Condominio

Le anomalie delle delibere condominiali

di Paolo Accoti

Il naturale epilogo delle assemblee condominiali è quello che porta ad una deliberazione, validamente adottata dall'assemblea qualora assunta con le maggioranze di cui all'art. 1136 Cc, a mente del quale «l'assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio. Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio. Se l'assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l'assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L'assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio. Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le deliberazioni di cui agli articoli 1117-quater, 1120, secondo comma, 1122-ter nonché 1135, terzo comma, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo. Le deliberazioni di cui all'articolo 1120, primo comma, e all'articolo 1122-bis, terzo comma, devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio. L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati. Delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore».
Vi è da chiedersi, tuttavia, cosa succede nel caso in cui l'assemblea in seconda convocazione, per le motivazioni più disparate, venga rinviata, magari solo di qualche ora.
Le risposte al quesito ci vengono fornite sia dalla giurisprudenza di legittimità, che da quella di merito, ed entrambe concordano sulla necessità di una nuova rituale convocazione, con l'inoltro dell'avviso di convocazione, nel rispetto dei termini stabiliti dall'art. 66 disp. att. Cc., in virtù del quale, l'avviso «contenente specifica indicazione dell'ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione».
A tal proposito, nel caso di assemblea condominiale ritualmente comunicata ma, tuttavia, non tenutasi, siccome rinviata ad una data successiva, anche qualora la stessa abbia il medesimo ordine del giorno non può ritenersi valido ed efficace il precedente avviso di convocazione, essendo necessario un nuovo avviso, con il rispetto dei termini legislativamente stabiliti.
Ciò ha statuito la Corte d'Appello di Napoli nella sentenza n. 937, pubblicata in data 4 marzo 2016, la quale, in riforma della sentenza di primo grado, in considerazione del fatto che la ratio del combinato disposto dagli artt. 1136 Cc e 66 disp. att. Cc – pur nella precedente formulazione ma, in ogni caso, suscettibile di integrale applicazione anche nella vigenza dell'attuale impianto normativo – è quello di garantire, in concreto, il diritto di ciascun condomino di intervenire in assemblea, presuppone che la convocazione avvenga in tempo utile, almeno nei cinque giorni della data fissata per l'adunanza in prima convocazione ovvero nel più ampio termine dettato dal regolamento, e tanto a prescindere dalla circostanza che le due distinte convocazioni avessero ad oggetto il medesimo ordine del giorno.
Decisamente più curioso, invece, il caso di cui si è occupata la seconda sezione civile della Corte di Cassazione, risolto con la sentenza n. 18569, pubblicata in data 26 Luglio 2017.
L'insolita vicenda giudiziaria prendeva spunto dall'assemblea condominiale, ritualmente convocata e tenutasi in seconda convocazione, con all'ordine del giorno l'approvazione dei consuntivi, la conferma e nomina dell'amministratore, nonché l'approvazione del bilancio preventivo.
Tuttavia, a seguito delle contestazioni di alcuni condòmini, l'amministratore, ritenendo eccessivamente caotica (<<ingovernabile>>) l'assemblea, chiudeva il verbale alle ore 21.10 allontanandosi - unitamente ad alcuni condòmini - e portando con sé il relativo verbale.
Sta di fatto che i condòmini rimasti in assemblea non ci stavano e aprivano un nuovo verbale alle ore 21.15 così deliberando su alcuni punti, chiudendo l'assemblea alle 22.10.
La successiva delibera veniva impugnata dall'amministratore dell'epoca e dai condòmini che si erano allontanati.
La domanda veniva dapprima rigettata dal Tribunale di Verona, tuttavia, a seguito dell'interposto gravame, la Corte d'Appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava invalida la delibera assunta dopo le 21.15, evidenziando come <<1) l'assemblea oggetto di contestazione si era aperta alle ore 20,30, alla presenza dei condomini e dell'amministratore, e si era conclusa con la chiusura del verbale alle ore 21,10; 2) l'attività compiuta successivamente da parte dei condomini non poteva ritenersi una prosecuzione di tale assemblea, perché il verbale era stato chiuso (tanto che la successiva verbalizzazione era avvenuta mediante un diverso e distinto verbale) e l'amministratore e parte dei condomini si erano allontanati; 3) tra l'inizio della assemblea convocata per le ore 20,30, conclusasi secondo il verbale alle 21,10, e quella successiva vi era un iato temporale e di composizione tali da non consentire parimenti di ritenere che la seconda fosse stata una prosecuzione della prima; 4) le delibere assunte successivamente, nella medesima serata, avrebbero richiesto la costituzione di una nuova assemblea con una nuova convocazione e avrebbero dovuto essere assunte con le maggioranze previste per la prima convocazione ex art. 1136 c.c.; 5) pertanto, le delibere assembleari assunte in data 15.5.2005, dalle ore 21,15 in poi, erano invalide, perché adottate in carenza di convocazione e delle maggioranze previste per l'assemblea in prima convocazione>>.
La decisione del giudice d'appello supera anche l'esame della Corte di Cassazione, la quale, sul ricorso proposto dall'allora amministratore, rileva che <<nella sentenza impugnata non si rinviene alcuna erronea ricognizione delle fattispecie astratte recate nelle disposizioni indicate dell'art. 1136 cod. civ.>> e, pertanto, conclude: <<si deve rilevare che la corte di merito, una volta ritenuto che la seduta ulteriore non rappresentasse una mera prosecuzione della precedente, è inevitabilmente pervenuta alla conclusione che la successiva dovesse essere considerata una nuova assemblea e che, per l'effetto, occorresse una nuova convocazione di tutti i condomini (ivi compresi coloro che si erano allontanati) e dovessero essere osservati i quorum costitutivi e deliberativi prescritti per la prima convocazione. Anche in tal guisa la sentenza impugnata non incorre in alcuna violazione dell'art. 1136 cod. civ.>>.

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