Condominio

I «volumi tecnici» non contano per le distanze minime

di Valeria Sibilio


Le infiltrazioni di acqua rappresentano una causa frequente di dispute condominiali nelle quali ci si interroga sulle responsabilità e sull'origine delle cause che possono aver causato il problema. Al riguardo, la sentenza della Cassazione 23973 del 2017 ha trattato un caso in cui il Tribunale aveva accolto parzialmente le domande proposte cinque anni prima da un condòmino nei confronti di due vicini, ordinando loro di rimuovere, per violazione delle distanze legali, il vano contatori, il muretto realizzato sulla terrazza sul retro della casa al primo piano, le tramezze del balcone del primo piano e tutte le canne fumarie. Questo dopo che essi avevano ampliato il loro fabbricato. Lo stesso tribunale aveva accolto anche l'ulteriore domanda per danni da infiltrazioni di acqua nel muro del vano cantina al piano interrato confinante con l'immobile del convenuto, condannandolo al risarcimento dei danni per euro 3.700, oltre interessi legali.
La Corte di Secondo Grado confermava tale sentenza, rigettando gli appelli delle parti, i quali proponevano ricorso per Cassazione.
I ricorrenti denunciavano l'erroneità della sentenza che imponeva la rimozione del manufatto contenente i contatori di acqua e gas in quanto nuova costruzione infissa permanentemente nel suolo e non rispettosa della distanza legale, I ricorrenti affermavano che, trattandosi di volume tecnico, non fosse computabile nella volumetria della costruzione e che il Regolamento attuativo del PRG non solo consentisse la costruzione, ma stabilisse che queste costruzioni accessorie fossero escluse ai fini della misurazione della distanza tra i fabbricati dal confine.
Censura infondata in quanto la Cassazione ha escluso il calcolo dei volumi tecnici ai fini delle distanze. Il secondo motivo di ricorso, articolato in due profili, ha trovato, nella Corte, la censura del primo, in quanto la presunta erronea valutazione del Giudice, inerente la riduzione del muretto che aveva determinato la limitazione del diritto di veduta all'attore, era da ritenersi legittima perché il diritto di veduta da parte del suddetto attore sul fondo del vicino non era mai stato contestato in primo grado. La Corte ha, invece, accolto il profilo B del secondo motivo di ricorso, relativo alle canne fumarie poste a distanza non legale o appoggiati al confine. La parte ricorrente lamentava il fatto che la Corte di appello non avesse risposto alla doglianza relativa alla assenza di alcuna violazione specifica di carattere tecnico o civilistico. Per la Cassazione, la suddetta Corte aveva omesso una precisa qualificazione della fattispecie, avendo trascurato che la distanza di almeno un metro dal confine che l'art. 889 comma 2 cod. civ. prescrive per l'installazione dei tubi dell'acqua, del gas e simili, si riferisce alle condutture che abbiano un flusso costante di sostanze liquide o gassose e, conseguentemente, comportino un permanente pericolo per il fondo vicino, in relazione alla naturale possibilità di trasudamento e di infiltrazioni. Detta norma, pertanto, non è applicabile con riguardo alle canne fumarie per la dispersione dei fumi delle caldaie le quali, avendo una funzione identica a quella del camino, vanno soggette alla regolamentazione di cui all'art. 890 cod. civ. e, quindi, poste alla distanza fissata dai regolamenti locali.
La Corte ha, perciò, rigettato il primo motivo di ricorso ed il profilo A del secondo motivo, accogliendo, tuttavia, il profilo B del secondo motivo e cassando la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto rinviando alla Corte di appello, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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