Condominio

L’iniziativa personale del condòmino: limiti e opportunità

di Anna Nicola

L'articolo 1134 – Gestione di iniziativa individuale – è dedicato alla complessa questioen dell’iniziativa gestionale assunta dal singolo condòmino e recita: «Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente».
La norma in esame è stata oggetto di diverse formulazioni nel corso dell’elaborazione della nuova normativa del 2012. Il testo finale è per lo più arrivato a avere una versione sulla falsariga di quello precedente, con il codice civile del 1942. Vi è tuttavia una differenza che può avere importanza rilevante: mentre la norma previgente si esprimeva in termini di spesa assunta dal singolo condomino, il nuovo art. 1134 c.c. utilizza una terminologia più ampia, riferendosi alla “gestione delle parti comuni”
Non si parla più quindi di un singolo atto, bensì di un'attività che può anche essere complessa, da cui può derivare una certa spesa di cui il condomino agente chiede il rimborso al condominio per il tramite del suo amministratore. Seguendo l'interpretazione letterale, si arriva alla conclusione che il solo compimento di più atti a favore dell'edificio si qualifica in termini di gestione: la conseguenza sarebbe che il rimborso non potrebbe essere domandato quando il condomino ha compiuto un solo atto, non potendo essere questo parificato a una gestione delle parti comuni.
Non si ritiene di condividere simile osservazione in quanto il rimborso dipende dall'urgenza dell'atto compiuto e non dal numero di atti posti in essere.
La gestione implica l'esecuzione di interventi di manutenzione dei beni e servizi dell'edificio.
Il singolo condomino può essere autorizzato dall'assemblea o dall'amministratore (unico caso in cui è l'amministratore a autorizzare qualcosa per il condominio) a gestire parti comuni dell'edificio. L'autorizzazione consente di richiedere il rimborso delle spese affrontate per l'amministrazione del beni condominiali, indipendentemente dall'urgenza. Se manca l'autorizzazione –assembleare o del mandatario dello stabile- il condomino intervenuto nella gestione non ha diritto al rimborso delle spese se non nel caso in cui l'intervento è stato dettato dall'urgenza di provvedere.
Per urgenza a provvedere si intende la necessità di far fronte a una situazione di pericolo da cui consegue l'opportunità –per non dire, anche qui, la necessità- di agire nell'immediato a tutela del condominio (App. Catania Sez. II, 03/06/2008).
Il diritto al rimborso è subordinato alla dimostrazione dell'urgenza nonché della necessità di effettuare la spesa senza ritardo, cioè senza poter avvertire in tempo utile l'amministratore e gli altri condomini. E' urgente la spesa la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, sino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provare (Cass., 03 settembre 2013 n. 20151; Tribunale di Bologna, sezione II, Sentenza 11 marzo 2010 n. 670).
L'intento della norma è quella di evitare dannose interferenze del singolo condomino nell'amministrazione riservata all'amministratore o all'assemblea dell'edificio, a seconda delle rispettive attribuzioni. L'onere della prova dell'indifferibilità della spesa incombe sul condomino che richiede il rimborso. L'urgenza designa una stretta necessità, immediata ed impellente, che non può essere differita senza danno alle cose comuni o alla proprietà esclusiva del (Cass. n. 4364/2001; Trib. Trani, 22/01/2008).
Questa norma è importante perché è una delle disposizioni che diversificano l'istituto del condominio dalla comunione. L'art. 1139 c.c. dispone che le norme in tema di comunione sono applicabili al condominio, sempreché siano compatibili con la fattispecie condominiale. Questa norma è una delle eccezioni a questo principio in quanto nella comunione trova applicazione l'art. 1110 c.c., il cui testo sancisce che può aversi il rimborso delle spese sostenute dal comunista ove si dimostri la noncuranza dell'altra parte (Cassazione Civile, 08.01.2013, n. 253; Cassazione Civile, Sezione II, 8 febbraio 2011, n. 3079).
