Condominio

Casa abusiva: la vendita è nulla ma il prezzo va chiesto a parte

di Augusto Cirla

L’acquirente di un immobile abusivo ha ragione di sentir dichiarare la nullità della vendita con il conseguente obbligo di restituzione, ma per ottenere la restituzione del prezzo pagato deve formulare una domanda ad hoc oppure promuovere un nuovo giudizio per la ripetizione dell’indebito. Lo ha deciso la Corte d’appello di Palermo con la sentenza 1129 (presidente Perriera, relatore De Giacomo), pubblicata il 13 giugno scorso.

La vicenda

La pronuncia arriva a conclusione di un contenzioso promosso dai proprietari di un appartamento e di un magazzino che, avendo scoperto che gli immobili da loro acquistati vent’anni prima erano stati realizzati in difformità alla concessione edilizia, hanno chiesto al tribunale di dichiarare la nullità della vendita, ovvero l’annullamento per errore o dolo, e di condannare gli eredi del venditore al risarcimento dei danni, che hanno quantificato nella somma data dal valore degli immobili e dalle migliorie apportate, oltre al mancato guadagno e al danno esistenziale. In via subordinata, hanno chiesto la condanna al risarcimento delle spese necessarie alla demolizione e riduzione in pristino delle opere difformi e il danno esistenziale.

Il Tribunale di Trapani ha accolto solo la domanda subordinata, condannando gli eredi del venditore a pagare le spese necessarie per le opere di demolizione e per la riduzione in pristino.

I proprietari dell’appartamento e del magazzino hanno allora presentato appello, ribadendo la richiesta di nullità o annullabilità dell’atto di compravendita e la restituzione degli immobili agli eredi del venditore, e insistendo nella richiesta di condannarli al risarcimento dei danni.

La disposizione

La Corte d’appello di Palermo ha accertato, sulla base delle risultanze della Ctu, che il magazzino posto al piano terra e l’androne erano notevolmente difformi dal progetto approvato dal Comune che aveva rilasciato la concessione per l’esecuzione delle opere edilizie, menzionata nell’atto di compravendita. Nessuna difformità è stata invece riscontrata in relazione all’appartamento. La norma di riferimento è l’articolo 40 della legge 47/1985 che sanziona con la nullità la mancata indicazione nell’atto di trasferimento degli immobili degli estremi della licenza o della concessione a edificare o della sanatoria.

Va comunque esclusa la commerciabilità di un immobile anche se dall’atto risulti l’esistenza di una licenza o concessione, ovvero della procedura per la sanatoria (condono edilizio), qualora si tratti in realtà di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico per cui l’atto contiene un’attestazione non veritiera. Sussiste infatti sia una nullità formale, se dagli atti di trasferimento non risulta la regolarità urbanistica o la pendenza del procedimento di sanatoria, sia una nullità sostanziale degli stessi, avendo per oggetto immobili non regolari dal punto di vista urbanistico.

La decisione

Il giudice d’appello, riformando la decisione di primo grado, considerato che la maggior volumetria del magazzino e dell’androne dell’edificio rappresentano una difformità notevole e quindi non sanabile, ha dichiarato la nullità della compravendita avente a oggetto l’immobile abusivo. Sul presupposto che ciò che è nullo non produce alcun effetto, la Corte ha ingiunto ai proprietari di restituire il magazzino agli eredi del venditore.

I giudici, però, hanno affermato di non poter ordinare agli eredi del venditore di restituire il prezzo di acquisto del magazzino. Questo perché gli appellanti non hanno presentato una domanda ad hoc per chiedere la restituzione della somma.

Vale in questo caso il principio secondo cui in caso di nullità del contratto a prestazioni corrispettive, pur essendo l’obbligo delle restituzioni un effetto ipso iure, soggiace comunque al principio della domanda (Cassazione, sentenza 15461/2016). Gli appellanti - si legge nella sentenza - «si sono limitati a insistere nella richiesta di risarcimento del danno (...) senza nulla allegare a sostegno della stessa, con conseguente inammissibilità».

Per ottenere la restituzione del prezzo, i proprietari dovranno quindi chiedere in un altro giudizio la ripetizione di quanto indebitamente versato.

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