Condominio

Fumi e miasmi in condiminio, il giudice di merito non è vincolato ai profili tecnici

di Valeria Sibilio

I casi di problemi derivanti da fumi provenienti dalla caldaie sono molto frequenti nei complessi condominiali e possono innescare cause tra condomini provocati dall'apparente fastidio. La Cassazione, con sentenza 20555 del 2017 (relatore Antono Scarpa), ha analizzato il caso di una condòmina che, dopo l'esito negativo nei giudizi in primo e secondo grado, aveva proposto ricorso per ottenere l'accertamento dei vizi dell'immobile, vendutole da una società immobiliare, e la condanna di quest'ultima all'eliminazione delle esalazioni di fumi di scarico dalle caldaie degli appartamenti sottostanti, dei miasmi provenienti dal pozzo nero di proprietà del condominio che comprende l'appartamento dell'attrice e degli allagamenti - in occasione delle piogge - per l'inidoneità degli scarichi delle acque. Il Condominio chiamava in garanzia la società assicuratrice mentre resisteva con controricorso uno dei proprietari degli appartamenti. Sia il Tribunale che la Corte d'Appello avevano rigettato tutte le domande essendo risultato, dalla perizia effettuata, che le caldaie erano conformi alla normativa esistente all'epoca della loro installazione, che lo sfiato era correttamente collocato sulla copertura del tetto senza emettere miasmi intollerabili e che, dopo riparazione del filtro dello scarico di raccolta delle acque, il deflusso delle stesse era ritornato regolare senza allagamento. Inoltre non era stata provata l'intollerabilità delle immissioni di gas di scarico derivanti dalle caldaie, come anche delle esalazioni provenienti dalla fossa biologica. La Cassazione rigettava anch'essa il ricorso, in quanto, trattandosi di controversia nella quale i profili tecnici rivestono un aspetto determinante, la perizia rappresenta un elemento esaustivo e completo, ai fini della risoluzione delle questioni. Stessa considerazione è valsa per la presunta non conformità ai progetti ed alle certificazioni degli impianti termici installati negli appartamenti sottostanti quello dell'attrice. Per la Cassazione, il giudice civile non è necessariamente vincolato dalla normativa tecnica prescritta per limitare l'inquinamento ed i consumi energetici, e, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell'ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo motivatamente al giudizio di intollerabilità, sulla scorta di un prudente apprezzamento di fatto che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica, e che rimane, in quanto tale, insindacabile in sede di legittimità. Spetta, perciò, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell'ambito della stessa. La Corte ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese processuali sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi.

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