Condominio

Canne fumarie sul muro comune anche senza il sì dei condòmini

di Anna Nicola

Le canne fumarie possono essere posizionate sul muro perimetrale anche senza il consenso degli altri condomini, purché non venga impedito l'uso del muro comune e non alteri la normale destinazione
È quanto affermato dal Tar delle Marche nella sentenza 648/2017 : ritiene non indispensabile il consenso degli altri condomini per l'installazione di una canna fumaria privata sul muro perimetrale (o prospiciente una corte interna) di un condominio, purchè non venga leso il diritto all'utilizzo della parete comune né si eseguano interventi particolarmente invasivi che ne modifichino la funzione.
La canna fumaria in esame è una struttura che è volta allo smaltimento in atmosfera dei residui di combustione prodotti da generatori e apparecchi alimentati con combustibili liquidi o solidi. Questi apparecchi espellono i fumi di scarico a tetto o a parete.
La prima tipologia, quella a tetto, consente di smaltire i fumi provenienti da più apparecchi posti su piani diversi dove i singoli appartamenti le cui caldaie convogliano i residui gassosi in una canna unica, configurabile come canna collettiva ramificata, direttamente a tetto; è la soluzione ideale per un immobile pluriplano, dove vige la condivisione degli spazi, in quanto preserva i singoli condomini da eventuali immissioni fastidiose rivenienti da un impianto privato.
Tuttavia spesso risulta di difficile realizzazione, specialmente nei condomini con impianti termo-autonomi che non prevedevano una canna fumaria collettiva.
Va ricordato comunque che il D.L. 63/2013 ha fissato l'obbligo di realizzare camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti di combustione direttamente sopra il tetto degli edifici per tutti gli impianti termici di nuova installazione.
La seconda tipologia, invece, quella a parete, è legata all'impiego delle caldaie singole di impianti termo-autonomi di piccola portata, impianti già previsti a progetto o rivenienti dal distacco di un precedente impianto centralizzato.
Tuttavia, spesso l'immissione dei fumi dagli scarichi a parete sono oggetto di scontri fra condomini e di ricorsi giudiziari.
Il Tar delle Marche, con la sentenza n. 648/2017 ha affermato che l'installazione di una canna fumaria a servizio di un singolo condomino, da realizzarsi con regolare concessione edilizia sul muro perimetrale dell'edificio (o di una corte interna), è possibile anche senza il consenso maggioritario degli altri condomini, purchè venga rispettato l'uso del muro comune da parte di tutti e non venga alterata la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità.
Va detto che altre decisioni giurisprudenziali hanno precisato che la realizzazione di una canna fumaria su un muro perimetrale comune ad opera di un singolo condomino, deve necessariamente rispettare le distanze minime di 75 cm. (in alcuni casi 1 mt.) dai più vicini sporti dei balconi di proprietà esclusiva degli altri condomini; inoltre, la canna fumaria installata pur nel rispetto delle distanze legali, non deve in alcun modo, sia per la sua dimensione che per la sua ubicazione, ridurre considerevolmente la visuale degli altri condomini con affaccio sulla parete interessata (uso comune del muro perimetrale).
Occorre precisare che il regolamento comunale prevede determinati vincoli per la collocazione delle “bocche dei camini” che devono essere installate ad almeno 1 mt. al di sopra del colmo dei tetti, dei parapetti e di qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 mt. onde evitare immissioni nocive o sgradevoli a terzi.
Se il condominio nega la canna fumaria sul muro comune, sorge il risarcimento del danno
Se l'immobile è stato fatto oggetto di contratto di locazione e l'assemblea –divenuta poi illegittima- di condominio decide che la canna fumaria non è valida, il condominio deve risarcire il danno in ragione della risoluzione del contratto di locazione, essendo andato via il conduttore: se l'immobile rimane sfitto, al proprietario spetta il lucro cessante per il mancato introito del canone pattuito.
Il condominio viene quindi condannato alla rifusione del danno da lucro cessante, parametrato sul mancato incasso del canone pattuito per il primo anno di affitto, per l'intero periodo in cui l'immobile è rimasto libero.