Prima dell'intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte del 31 gennaio 2006, n. 2046 si riteneva che l'art. 1134 c.c. non si applicasse al condominio minimo, dovendo trovare diretta attuazione l'art. 1110 c.c. in tema di comunione. La Cassazione a Sezioni Unite ha ribaltato questo orientamento, osservando che “nulla osta che nel caso delle spese anticipate da un condomino trovi applicazione l'art. 1134 cod. civ. Per la verità, il contemperamento di interessi dettato da questa disposizione si fonda sulla relazione di accessorietà tra beni propri e comuni, essendo la disciplina del rimborso delle spese per le cose, gli impianti ed i servizi comuni dell'edificio stabilita in funzione del carattere strumentale di queste parti rispetto al godimento dei piani o delle porzioni di piano in proprietà solitaria, avuto riguardo alla necessità che i condomini sulla gestione interferiscano il meno possibile”. (Cass., Sez. n, 30 marzo 2001, n. 4721; Cass., Sez. 2^, 26 maggio 1993, n. 5914; Cass., 6 febbraio 1978, n. 535;Cass., 24 aprile 1975, n. 1604; Cass. S. U. 31 gennaio 2006, n. 2046).
“ … In ordine alla rilevanza delle spese anticipate dal singolo condomino, l'art. 1134 c.c. fissa criteri particolari, in deroga al disposto dell'art. 1110 c.c., dettato in tema di comunione, che riconosce il diritto al rimborso in favore del comunista il quale ha anticipato le spese necessarie per la cosa comune nel caso di “trascuranza degli altri partecipanti e dell'amministratore”. Nel condominio la “trascuranza” degli altri partecipanti e dell'amministratore non è sufficiente. Il condomino non può, senza interpellare gli altri condomini e l'amministratore e, quindi, senza il loro consenso, provvedere alle spese per le cose comuni, salvo che si tratti di “spese urgenti” (Cass., Sez. Un., 31 gennaio 2006, n. 2046; Cass., Sez. 2, 12 ottobre 2011, n. 21015). Il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni cessa quando si tratta di opere urgenti, per tali intendendosi quelle che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune (Cass., Sez. 2, 6 dicembre 1984, n. 6400; Cass., Sez. 2, 26 marzo 2001, n. 4364), l'urgenza dovendo essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sé o a terzi o alla stabilità dell'edificio un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità (Cass., Sez. 2, 19 dicembre 2011, n. 27519; Cass., Sez. 6-2, 19 marzo 2012, n. 4330). La disposizione dell'art. 1134 c.c., invero, è diretta ad impedire indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti alla gestione del fabbricato riservata agli organi del condominio, essendo previsti dalle norme processuali strumenti alternativi (art. 1105 c.c., comma 4) al fine di ovviare alla inerzia nella adozione o nella esecuzione di provvedimenti non urgenti, ma tuttavia necessari per la conservazione ed il godimento dell'edificio (Cass., Sez. 2, 26 maggio 1993, n. 5914). Il diritto al rimborso in seguito all'attività gestoria, svolta dal singolo condomino in deroga alla competenza dell'assemblea e dell'amministratore, si giustifica, quindi, soltanto in ragione dell'urgenza delle spese (Cass., Sez. 2, 27 ottobre 1995, n. 11197; Cass., Sez. 6-2, 19 marzo 2012, n. 4330, cit.). …” (Cass.,14 giugno – 23 settembre 2016, n. 18759)
La spiegazione della diversità delle due norme in tema di condominio e comunione, artt. 1110 e 1136 c.c., è così individuata dalla Suprema Corte: “... La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 c.c. in materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, rispettivamente, nella comunione e nel condominio di edifici, che condiziona il relativo diritto, in un caso, alla mera trascuranza degli altri partecipanti e, nell'altro caso, al diverso e più stringente presupposto dell'urgenza, trova fondamento nella considerazione che, nella comunione, i beni comuni costituiscono l'utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione, mentre nel condominio i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione (cassata, nella specie, la sentenza dei giudici di merito che aveva condannato. un condominio al rimborso, in favore di un condomino, di una somma relativa all'importo da lui anticipato e corrisposto a un ingegnere per la redazione di una perizia tecnica, effettuata circa la condizione del fabbricato condominiale; secondo la Corte, i giudici avevano errato a inquadrare la vicenda nell'ambito della disciplina dettata dall'art. 1110 c.c., giacché nella specie si versava in materia non di comunione ordinaria, ma di condominio)… (Cass., 02 settembre 2013 n. 20099)

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