Condominio

Innovazioni: cosa sono e come riconoscerle

di Anna Nicola

L'art. 1120 c.c., al primo comma, dispone che “I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni…. “
La disposizione in esame non fornisce una definizione di “innovazione”. A questa lacuna ci ha pensato la giurisprudenza, laddove qualifica le innovazioni come “le modifiche materiali o funzionali dirette al miglioramento, uso più comodo o al maggior rendimento delle parti comuni” (Cass. n. 12654/2006). Si parla di innovazione nel caso di sua originaria esistenza e/o di mutamento di destinazione.
“ …per innovazioni delle cose comuni s'intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum), sebbene le modifiche, le quali importino l'alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (così Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
Come in precedenza, i condomini, con la maggioranza indicata dal quinto comma dell'art. 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. La decisione assembleare deve essere assunta a maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno i due terzi del valore dell'edificio. Occorre che il voto sia assunto in questi termini sia in prima, sia in seconda convocazione. Se la prima riunione non raggiunge il quorum costitutivo, si passa alla seconda assemblea che, se deve decidere a riguardo di innovazioni tese al miglior godimento dei beni comuni, deve decidere con la medesima maggioranza qualificata. Il quorum necessario ai fini della costituzione della riunione dell'edificio e della validità della decisione è quella ordinaria sancita dall'art. 1136 primo comma, per l'assemblea in prima convocazione. Il quorum costitutivo della seconda convocazione è stato introdotto ex novo dalla novella: l'art. 1136, terzo comma, c.c. richiede che nella seconda riunione sia presente un terzo dei partecipanti all'edificio rappresentante almeno un terzo del valore dell'edificio. Poiché il quorum deliberativo in seconda convocazione è la maggioranza degli intervenuti che rappresentano almeno i due terzi del valore dell'edificio è chiaro che la presenza dei condomini deve essere superiore al quorum prescritto in termini generali dall'art. 1136 terzo comma c.c., non potendo altrimenti deliberare in merito al tema delle innovazioni.
Spesso è difficile comprendere se il mutamento del bene o servizio comune si qualifica in termini di innovazione o semplice modifica. I Giudici hanno delineato, nei vari casi di specie sottoposti al loro vaglio, la sottile linea di confine esistente sull'argomento, secondo il disposto dell'art. 1102 c.c.
“…le innovazioni, di cui all'art. 1120 c.c., non corrispondono perfettamente alle modifiche, cui in realtà si riferisce l'art. 1102 c.c., atteso che le prime sono costituite da opere di trasformazione della cosa comune, che incidono sull'essenza di essa e ne alterano l'originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà che il condomino ha in ordine alla migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa, facoltà che incontrano solo i limiti indicati nello stesso art.1102 c.c. (così, Cass. n. 2940/63)” (Cass. 19 ottobre 2012, n. 18052)
La modifica del bene non è pertanto innovazione quando mira a perfezionare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune, lasciandone immutate la consistenza e la destinazione. Non è da qualificarsi come tale l'abbellimento del giardino condominiale. Ad esempio, la trasformazione di luci in vedute o l'apertura di finestre sul cortile del condominio è una modifica; allo stesso modo non si qualifica come innovazione –ma semplice modifica- la destinazione di uno spazio comune a un servizio diverso a favore della collettività, come può essere il cortile prima utilizzato come area giochi e poi come luogo in cui parcheggiare le autovetture. Si qualifica come innovazione la trasformazione del tetto in lastrico di copertura (Cass. Civ., Sez. II, 16/1/2013, n. 944; Cassazione II civile del 21 febbraio 2013 n. 4340; Cass. civ. Sez. II Sent., 05/03/2008, n. 5997)
Si è sempre in presenza di una modifica ogni volta che vi siano atti di maggiore e più intensa utilizzazione della cosa comune che non importino alterazioni della sua consistenza e della sua destinazione e non pregiudichino i diritti di uso e di godimento degli altri condomini e, in particolare, per quanto attiene agli edifici in condominio, che non compromettano la stabilità e la sicurezza del fabbricato, non ne alterino il decoro architettonico né comunque precludano o diminuiscano, per alcuno dei condomini, il godimento di parti del fabbricato
Sono invece innovazioni, sul piano pratico, la trasformazione in garage di locali condominiali già destinati a portineria e a centrale termica, la sostituzione del reticolato sul confine con un muro di cinta, la completa ristrutturazione dell'androne e della portineria (con spazi, volumi e materiali diversi dai preesistenti), l'installazione di nuovi impianti comuni di qualsiasi genere, la demolizione di impianti esistenti per ricostruirli in altro luogo, la riduzione di un ampio androne per ricavarne un locale di portineria, l'installazione di un'autoclave nel cortile condominiale con minima occupazione di una parte di detto cortile.
Alla luce di quanto sin qui detto, è chiaro che l'innovazione non è manutenzione. Quest'ultima non apporta alcunchè di nuovo al bene oggetto di intervento, trattandosi di semplice opera di messa a punto della cosa o servizio comune. Può trattarsi ad esempio di un impianto che si è rotto e necessita di essere messo a posto
La manutenzione è necessaria per riprestare l'efficienza delle cose e degli impianti comuni (o per adeguarli alle eventuali nuove norme entrate in vigore nel frattempo). Si tratta di semplici sostituzioni di materiale logoro con altro di tipo più moderno, senza alterare la struttura sostanziale o la precedente destinazione della cosa: sono pertanto atti ordinari di amministrazione di competenza dell'amministratore. L'iniziativa relativa alla manutenzione non è soggetta al alcun arbitrio della maggioranza dei condomini (potendo, altresì, essere pretesa dal singolo condomino) e rientra tra i doveri che il legislatore impone all'amministratore.
La Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con la sentenza del 11 gennaio 2017, n. 454, ha affermato che le spese di manutenzione ordinaria non richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea
“…Infine, è funzione tipica del consuntivo proprio l'approvazione della erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali, le quali non richiedono la preventiva approvazione dell'assemblea dei condomini, in quanto trattasi di esborsi ai quali l'amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell'assemblea. L'approvazione di dette spese è richiesta soltanto in sede di consuntivo, giacchè con questo poi si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo che legittima lo amministratore ad agire contro i condomini per il recupero delle quote poste a loro carico…” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5068 del 18/08/1986). (Cass. 454/2017)

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©