Nel caso di specie, una società citò in giudizio il condominio di un edificio, chiedendo l'annullamento della delibera assembleare con cui era stata negata l'autorizzazione, ad essa, all'installazione, sul muro comune, di una canna fumarla a servizio dei locali di esclusiva proprietà, ed il risarcimento dei danni che aveva subito, ed in specie quelli conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare di locazione che aveva stipulato con un terzo, condizionandone l'efficacia, per l'appunto, all'installazione della canna fumaria.
Il Tribunale annullò la delibera assembleare impugnata, mentre rigettò la domanda risarcitoria formulata dalla società attrice.
La Corte d'appello, confermò la decisione di primo grado, affermando che la società non era tenuta a chiedere l'autorizzazione al condominio per esercitare il suo diritto di installare la canna fumaria sul muro comune, che non aveva quindi interesse ad ottenerla e, inoltre, che era stato “improvvido” il condizionamento dell'efficacia del contratto preliminare.
La Cassazione nel 2005, accoglieva parzialmente il ricorso formulato dalla società, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa ad altra sezione della Corte d'appello.
Più in particolare, la società aveva censurato la pronuncia per aver rigettato la domanda risarcitoria, denunziando violazione di legge (art. 2043 c.c. e art. 116 del codice di rito) e vizi di motivazione, a suo dire inadeguata e contraddittoria.
La Corte di cassazione ha giudicato fondata la l'eccezione osservando che : <<La obiettiva esistenza di un diritto non esclude affatto l'interesse ad ottenerne un espresso riconoscimento, finalizzato alla certezza del rapporto intercorrente tra il suo titolare e colui nei cui confronti tali diritto può essere esercitato, in particolare quando il titolare intende cedere a terzi a titolo oneroso facoltà che sono espressione del suo diritto, e intenda nella circostanza precisarne la dimensione e la consistenza, per conseguire maggior profitto da tale cessione.
È dunque errata, sotto il profilo logico e giuridico, sia la affermata inesistenza dell'interesse della società a chiedere al condominio l'assenso alla installazione della canna fumaria sul muro condominiale, sia l'affermata inopportunità di condizionare nel termine innanzi indicato il contratto preliminare di locazione.
Parimenti incongruente, sotto il profilo logico-giuridico, è la terza considerazione svolta dalla Corte d'appello […] relativa al tempo in cui la società chiese la denegata autorizzazione.
Il fatto che tale autorizzazione fu chiesta dopo la stipulazione del contratto preliminare di locazione è circostanza del tutto irrilevante, attesa la natura per l'appunto preliminare del contratto; e parimenti irrilevante è la circostanza che tale richiesta fu formulata dalla società dopo la scadenza del termine stabilito per stipulare il contratto definitivo, perché tale scadenza, che attiene comunque al rapporto instaurato con il contratto, e che ben può essere dagli stipulanti di quest'ultimo prorogato, non esclude comunque l'obbligo di adempiere, anche tardivamente>>
La Corte territoriale ha quindi rilevato che l'illegittimità della delibera assembleare integra, nella fattispecie, una condotta inquadrabile nell'alveo normativo di cui all'art. 2043 c.c., con conseguente diritto dell'appellante a conseguire il risarcimento dei danni, e ha ritenuto che il diniego del condominio all'installazione della canna fumaria ha determinato la risoluzione del contratto preliminare di locazione.
Esclusa la risarcibilità del danno emergente derivante dall'acquisto della canna fumaria, in quanto evitabile con l'ordinaria diligenza, la Corte ha invece ritenuto che compete alla società il danno da lucro cessante per i mesi successivi alla delibera assembleare e per tutto il periodo in cui l'immobile rimase sfitto, mentre ha negato la risarcibilità della minore convenienza del contratto successivo.
Nel caso di specie si applicano l'art. 2056 c.c. e l'art. 1223 cc.
Questa ha infatti liquidato il danno da lucro cessante per i mesi successivi alla delibera assembleare, costituente il fatto produttivo del danno, considerando le mensilità dalla data alla quale era stata differita la vigenza del contratto di locazione stipulato col terzo, e per tutto il periodo in cui l'immobile rimase sfitto, per un importo mensile di lire 18.000.000, tale essendo la misura del canone fissata per il primo anno.
Si è invece escluso che possa costituire danno risarcibile, parametrabile all'intera durata del rapporto, la minore convenienza del contratto successivamente stipulato, con altro conduttore, con un canone inferiore di lire 3.000.000 al mese.
Ma tali valutazioni attengono al merito, che non compete alla Suprema Corte di Cassazione.
