Condominio

Condhotel, anche i nuovi edifici sono trasformabili

di Gian Lorenzo Saporito e Guglielmo Saporito

Trasformare in appartamenti privati fino al 40% delle strutture alberghiere potrebbe diventare possibile a breve: il Consiglio di Stato ha emesso il 7 agosto il parere n. 1850 sullo schema di decreto che definisce le condizioni di esercizio dei condhotel . Con questa espressione, presente già nell’articolo 31 del Dl 133/2014, si individuano gli alberghi che, con gestione unitaria, hanno unità abitative a destinazione residenziale integrate e complementari, dotate di servizio autonomo di cucina.

Il Consiglio di Stato chiarisce criteri e modalità per rimuovere (in parte) il vincolo di destinazione alberghiera, previa restituzione di eventuali contributi e agevolazioni pubbliche. I problemi maggiori sono quelli urbanistici e dei rapporti tra privati. Sui primi, opera il limite del 40% di superficie dell’albergo, che un po’ rispecchia la già attuale possibilità, all’interno di singole proprietà, di mutare destinazione senza stravolgere le previsioni di piano urbanistico. Quanto ai problemi di proprietà privata, la sentenza 1/2016 della Corte costituzionale definisce «ibrido e complesso» il rapporto tra impresa alberghiera, turisti e proprietari delle unità residenziali cui l’albergo offre i propri servizi.

La chiave del condhotel è comunque la fornitura , «in forma integrata e complementare» dei servizi alberghieri: si prevede «una nuova tipologia di esercizio alberghiero, che si contraddistingue per offrire servizi, oltre che in camere tradizionali, anche in unità residenziali di proprietà di terzi privati».

Potranno diventare condhotel gli alberghi esistenti ma, se la logica è favorire investimenti, il Consiglio di Stato non esclude i nuovi insediamenti.

Presupposti per realizzare un condhotel saranno una riqualificazione eseguita e la classificazione minima di tre stelle. I servizi accessori per le unità abitative a destinazione residenziale dovranno essere erogati per un numero di anni non inferiore a dieci dall’avvio dell’esercizio, con clausola nel contratto di compravendita che, trascritto, conterrà «informazioni sui beni e sugli oneri derivanti dalla gestione unitaria della struttura».

L’unità abitativa, se non utilizzata, potrà essere adibita dal gestore unico a impiego alberghiero, previo consenso del proprietario. Sono anche previsti, a carico del proprietario dell’unità abitativa, alcuni obblighi nella conduzione e negli eventuali interventi edilizi, per avere omogeneità estetica e funzionale.

Più delicati gli aspetti urbanistica, che il parere riconosce di competenza delle Regioni, le quali potranno prevedere modalità semplificate per l’ok a varianti agli strumenti urbanistici da parte dei Comuni. Questi ultimi, se la variante non occorre, potranno concedere lo svincolo alberghiero e il cambio di destinazione a civile abitazione, con possibili frazionamento e alienazione anche per singola unità. Sono prevedibili conflitti, in cui, osserva il parere, prevarrà il legislatore statale se sarà rispettato il principio di leale collaborazione tra Stato e autonomie.

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