Condominio

La puzza del ristorante è un reato

di Paolo Accoti e Saverio Fossati


La puzza del ristorante è un reato: si tratta, per i profani, di “getto pericoloso di cose”, sanzionato dal Codice penale (articolo 674) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206. I ristoratori disinvolti, che annegano i dispiaceri nel fritto dell'anno prima, sono avvertiti.
A sollevare la questione un condòmino disperato, che veniva tormentato dalle emissioni del vicino esercizio pubblico.
E in effetti, anche se la condotta tipica del reato in questione risulta quella del lancio di cose, nondimeno, la fattispecie criminosa è stata ritenuta configurabile anche in presenza di “molestie olfattive”, con l'immissione nell'atmosfera di cattivi odori. Tanto è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza 44257, pubblicata il 26 settembre scorso
La norma fa esplicito riferimento alle «cose atte a offendere o imbrattare o molestare le persone», il che porta a ritenere come la stessa configuri un reato di mero pericolo e che, quindi, ai fini della sussistenza della fattispecie, non è necessario che la condotta in questione abbia anche provocato un effettivo danno alle persone, risultando sufficiente l'astratto pericolo per l'incolumità altrui (cfr.: Trib. Padova, 19/10/2012). Non solo: sulla scorta del fatto che l'art. 674 del Codice penale non elenca le modalità con cui il getto o il versamento di cose debbano essere effettuati, è stato affermato che «rientra nella fattispecie incriminatrice anche la condotta del condominio che, innaffiando i fiori del proprio appartamento per mezzo di un impianto automatico, getta acqua mista a terriccio nell'appartamento sottostante imbrattandone il davanzale, i vetri ed altre suppellettili, provocando altresì la caduta di un pezzo di intonaco all'interno dell'appartamento della parte offesa» (Cassazione, sentenza 15956/2014).
In sostanza, l'imputato è stato giudicato per l'emissione di cattivi odori provenienti da un ristorante dallo stesso gestito, per il quale veniva condannato dal Tribunale di Roma. Proposto appello, poi convertito in ricorso per cassazione, l'imputato sosteneva l'insussistenza della sua condotta e, comunque, l‘assenza di dolo.
Ma la Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha afferma, in ogni caso, che “la sentenza in esame ha fatto buon governo del principio a mente del quale il reato di cui all'art. 674 cod. pen. (Getto pericoloso di cose) è configurabile anche in presenza di molestie olfattive promananti da impianto munito di autorizzazione per le emissioni in atmosfera (e rispettoso dei relativi limiti, come nel caso di specie), e ciò perché non esiste una normativa statale che preveda disposizioni specifiche - e, quindi, valori soglia - in materia di odori>> e che, al fine di valutare la presenza o meno della molestia, si deve tener conto del concetto di <<normale tollerabilità, previsto dall'art. 844 cod. civ. in un'ottica strettamente individualistica”.
La Cassazione non è nuova alla severità sui cattivi odori che rendono impossibile la vita in condominio: con la sentenza 14467/2017 aveva confermato addirittura la condanna di un privato perché nella cucina del suo appartamento si abbandonava a preparazioni con ingredienti che rilasciavano odori da pozione magica, così come sono sati condannati i proprietari di cani abbandonati a loro stessi che creavano un letamaio in giardino (reato di cui agli articoli 110 e 674 del Codice penale) e persino chi si limitava a installare un barbecue (sentenza della Cassazione 15246/2017 con condanna però solo civile).

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