La canna fumaria pericolosa e non utilizzata da tutti i condomini può essere demolita. Il condomino non ha alcun diritto al mantenimento dell'impianto: se esso manca della necessaria relazione di accessorietà con l'unita immobiliare, ossia la destinazione all'uso o al servizio con la medesima, quando non vi sia alcun collegamento strumentale, materiale e funzionale.
Il presupposto per l'attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno, difatti, se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l'esistenza o per l'uso (ovvero siano destinato all'uso o al servizio) di alcuni soltanto dei piani o porzioni di piano dell'edificio.
La Cassazione, 24296/2015 ha affrontato questi temi in una controversia tra un proprietario e il Condominio.
L'assemblea decideva ed ordinava la demolizione della parte finale della canna fumaria e la chiusura della medesima a seguito della trasformazione dell'impianto di riscaldamento da centralizzato in autonomo.
Il proprietario della canna chiedeva l'annullamento della delibera poiché pregiudicava il suo diritto all'utilizzo di tale impianto, consolidatosi mediante il collegamento operato con il camino posto in un locale al piano terra di sua proprietà non servito dall'impianto di riscaldamento.
Mentre la Corte d'Appello, riformando la pronuncia di primo grado, aveva rigettato la domanda proposta dall'attuale ricorrente, stante l'accertato pericolo di crollo della struttura e considerando il mancato utilizzo dello stesso da parte degli altri condomini.
Per i giudici di secondo grado manca un diritto di comproprietà sulla canna fumaria per cui si discute, poiché il sistema non è legato alle altre unità immobiliari da una relazione di accessorietà, di destinazione all'uso o al servizio.
La motivazione trova accoglimento anche dalla Corte di Cassazione
A nulla valgono le doglianze del condomino che rappresenta di essere proprietario anche di altro immobile al quinto piano del condominio a cui sarebbe stato successivamente accorpato come pertinenza il magazzino con caminetto collegato alla canna fumaria: ciò radicherebbe, secondo il proprietario, un pregresso diritto di utilizzo della canna, bene comune secondo la presunzione di contitolarità di cui all'art. 1117 c.c..
I giudici chiariscono che la relazione di accessorietà che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio, va considerata, su base reale, in relazione a ciascun piano o porzione di piano in proprietà esclusiva, senza che a tal fine abbia rilievo il vincolo pertinenziale creato dal singolo condomino tra più unità immobiliari di sua esclusiva proprietà all'interno dello stesso edificio condominiale.
Il proprietario dell'unita immobiliare (nella specie, magazzino) che, per ragioni di conformazione dell'edificio, non si sia servito dall'impianto di riscaldamento centralizzato, non può legittimamente vantare un diritto di condominio sull'impianto medesimo, perché questo non è legato alla detta unita accessorietà.
Si è quindi escluso che l'utilizzazione della canna fumaria, per lo scarico dei fumi dal camino realizzato nel magazzino a piano terra, rientrasse in un'ipotesi di uso frazionato della cosa comune, non essendo l'impianto termico e la canna fumaria, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, a servizio di quel locale. Nessuna condominialità sussiste e pertanto il ricorso va rigettato.
Da ciò l'applicazione della deliberazione assembleare di demolizione della canna fumaria in quanto pericolosa
E' possibile lo scarico a parete della caldaia a condensazione, se la caldaia non è a norma. Naturalmente il singolo condomino è condannato a provvedere all'adeguamento della canna funaria
Il Comune non è legittimato e non può domandare la rimozione della caldaia con scarico a parete, perché si tratta di una caldaia a condensazione (a basso NOx) installata dal proprietario nel rispetto delle distanze di scarico dei fumi e costretto al distacco dalla canna fumaria collettiva perché risultata non a norma.
E' quanto ha deciso il Tar Lombardia 1808/2017 condannando il condominio a provvedere all'adeguamento della canna fumaria e il Comune per “eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto”.
Nel caso di specie un condomino proprietario di un monolocale ristrutturato, decide di sostituire la vecchia caldaia di tipo B (a camera aperta e tiraggio naturale), con una caldaia di tipo C (tradizionale o a condensazione), così come stabilito dalla normativa tecnica nazionale in materia di sicurezza d'impianti a gas per uso domestico (la UNI 7129:2015 - “Impianti a gas per uso domestico e similare alimentati da rete di distribuzione.Progettazione, installazione e messa in servizio”) che vieta l'installazione in monolocale.
