Condominio

Riforma, un’analisi critica - 8. Le irregolarità fiscali e la revoca

di Francesco Schena

Gli articoli 1129 e 1130 del codice civili, cambiati dalla legge n. 220/2102, dispongono sia dei motivi di revoca dell'amministratore che delle sue attribuzioni.
Tenendo fede allo spirito critico di questa analisi a puntate della legge di riforma a distanza di oltre quattro anni di applicazione, oggi guardiamo alla materia fiscale sia come motivo di revoca del professionista che suo ambito di attribuzioni.
A mente dell'undicesimo comma del 1129, l'amministratore può essere revocato dall'assemblea anche nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali. Per di più, si tratta di uno di quei casi in cui anche un solo condominio può chiedere la convocazione dell'assemblea sia per far cessare la violazione che per revocare il mandato all'amministratore. Inoltre, se l'assemblea non provvede a quella che di fatto risulta una revoca “doverosa” ma non dovuta, lo stesso condomino può rivolgersi al Giudice competente e, in caso di accoglimento della domanda, poi rivalersi nei confronti del condominio per le spese sostenute che, a sua volta, può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato.
La prima domanda che mi pongo è come sia possibile consentire all'assemblea prima di non revocare il professionista per poi, nel caso di revoca giudiziaria, chiedere allo stesso amministratore la rifusione di quanto sia stato rimborsato al condomino che ha deciso – proprio a causa dell'inerzia dell'assemblea – di rivolgersi al giudice. In altri termini, se l'assemblea non ha interesse a revocare l'amministratore che ha procurato gravi irregolarità fiscali, non si comprende secondo quale principio logico e di diritto possa poi chiedergli legittimamente un tale risarcimento. A mio avviso, un'assemblea disinteressata andrebbe punita con un accollo definitivo del risarcimento e non premiata consentendole di rivalersi sull'amministratore che non ha voluto revocare.
Tra le attribuzioni, invece, il nuovo art. 1130 c.c. annovera, al n. 5) del primo comma, l'esecuzione degli adempimenti fiscali proprio da parte dell'amministratore. Premesso che trattandosi di attribuzioni connesse ad un mandato e quindi fondate su un rapporto di fiducia, appare evidente come il legislatore abbia inteso porre a carico del professionista un'osservanza da eseguirsi direttamente. Nessuno, infatti, riterrebbe legittimo la delega a terzi per l'esecuzione di una delibera. A questo punto l'altra domanda da porsi è se l'esecuzione degli adempimenti fiscali a mezzo di intermediario non sia anch'essa motivo di revoca in assenza di una precisa delibera di autorizzazione in tal senso.
Un altro aspetto ancor più curioso di una riforma scritta con poca chiarezza e scarsa lungimiranza lo segna il 1129 quando afferma, chiaramente, come la mancata esecuzione di deliberazioni sia da ritenersi grave irregolarità e quindi motivo di revoca - e questo fa chiaramente il paio con l'attribuzione prevista dal 1130 di eseguire le deliberazioni - ma non indica, in maniera altrettanto chiara, il mancato adempimento fiscale come causa di revoca.
Infatti, al n. 7) del 12° comma del 1129, tra le cause di revoca si enunciano la mancata cura e tenuta del registro di anagrafe, di quello dei verbali, di contabilità, di nomina e revoca dell'amministratore e il mancato rilascio dell'attestazione sullo stato dei pagamenti e delle liti in corso.
Stando ad una lettura combinata delle due norme, dunque, la mancata esecuzione degli adempimenti fiscali non costituisce grave irregolarità, come non lo costituisce la mancata presentazione del rendiconto entro 180 giorni. Ma costituisce motivo di revoca la grave irregolarità fiscale.
Appare evidente, allora, come il legislatore imponga un apprezzamento di merito delle circostanze. Cosa si intenderà mai per grave irregolarità fiscale quando proprio il mero mancato adempimento dell'obbligo costituisce di per sé una delle più gravi violazioni fiscali? In altri termini, l'amministratore che non presenta al fisco la dichiarazione dei sostituti è revocabile o no?
Un esercizio di logica e di chiarezza sarebbe stato certamente opportuno in fattispecie come queste che hanno a che fare con materie tributarie. Ma sappiamo come il legislatore sia poco abile alla manipolazione delle connessioni con le regole tecniche o tributarie in occasione di scritture di norme civili e questo genera, poi, quella continua ed altalenante giurisprudenza sulla materia, spesso contraddittoria a cui da troppi anni siamo abituati e che rivela come il giurista spesso faccia a pugni con la norma tecnica.
Bastava aggiungere tra le gravi irregolarità annoverate al n. 7) del comma 12 dell'art. 1129 anche l'ipotesi n. 5) del 1130 e questo articolo non sarebbe stato necessario scriverlo.
Anche in questo caso, perciò, attenderemo, curiosi, che si esprima al riguardo la Suprema Corte di Cassazione che forse potremmo scomodare per ragioni più importanti se solo si comprendesse la necessità di scrivere tali norme con più criterio.
Francesco Schena

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