Condominio

Tabelle millesimali: revisione a maggioranza qualificata

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Le tabelle millesimali che non derogano ai criteri legali del Codice civile, anche nel caso in cui siano parte integrante di un regolamento condominiale contrattuale, non hanno natura negoziale ma carattere accertativo di un obbligo (quello di concorso nelle spese condominiali) e per la loro approvazione e revisione non è necessaria l'unanimità, ma è sufficiente la maggioranza qualificata prevista dall'articolo 1136, comma 2, del Codice civile.
È quanto deciso dal Tribunale di Milano (sentenza 8 maggio 2017, n. 5094) , che ha respinto la richiesta di un condomino di annullare la modifica della tabella millesimale approvata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Nel caso in esame, il mutamento della destinazione d'uso ha reso necessario l'adeguamento delle tabelle e l'aggiornamento dei criteri di riparto delle spese, in relazione all'effettiva utilizzazione degli spazi comuni, mediante la modifica del cosiddetto “coefficiente di destinazione”.
Secondo l'attore, la revisione della tabella doveva essere decisa all'unanimità e non con la maggioranza qualificata, come avvenuto. Il condomino cita l'articolo 69 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, secondo il quale è sempre necessaria l'unanimità, ad eccezione dei casi individuati al secondo comma, vale a dire in conseguenza di un errore o se risulta alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino. Inoltre - come fa notare l'attore - la tabella è allegata a un regolamento condominiale di natura contrattuale, che può essere modificato solo all'unanimità.
Nel respingere la richiesta avanzata dal condomino, il giudice milanese richiama la storica sentenza delle Sezioni Unite (18477/2010), tutt'ora operante nonostante sia antecedente all'entrata in vigore della legge di riforma, secondo cui «...ai fini dell'individuazione dei quorum richiesti per la modifica delle tabelle millesimali, fondamentale è l'indagine circa il contenuto delle stesse, non la loro inclusione in un regolamento che abbia natura contrattuale piuttosto che abbia natura deliberativa. In altri termini (…) occorre verificare se le tabelle siano ricognitive o derogatorie rispetto ai criteri legali individuati dal Codice civile».
«In questi casi - scrive il Tribunale meneghino - l'atto di approvazione delle tabelle millesimali non ha natura negoziale e, quindi, anche l'atto di revisione delle stesse ha mera natura tecnica, con la conseguenza che per la sua validità in assemblea non è necessario raggiungere l'unanimità dei consensi». In altre parole, non è stata modificata la portata dei diritti e dei doveri di partecipazione alla spesa, ma si è soltanto operato «un mero adeguamento matematico - effettuato in base ai canoni civilistici - del coefficiente di destinazione all'effettivo assetto proprietario condominiale».
In effetti la giurisprudenza, sulla scia della pronuncia delle Sezioni Unite, ritiene che «l'unanimità occorra solo nel caso in cui le tabelle di spesa redatte in applicazione dei criteri civilistici o convenzionali vengano modificate o revisionate in senso derogatorio ai criteri legali, essendo sufficiente la sola maggioranza assembleare per l'ipotesi in cui la modifica delle precedenti tabelle di gestione venga effettuata in base a criteri di fonte legale».
In definitiva, per il Tribunale di Milano occorre valorizzare non tanto la circostanza che le tabelle siano parte integrante di un regolamento di natura contrattuale, ma la diversa circostanza che le stesse abbiano contenuto derogatorio o ricognitivo dei criteri legali individuati dal codice civile.
L'orientamento era stato di recente ribadito anche dal Tribunale di Siena (sentenza 4 maggio 2015), che ha osservato come «…la regola dell'unanimità di cui all'art. 69 disp. att. c.c. all'indomani della riforma, rinviene il proprio ambito di operatività con riferimento alle “modifiche” intese come espresse convenzioni di deroga ai criteri di proporzionalità di cui all'art. 1118-1123 c.c. art. 68 disp. att. c.c.; laddove, invece, alle deliberazioni aventi ad oggetto non la modifica della portata dei diritti e doveri di partecipazione alle spese relative alla cosa comune, bensì soltanto la relativa quantificazione, trattandosi di delibere avente valore non negoziale, ma regolamentare, opererà il criterio, ormai invalso in giurisprudenza, della maggioranza qualificata».

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