L'amministratore affida ad una società di risanamento e installazione canne fumarie, l'incarico di eseguire video ispezioni per verificarne lo stato e le condizioni di esercizio e approntare una relazione tecnica, prima di procedere alla sua installazione e collegare l'impianto di scarico fumi alla canna fumaria collettiva dell'intero condominio.
A seguito di questa, si evidenziano diverse anomalie: sono collegati gli impianti di scarico di caldaie di tipo B e di tipo C, normativamente incompatibili fra loro per convogliare le immissioni nella medesima canna. Da ciò si ritiene che la canna collettiva non è a norma e andrebbero eseguiti interventi di risanamento.
Tali interventi non vengono effettuati e dunque il condomino decide di installare una caldaia di tipo C a condensazione a basso NOx (cioè a basse emissioni di ossidi di azoto), con scarico a parete, così come consentito dalla norma in materia.
Nonostante le rimostranze del condomino proprietario dell'appartamento soprastante (che lamentava l'emissione di fumi dannosi) e l'ordinanza comunale che richiedeva la messa a norma dello scarico a parete del singolo proprietario perché ritenuto non conforme all'art. 3.4.46 del Regolamento comunale d'igiene, il TAR Lombardia annullava tale provvedimento comunale, dando ragione al proprietario: quest'ultimo è in regola con la normativa nazionale e l'impianto a bassa emissione di NOx può prevedere lo scarico a parete, così come stabilito dal D.Lgs. 102/2014.
Occorre porre mente alla normativa nazionale
In base all'art. 14 (Servizi energetici ed altre misure per promuovere l'efficienza energetica) del D.Lgs. 4 luglio 2014, n. 102 (recante: “Attuazione della Dir. 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le Dir. 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le Dir. 2004/8/CE e 2006/32/CE”), che ha ulteriormente modificato l'art. 5, co. 9, del D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412 (Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia), già precedentemente modificato dalla L. 3 agosto 2013, n. 90 (”Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 4 giugno 2013, n. 63, recante Disposizioni urgenti per il recepimento della Dir. 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale”), tutti gli impianti termici di nuova installazione, a partire dal 31.08.2013, dovranno convogliare i prodotti della combustione ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente.
In taluni casi però, si può derogare allo scarico a tetto, ed in particolare quando:
•si procede, nell'ambito di una riqualificazione energetica dell'impianto termico, alla sostituzione di generatori di calore individuali che risultano installati precedentemente al 31.08.2013 e che sono dotati di scarico a parete o in canna collettiva ramificata (in tal caso, dovranno installarsi generatori di calore a gas a camera stagna il cui rendimento sia maggiore a quello previsto all'art. 4, co. 6, lett. a), del D.P.R. 59/2009);
•la dotazione di un sistema di scarico a tetto risulta incompatibile con norme di tutela degli edifici oggetto dell'intervento (adottate a livello nazionale, regionale o comunale);
•il progettista attesta e assevera l'impossibilità tecnica a realizzare lo sbocco sopra il colmo del tetto;
•si procede alle Ristrutturazioni di impianti termici individuali già esistenti allocati in edifici plurifamiliari, laddove non dispongano in origine di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto, funzionali e idonei o comunque adeguabili ai nuovi apparecchi a condensazione (in questo caso, come nei due precedenti, dovranno installarsi generatori di calore a gas a condensazione i cui prodotti della combustione abbiano emissioni medie ponderate di NOx<a 70 mg/kWh;
•vengono installati uno o più generatori ibridi compatti, composti almeno da una caldaia a condensazione a gas (i cui prodotti della combustione abbiano emissioni medie ponderate di NOx<a 70 mg/kWh) e da una pompa di calore (il cui rendimento sia maggiore a quello previsto all'art. 4, co. 6, lett. b), del D.P.R. 59/2009) e dotati di specifica certificazione di prodotto.
In base a quanto previsto dalla norma, laddove si prevedano scarichi a parete, i terminali dovranno posizionarsi in conformità alla norma tecnica UNI-7129 vigente e ss.mm.ii.
Infine si ricorda che il D.L. 63/2013 ha fissato l'obbligo di realizzare camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti di combustione direttamente sopra il tetto degli edifici per tutti gli impianti termici di nuova installazione a partire dal 31.08.2013.

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