Condominio

Assemblea chiusa, decisioni successive senza valore

di Angelo Busani ed Elisabetta Smaniotto

Qualora l'amministratore di un condominio, ritenendo «ingovernabile» un'assemblea condominiale, dichiari chiusa l'assemblea e, di conseguenza, “chiuda” il relativo verbale e poi, insieme ad alcuni condòmini, si allontani «portando con sé il relativo verbale», la riunione condominiale deve considerarsi conclusa e le eventuali successive deliberazioni assunte dai condòmini rimasti in assemblea sono invalide, siccome «avrebbero richiesto la costituzione di una nuova assemblea con una nuova convocazione».
È quanto deciso dalla Cassazione con sentenza del 26 luglio 2017, n. 18569 , che ha valutato la riunione di un'assemblea di condominio che era stata convocata per deliberare in merito al bilancio consuntivo, alla nomina o alla conferma dell'amministratore nonché per l'esame e l'approvazione del bilancio preventivo (si veda anche il Quotidiano del Sole 24 Ore - Condominio del 28 luglio).
Nel corso della riunione vennero sollevate forti contestazioni in ordine alla presenza di taluni partecipanti e alle modalità di nomina del presidente dell'assemblea, determinandosi una situazione ritenuta “ingovernabile” dall'amministratore, il quale, a suo dire, era stato perciò “costretto” ad allontanarsi dalla sala in cui la riunione si svolgeva e a “chiudere” il relativo verbale.
Ciononostante, i condòmini rimasti avevano “aperto” un nuovo verbale, nel quale avevano trascritto le decisioni assunte (nel corso di questa riunione “successiva”) in merito ad alcuni punti indicati nell'avviso di convocazione della adunanza che l'amministratore aveva chiuso.
Dal momento che, ad avviso dell'amministratore e dei condomini allontanatisi dalla riunione, questa seconda riunione si era svolta in modo irregolare, essi si erano rivolti all'autorità giudiziaria deducendo l'invalidità delle deliberazioni assunte in quella sede, in quanto «l'attività compiuta successivamente» «non poteva ritenersi una prosecuzione» dell'assemblea precedente.
Posizione, questa, che è stata alfine condivisa dalla Cassazione, per la quale nel caso osservato si è svolta una «nuova assemblea» che, come tale, avrebbe potuto tenersi solo previa formalizzazione di «una nuova convocazione di tutti i condomini (ivi compresi coloro che si erano allontanati)» e nella quale avrebbero dovuto «essere osservati i quorum costitutivi e deliberativi prescritti per la prima convocazione».
Il punto della questione era, dunque, se il verbale dell'assemblea di condominio, una volta “chiuso”, possa o meno essere “riaperto” e modificato e, in caso positivo, entro quali limiti.
La Cassazione si era già occupata di questo tema in una precedente occasione (sentenza 31 marzo 2015 n. 6552), decidendo che la modifica del verbale di un'assemblea già conclusasi, è legittima solo qualora si debbano eliminare errori materiali (nel caso di specie si era trattato del computo dei millesimi e dell'identificazione dei condomini effettivamente presenti all'adunanza).
Al di là della mera correzione materiale, infatti, non è possibile andare: il verbale dell'assemblea di condominio narra ciò che accade durante l'assemblea e, quindi, una volta “chiuso”, non può essere “riaperto” per riferire di eventi ulteriori rispetto a quelli già fotografati nel verbale “chiuso”: nel caso in cui taluni condomini proseguano la discussione di argomenti posti all'ordine del giorno di un'assemblea già chiusa, si tratta dunque di una nuova assemblea e, come tale, ne è richiesta una nuova convocazione.

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