'opzione. La necessità di mettere a norma gli impianti comuni deve essere sentita alla stregua di quelli privati. Nel bilancio familiare le quote condominiali devono trovare una collocazione dignitosa, senza sprezzo alcuno. Le parti comuni dell'edificio devono essere tenute in maniera decorosa così come ognuno di noi tiene al decoro della propria abitazione. È finito il tempo di appaltare opere a costi ridicoli e sottomercato al mero scopo di ridurre il prezzo anche di qualche centesimo ignorando, però, le responsabilità che possano derivare sia in termini civili che penali da un'opera eseguita male o, peggio, non eseguita affatto. È finito il tempo di guardare all'amministratore come al parafulmine di ogni imprevisto e responsabilità. Al contrario, occorre avere conoscenza del proprio ruolo sia come singolo proprietario sia come partecipante all'assemblea. Spesso il presidente e il segretario dell'assemblea non sanno nemmeno quali siano le loro funzioni, i singoli quasi mai conoscono i loro doveri, l'assemblea spesso pretende di deliberare esorbitando le proprie attribuzioni e gradisce evitare di decidere quando ne avrebbe l'obbligo.
Insomma, penso che sia proprio il caso di innescare un processo culturale nuovo che investa i proprietari di una coscienza civile adeguata ai tempi che viviamo.
Forse sarebbe il caso di distrarre parte di quelle energie che spesso si impegnano per mettere sul banco degli imputati sempre e soltanto l'amministratore per mettere sotto analisi, questa volta, il condomino con tutti i suoi difetti.
Sono molte le associazioni o organizzazioni – anche degli stessi di amministratori - che propongono incontri informatiti con i condòmini ma spesso queste iniziative vanno tristemente deserte o scarsamente frequentate.
Ecco, allora, la necessità di inaugurare una stagione nuova: una nuova alleanza non solo tra la categoria degli amministratori e la rappresentanza della proprietà ma che coinvolga anche le istituzioni come la scuola. Infondo, i condomini di domani sono gli studenti di oggi e dedicare poche ore a questa materia in un anno potrebbe bastare al cesellamento di una nuova mentalità per il futuro ma anche a malleare quella dei loro genitori quando, tornando a casa, potranno confrontarsi sulle informazioni acquisite.
Per un addetto ai lavori come me tutto questo potrebbe essere un buon proposito per il nuovo anno ormai alle porte. D'altronde il diritto naturale già ci insegna come non possano bastare le regole di quello positivo a governare un modello sociale e a questa regola non credo possa sfuggire la vita di condominio che interessa quasi l'ottanta per cento degli italiani.
Che la litigiosità e il conflitto lascino spazio al confronto civico, che il rancore e l'odio siano sostituiti da una nuova coscienza e conoscenza di regole infondo semplici. Armiamoci di buona volontà perché una migliore qualità della vita in condominio è certamente possibile.
Francesco Schena

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