Condominio

Termovalvole, il 25% ancora non in regola

di Silvio Rezzonico e Maria Chiara Voci

Gli incentivi fiscali coprono anche l’installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore. A seconda che i lavori siano eseguiti contestualmente alla sostituzione della vecchia caldaia (con impianto a condensazione, ma non solo) o in un momento successivo si può usare il 65% o il 50%. Chi vive in un palazzo con riscaldamento centralizzato (anche teleriscaldamento) dovrebbe aver già affrontato la trasformazione del proprio impianto: il termine ultimo (dopo l’ultima proroga decisa lo scorso dicembre) per mettersi in regola, dotandosi di valvole e misuratori in ciascun appartamento, è scaduto il 1° luglio 2017.

Il nodo del mancato adeguamento alla legge sta venendo al pettine man mano che procedono i sopralluoghi da parte delle ditte incaricate della gestione e manutenzione delle caldaie (i primi ad accendere i caloriferi sono il 15 ottobre i comuni della zona climatica E, quella in cui rientrano grandi centri abitati come Milano). Anche se non esistono dati ufficiali, è opinione condivisa fra le associazione dei proprietari e quelle dei consumatori che il 20-30% dei condomini in Italia non abbia ancora attuato le disposizioni del decreto 102/2014 e del successivo 141/2016. Soprattutto nel Centro-Sud. C’è anche chi azzarda a chiedere una nuova proroga. Questa strada, tuttavia, non pare percorribile, visto che le dilazioni sono state più d’una e, soprattutto, la legge italiana attua (pena infrazione) una norma comunitaria, cioè la 2012/27/CE.

Anche l’interpretazione secondo la quale basterebbe – per non incorrere nelle sanzioni amministrative – deliberare in assemblea l’esecuzione dei lavori, rimandando ad aprile (a riscaldamenti spenti, visto che le termovalvole possono essere applicate ai radiatori solo se questi sono scarichi di acqua) l’effettiva installazione dei dispositivi, non pare realistica. Sul punto, lo stesso ministero dello Sviluppo economico è intervenuto nel giugno scorso rispondendo a una faq. Chi non si è adeguato in tempo, rischia una multa da 500 a 2.500 euro. Le ispezioni scattano a campione e sono disposte dalle Province e dai Comuni sopra i 40mila abitanti (e dagli organismi da questi incaricati): gli enti, per procedere, controlleranno innanzitutto il cosiddetto catasto degli impianti, che in molti territori è attivo e implementato su sistema informatico. È importante, a questo proposito, sottolineare che la responsabilità ricade sui singoli (al contrario, è riferita al condominio l’ammenda per la mancata ripartizione delle spese secondo la norma Uni 10200 o i criteri andati nel Dlgs 102/2014). Sono esentati dall’obbligo solo i palazzi che, per comprovati motivi tecnici e dietro la presentazione di una relazione firmata da un professionista abilitato, riescono a dimostrare che non si otterrebbe un vantaggio in termini di costi-benefici dall’installazione.

Un’ulteriore questione riguarda l’impatto che la termoregolazione e contabilizzazione sta avendo e avrà sul mercato immobiliare. A seconda della posizione e dell’esposizione al sole di un unità abitativa all’interno di un palazzo, chi lo abita è costretto a regolare le valvole per ottenere maggiore o minore prelievo dalla caldaia. Siccome le spese, a valle dell’installazione di valvole e sistemi di contabilizzazione, avviene sulla base degli effettivi consumi (fatto salvo per una quota, in genere pari al 30%, che continua a essere ripartita sulla base dei millesimi a copertura delle spese di gestione e delle dispersioni dell’impianto) è un’ipotesi più che concreta che si creeranno numerose disparità nella spesa che ciascun condomino dovrà affrontare. Una variabile che, con il tempo, potrebbe incidere fra i criteri di forza o debolezza nella compravendita delle singole unità immobiliari. La situazione emergerà, probabilmente, con il tempo: per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi la suddivisione può anche essere fatta in base ai soli millesimi di proprietà.

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