Condominio

Trascrizione del regolamento, la Cassazione chiede la «pubblica udienza»

di Paolo Accoti


In “pubblica udienza” la questione relativa alla necessità o meno della trascrizione del regolamento.
La Corte di Cassazione si prepara nuovamente ad affrontare l'importante questione relativa alla necessità, o meno, della trascrizione del regolamento contrattuale per l'opponibilità dello stesso, ma anche l'altrettanto fondamentale argomento relativo alla natura di questa eccezione.
In altri termin,i se l'eccezione relativa alla mancata trascrizione del regolamento e, conseguentemente, la dedotta inopponibilità dello stesso agli acquirenti, sia una eccezione rilevabile d'ufficio e, in quanto tale, deducibile in ogni tempo ovvero una eccezione “in senso stretto”, rilevabile solo su istanza di parte da sollevare - per non incappare nella decadenza - nella comparsa di costituzione e risposta da depositare venti giorni prima dell'udienza di comparizione, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 166 e 167 Cpc.
Ed infatti, la Corte di Cassazione con l'ordinanza interlocutoria n. 20359, depositata in data 24 agosto 2017, relatore Antonio Scarpa , «reputa che la particolare rilevanza della questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare renda opportuna la trattazione in pubblica udienza, analogamente a quanto previsto dall'art. 380-bis, comma 3, c.p.c., e dunque dispone il rinvio a nuovo ruolo».
Ciò posto, allo stato, la “travagliata” questione relativa alla opponibilità delle clausole limitative dei poteri e delle facoltà spettanti ai condòmini sui singoli appartamenti, può così riassumersi: a) per parte della giurisprudenza, che si ritiene maggioritaria, il riferimento nell'atto d'acquisto dell'immobile del regolamento, purché enunciato in modo chiaro ed esplicito, vincola contrattualmente l'acquirente e il venditore, giacché la sola menzione ne presuppone la conoscenza e l'accettazione (Cass. 17886/2009; Cass. 10523/2003; Cass. 395/1993; Cass. 4905/1990. Da ultimo: Cass. 19212/2016 e Cass. 22310/2016); b) un'altra corrente di pensiero ritiene che le clausole che impongono il divieto di destinare i locali di proprietà esclusiva a determinate attività, devono essere approvate all'unanimità e per avere efficacia devono essere trascritte nei registri immobiliari oppure essere menzionate ed accettate espressamente nei singoli atti d'acquisto (Cass. 6100/93; Cass. 7396/2012: <<non bastando il mero richiamo delle stesse nella nota di trascrizione dall'atto di acquisto>>); c) infine, una giurisprudenza intermedia che ritiene, a seconda della tipologia di clausole, che solo per quelle impositive di una servitù o di un peso ovvero che prescrivano prestazioni positive a carico di alcuni condòmini in favore di altri o di soggetti diversi o, ancora, che pongano limiti il godimento o l'esercizio dei diritti del proprietario dell'unità immobiliare, sia necessaria la trascrizione nei registri immobiliari (Cass. 3749/99; Cass. n. 11684/02; Cass. 14898/13; Cass. n. 17493/14. Da ultimo: 20124/2016).
Per dovere di cronaca, da ultimo la Corte di Cassazione, proprio in merito all'efficacia del regolamento e alla necessità, o meno, della sua trascrizione ha rilevato come: <<il rapporto tra approvazione del regolamento e trascrizione dello stesso va chiarito - alla luce della giurisprudenza di questa Corte (cfr. in particolare Cass. 17 marzo 1994, n. 2546) - nei termini che possono così riassumersi: a) il regolamento condominiale che contenga limitazioni ai diritti di proprietà dei singoli condomini deve essere approvato da tutti i partecipanti al condominio con atto di natura negoziale; b) per avere efficacia nei confronti dei successori a titolo particolare di coloro che hanno approvato dette limitazioni devono essere trascritte nei pubblici registri immobiliari; c) la trascrizione non è tuttavia necessaria se il regolamento è richiamato nei singoli atti d'acquisto, perché in questo caso il vincolo scaturisce non dalla opponibilità, ma dalla accettazione delle disposizioni che limitano i diritti dominicali dei singoli>> (Cass. n. 22582/2016).
La sensazione che si coglie è che nella emananda sentenza la seconda sezione civile della Corte di Cassazione dovrebbe confermare l'orientamento meno restrittivo, e maggioritario, per il quale anche solo il riferimento nell'atto d'acquisto al regolamento, purché chiaro ed esplicito, renderebbe opponibile lo stesso ai condòmini nuovi acquirenti, non fosse altro per conformarsi ai precedenti specifici resi dalla medesima sezione.
Per quanto attiene la seconda questione sul tavolo, quella relativa alla natura processuale di una simile eccezione, nella ordinanza interlocutoria in commento si legge come <<la sentenza impugnata ha dato, in sostanza, seguito ad alcuni precedenti di questa Corte, per lo più remoti, secondo cui il difetto di trascrizione di un atto non sarebbe fatto rilevabile d'ufficio, costituendo, piuttosto, materia di eccezione riservata alla parte che dalla mancata trascrizione pretenda di ricavare conseguenze giuridiche a proprio favore (si vedano Cass. Sez. 2, 27/05/2011, n. 11812; Cass. Sez. 2, 18/02/1981, n. 994; Cass. Sez. 2, 11/10/1969, n. 3288). Peraltro, le Sezioni Unite di questa medesima Corte, con alcune recenti pronunce (Cass. Sez. U, 27/07/2005, n. 15661; Cass. Sez. U, 07/05/2013, n. 10531; Cass. Sez. U, 03/06/2015, n. 11377) hanno progressivamente ridefinito l'ambito processuale delle cosiddette “eccezioni in senso stretto”, ed affermato, per converso, che le cosiddette “eccezioni in senso lato” non sono in alcuna misura subordinate alla specifica e tempestiva allegazione della parte, e dunque non sono soggette ai limiti preclusivi di asserzione e prova previsti per le sole eccezioni in senso stretto>>.
Anche in questo caso la sensazione è quella per cui, anche in virtù dei richiamati precedenti delle sezioni unite, la Corte sia portata a ritenere l'eccezione della opponibilità - o meno - del regolamento, rilevabile d'ufficio e, pertanto, sollevabile in ogni stato e grado del procedimento, senza alcuna decadenza di sorta.

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