Condominio

Lite sull’antenna, la Cassazione non può riesaminare i «fatti»

di Valeria Sibilio

L'evoluzione del sistema radiotelevisivo ha portato, negli ultimi cinquant'anni, ad una proliferazione di antenne poste sui tetti condominiali, con conseguenti problematiche relative sia alla salvaguardia ambientale e paesaggistica che al loro stesso diritto di installazione. L’ordinanza della Cassazione 21314 del 2017 ha interessato un caso nel quale due condòmini hanno convenuto, dinanzi al Tribunale, una società, proprietaria di una delle unità immobiliari condominiali e il condominio stesso chiedendo la rimozione di un'antenna, al servizio della suddetta unità immobiliare, posta sul lastrico solare dell'edificio ed al risarcimento dei danni. La sentenza di secondo grado, ribaltando quella del Tribunale, accoglieva il gravame della società in quanto i giudici ritenevano che le prove acquisite supportassero l'eccezione di usucapione, essendo emerso che l'antenna in questione era stata collocata sul tetto dell'edificio sin dal 1976 con la piena accondiscendenza di uno dei due condòmini, il quale solo in un secondo momento si era lamentato delle modalità di fissaggio, che avevano provocato la spaccatura del lastrico solare. Ricorrendo in Cassazione, i condòmini vedevano respinte le loro due motivazioni di ricorso, in quanto la prima rimetteva in discussione l'apprezzamento dei fatti compiuto dai giudici d'appello attraverso l'analisi degli elementi di valutazione disponibili e delle prove acquisite. Un'attività sottratta al sindacato di legittimità, nel cui ambito non è consentito alcun riesame del merito della causa. La seconda veniva giudicata anch'essa inammissibile nei profili relativi alle riproduzioni fotografiche, la cui produzione fu richiesta per la prima volta nel giudizio d'appello dai ricorrenti e per tale ragione non ammessa; il vizio prospettato, infatti, non incide sulle ragioni che hanno condotto i giudici d'appello a ritenere inammissibile la produzione. Gli ermellini hanno, perciò, rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 2.200,00 di cui euro 2.000,00 per compensi, oltre IVA, CPA e spese generali, pari al 15 % sui compensi.

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