Condominio

Il «condòmino apparente» non paga le spese

di Valeria Sibilio

La riforma del condominio ha reso meno frequente la figura del condòmino apparente, cioè di chi, pur partecipando a tutte le attività condominiali, non rappresenta il vero proprietario dell'unità immobiliare, pur comportandosi come un condòmino. Ciononostante, può verificarsi che la presenza di questa figura inneschi problematiche che possono trascinano per vie giudiziarie. La Cassazione, con ordinanza 23621 del 2017 (relatore Antonio Scarpa), ha affrontato un caso in cui un condòmino apparente si è visto rigettare, dalla Corte di secondo grado, il proprio appello contro la sentenza pronunciata dal Tribunale il quale, pur revocando il decreto ingiuntivo emesso per l'importo (allora) di Lire 63.863.196 nei suoi confronti e di un ulteriore intimato- su domanda del titolare di un'impresa edile - lo condannava al pagamento della somma di € 25.426,96, a titolo di saldo residuo del corrispettivo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale.
Per la Corte d'Appello, l'apparenza della qualità di condòmino, manifestata dalla partecipazione alle assemblee condominiali, non permetteva l'accertamento del reale proprietario dell'immobile, rendendo perciò legittima la pretesa di pagamento dell'appaltatore. La Corte aveva, inoltre, replicato alla contestazione del condòmino apparente sull'entità del debito pro quota a lui riferito, ritenendo che tale quota rappresentava il residuo non pagato, tenuto conto che il secondo intimato aveva adempiuto in parte al pagamento della somma complessiva di lire 63.863.196.
Nel ricorso in Cassazione, il condòmino deduceva la non invocabilità del principio dell'apparenza del diritto e dell'affidamento del terzo ove sussistano specifici mezzi di pubblicità, quali, nella specie, i registri pubblici immobiliari, evidenziando come egli fosse, oltre che amministratore dello stesso Condominio, anche della società proprietaria di alcune unità immobiliari comprese nell'edificio. Inoltre, criticava la mancanza assoluta di motivazione circa la buona fede del creditore e l'affidamento da questo riposto nel fatto che egli avesse agito come condómino in proprio e non quale amministratore della suddetta società. Il terzo motivo di ricorso denunciava la mancata verifica da parte della Corte d'Appello su quale fosse la quota di debito a lui riferibile.
La Cassazione ha ritenuto fondati i motivi del ricorrente, in quanto, in materia condominiale, per le azioni promosse dall'amministratore per la riscossione delle spese condominiali sono passivamente legittimati soltanto i rispettivi proprietari effettivi delle unità immobiliari, e non anche coloro che possano apparire tali. Per l'approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell'edificio condominiale occorre l'autorizzazione dell'assemblea con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, comma 4, c.c. ed è dalla deliberazione di tale assemblea, e non dal rapporto contrattuale con l'appaltatore, che discende l'obbligo dei singoli condomini di partecipare agli esborsi derivanti dall'esecuzione delle opere, ponendosi il condominio (e non ciascun condomino) come committente nei confronti dell'appaltatore stesso. Non si poteva, quindi negare, come fatto dalla Corte d'Appello, la sussistenza di un legame con il dato pubblicitario emergente dalla trascrizione nei registri immobiliari, trattandosi di trarre conseguenze ai fini dell'adempimento di un'obbligazione pecuniaria comunque connessa con la titolarità di un diritto reale di proprietà.
L'accoglimento dei primi due motivi ha assorbito l'esame del terzo motivo, inerente al fatto che la condanna del ricorrente è stata disposta, in violazione del criterio della parziarietà, non in proporzione dell'esatta rispettiva quota millesimale a lui attribuita, ma per l'intero residuo debito verso il creditore rimasto insoluto dopo il pagamento parziale della somma ingiunta effettuato dall'altro moroso intimato.
La Cassazione ha, perciò, accolto il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il terzo, cassando la sentenza impugnata e rinviandola alla Corte d'Appello in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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