Condominio

Amministratore senza requisiti, è truffa se ruba dal conto

di Paolo Accoti

Ai fini della configurazione del reato di truffa, previsto e punito dall'art. 640 Cp, è necessario che l'agente, con artifici o raggiri, induca la sua vittima in errore, al fine di procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.
La pena, in tali casi, è quella reclusione da sei mesi a tre anni nonché la multa da euro 51,00 a euro 1.032,00.
In sostanza, la condotta del soggetto attivo è quella di rappresentare una realtà differente rispetto a quella concreta, rappresentare, pertanto, delle situazioni non veritiere ovvero convincere il soggetto passivo con false promesse, creare una vera e propria messa in scena per indurlo in errore e ricavarne, per se o per altri, un ingiusto profitto.
A tal proposito, è stato ritenuto che «integra gli estremi della truffa contrattuale la condotta di chi ponga in essere artifizi o raggiri consistenti nel tacere o nel dissimulare fatti o circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l'altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto» (Cass. pen., n. 28703/2013).
Per quel che ci occupa in questa sede, è stato dichiarato responsabile del reato di truffa l'imputato che, dopo aver dichiarato falsamente di essere in possesso delle qualità richieste per amministrare un condominio - così inducendo in errore l'assemblea condominiale -, una volta nominato amministratore, si è procurato un ingiusto profitto prelevando somme dal conto corrente condominiale.
Tanto ha statuito la Corte di Cassazione nella sentenza 45980, pubblicata in data 6 ottobre 2017 , che ha ritenuto in tale caso sussistere il reato di truffa, e non anche quello di appropriazione indebita, pure contestato all'imputato.
Infatti, ai sensi dell'art. 71 bis Cc, per poter svolgere l'incarico di amministratore di condominio è necessario: il godimento dei diritti civili; l'assenza di condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; non essere sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione; non essere interdetti o inabilitati; non figurare nell'elenco dei protesti cambiari; essere in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado; aver frequentato un corso di formazione iniziale e svolgere attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
Qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile ovvero abbia svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della L. 220/2012, non è necessario il requisito del diploma di scuola secondaria di secondo grado, né quello relativo alla formazione iniziale
Ciò posto, il Tribunale di Palermo condannava per truffa e appropriazione indebita un amministratore di condominio per aver falsamente dichiarato ai condòmini di essere iscritto all'Anaci, di essere in possesso di partita Iva e di avere il titolo di studio di ragioniere, così inducendo gli stessi a nominarlo amministratore e procurandosi l'ingiusto profitto costituito dal prelievo dal conto condominiale di euro 65.897,36, con condanna dello stesso al risarcimento del danno in favore del condominio costituitosi parte civile.
La Corte di Appello di Palermo, sul gravame proposto dall'imputato, dichiarava l'estinzione per maturata prescrizione dei reati ascritti, confermando le statuizioni civili.
A seguito del ricorso per cassazione, sul presupposto, tra l'altro, della violazione di legge e del vizio di motivazione, essendo giuridicamente non ipotizzabile «l'appropriazione indebita di una somma di danaro che costituisca profitto della truffa commessa dallo stesso imputato nei confronti della stessa persona offesa», la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata, con riferimento al reato di appropriazione indebita, siccome assorbito da quello di truffa, confermando la condanna al risarcimento del danno nei confronti del condominio, con rimborso delle spese processuali in favore dello stesso.
Osserva la Corte di Cassazione «la perfetta identità del nucleo essenziale della condotta, differenziata esclusivamente dagli artifizi e raggiri contestati in relazione alla truffa, la doppia contestazione costituisce violazione del principio di ne bis in idem sostanziale … Nella specie, invece, si è in presenza di un'identica azione lesiva del patrimonio della p.o. oggetto di duplice qualificazione giuridica, che va sussunta nell'alveo dell'art. 640 cod.pen. alla stregua del principio reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui sussiste il delitto di truffa e non quello di appropriazione indebita quando l'artificio e il raggiro risultino necessari alla appropriazione».

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