Condominio

Il costruttore non può cambiare idea sui parcheggi assegnati

di Valeria Sibilio

Nell'ambito delle problematiche condominiali, quello del frazionamento catastale occupa un posto genericamente secondario ma non per questo esente da controversie risolvibili per vie giudiziarie. Il caso trattato dalla Cassazione con ordinanza 26515 del 2017 , due coniugi acquistavano nel 1988 da una società una porzione di un fabbricato comprensiva di due posti auto scoperti nel cortile condominiale nonché di alcune parti comuni, tra le quali la quota di comproprietà del medesimo cortile.
Nell'atto si faceva riferimento ad una concessione in sanatoria riguardante otto posti auto e ad un successivo atto di frazionamento catastale anch'esso relativo ai posti auto quantificati in dodici posti. Nello stesso non venivano però allegate le planimetrie relative alla concessione di variante in sanatoria e al frazionamento del mappale sul quale insistevano i suddetti posti auto. Gli acquirenti evocarono in giudizio la società venditrice sostenendo che l'atto di vendita fosse equivoco, in quanto in esso si faceva riferimento ad un atto di concessione di variante in base al quale i posti auto avrebbero dovuto essere otto, ma poi anche all'atto di frazionamento in base al quale i posti auto erano stati aumentati a dodici, chiedevano che si dichiarasse l'illegittimità del successivo frazionamento, tra l'altro non rispettoso delle norme urbanistiche, che imponevano una ampiezza minima di ciascun posto auto e che si accertasse che nell'area cortilizia dovessero essere individuati soltanto otto posti, mentre il resto rimanesse di proprietà comune. Si chiedeva, inoltre, che agli attori fosse riconosciuta la servitù di passaggio o di manovra nell'area occupata dai residui quattro posti. Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda degli attori, dichiarando costituita in loro favore la servitù di passaggio. Per contro, la Corte d'Appello sovvertiva completamente l'esito del giudizio di primo grado, rigettando la domanda dei ricorrenti ed accogliendo la riconvenzionale della società convenuta volta a ottenere il risarcimento dei danni causati dalla trascrizione della domanda giudiziale, liquidando in favore della società venditrice un importo di oltre 50.000 euro.
I coniugi proponevano ricorso per cassazione, impugnando il capo della sentenza che li condannava al risarcimento dei danni. I ricorrenti evidenziano che la domanda risarcitoria nei loro confronti è stata accolta, in particolare, alla mancanza della normale prudenza nell'agire in giudizio. La corte avrebbe stringatamente ed esclusivamente ricondotto tale mancata prudenza esclusivamente alla proposizione di una domanda risultata infondata ed alla trascrizione della domanda medesima. I ricorrenti segnalavano che la motivazione della sentenza qualifica la loro tesi “quantomeno ardita” richiamando, dei due documenti ai quali fa riferimento l'atto di vendita pur non essendo stati allegati ad esso, soltanto il secondo, ovvero l'atto di frazionamento, nel quale era indicato chiaramente che l'area cortilizia scoperta dovesse suddividersi in dodici posti auto, due dei quali venduti ai ricorrenti, e non anche il primo, sulla base del quale avevano fondato le loro argomentazioni.
Inoltre, sottolinevano che la corte non avrebbe preso in considerazione l'irregolarità sotto il profilo urbanistico-edilizio della previsione di posti auto aggiuntivi inseriti nel piano di frazionamento, ritenendo che essa esaurisse la sua rilevanza sotto il profilo pubblicistico, mentre, per i ricorrenti, essa avrebbe inciso anche sulla commerciabilità del bene.
La Cassazione, ha ritenuto fondato il primo motivo, accogliendo, con assorbimento, il secondo. Per gli ermellini, in un momento storico in cui il controllo di legittimità sulla motivazione è ristretto al minimo costituzionale, se non si ritiene di operare colmando a monte di significato il contenuto delle clausole generali, l'interpretazione può essere tanto variabile quanto arbitraria. In riferimento all'ipotesi specifica presa in considerazione, occorre verificare se si sia in presenza di una trascrizione legittima, o obbligatoria, o se la trascrizione sia stata effettuata, strumentalmente o meno, fuori dai casi consentiti o imposti dalla legge, in quanto in ciò può essere ravvisato un sensibile indice di violazione del canone di comune prudenza. Nel caso in esame la domanda era volta alla costituzione di una servitù di passaggio e la trascrizione era quindi obbligatoria. Perciò, non costituiva elemento legittimamente apprezzabile ai fini della configurabilità di una responsabilità aggravata il fatto in sé della trascrizione della domanda giudiziale laddove la trascrizione stessa fosse prevista dalla legge come necessaria.
La Cassazione ha, quindi, accolto il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il secondo e cassando la sentenza impugnata in relazione, rinviando la causa alla Corte di Appello in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

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