Condominio

L’amministratore chiede il decreto ingiuntivo anche se manca la «ripartizione»

di Pierantonio Lisi

Il debito del singolo condòmino al pagamento delle quote condominiali e il corrispondente credito del condominio sono generalmente considerati liquidi, ovvero determinati nel loro preciso ammontare, anche in mancanza di una deliberazione che abbia approvato il riparto, posto che per conoscerne l'esatto importo sono sufficienti mere operazioni di calcolo (purché il condominio sia dotato di tabelle millesimali).
Questo non significa, però, che il credito sia anche certo, facilmente determinabile e incontestabile, come l'esperienza quotidiana dimostra. Si tratta, tuttavia, di quella tipica incertezza che sempre accompagna l'applicazione di una norma.
I protagonisti di una vicenda concreta, infatti, possono non essere d'accordo su quali siano le norme da applicare: il caso – perciò stesso – diventa controverso e la situazione giuridica incerta. Per dirimere il contrasto e l'incertezza hanno a disposizione due strumenti: a) il ricorso al giudice che, con una sentenza cosiddetta dichiarativa, accerterà, cioè fotograferà, la situazione giuridica esistente; b) la stipulazione di un accertamento convenzionale che consenta alle parti di ottenere lo stesso risultato in via consensuale anziché giudiziale, mediante un accordo ricognitivo di una situazione giuridica esistente che non ci si propone di modificare. In entrambi i casi alle parti sarà preclusa ogni futura contestazione in ordine alla stessa questione.
Tornando alla materia condominiale, dunque, le contestazioni sul criterio di riparto da applicare a una certa spesa – se, per esempio, vada applicato il criterio dettato per i lastrici o quello per i solai – non determinano l'illiquidità del credito relativo ai contributi condominiali, ma ne fanno un credito controverso, cioè incerto: le parti, infatti, non concordano sulla norma da applicare al caso concreto. Detta incertezza, ecco la peculiarità della disciplina del condominio, può essere rimossa, oltre che da una sentenza dichiarativa o da un accordo di accertamento tra tutti i condomini, mediante una deliberazione di ripartizione della spesa adottata a maggioranza, che – in caso di mancata impugnazione nei ristretti termini di legge – diventa irretrattabile al pari di una sentenza passata in giudicato, anche (e soprattutto) quando abbia applicato il criterio sbagliato.
La delibera di ripartizione non impugnata, dunque, produce un effetto sostanziale di accertamento del credito relativo al versamento dei contributi condominiali, con effetto preclusivo delle contestazioni sul suo ammontare connesse all'applicazione di un criterio errato.
Ne derivano alcune conseguenze di rilievo.
Innanzitutto, proprio perché la delibera di riparto accerta ma non genera il credito, l'amministratore può agire per il recupero dei contributi anche in mancanza di uno «stato di ripartizione» approvato dall'assemblea, pur non potendosi avvalere dello strumento del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (Cassazione 10621/ 2017). In tal caso, è l'amministratore a provvedere sotto la sua responsabilità alla quantificazione dell'importo dovuto, che passa attraverso l'individuazione del criterio di ripartizione applicabile. Detto importo, però, resta contestabile da ogni condòmino. Le stesse conclusioni, poi, valgono, pur in presenza di una delibera di riparto, rispetto ai soggetti coinvolti nella vicenda che, al momento dell'approvazione della delibera, non siano condomini o non lo siano più. L'effetto di accertamento dell'atto collegiale, infatti, non può che restare circoscritto alla compagine condominiale che l'ha adottato e non anche a chi abbia già alienato la propria unità immobiliare, pur restando tenuto al versamento di certi contributi.
L'altra conseguenza di rilievo consiste nella insanabile nullità delle deliberazioni con cui i condòmini intendano ripartire una certa spesa in deroga, anche una tantum, ai criteri legali o convenzionali applicabili (Cassazione, 2301/ 2001). In tal caso, infatti, i condòmini non si limitano ad accertare la situazione giuridica esistente, come avviene con la delibera di riparto, ma si propongono di modificarla. Risultato questo che si può conseguire soltanto mediante un atto convenzionale dispositivo, diretto – cioè – a modificare, e non solo ad accertare la situazione giuridica preesistente.
Pierantonio Lisi

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©