Condominio

Quando è permesso l’uso esclusivo dei beni comuni

di Edoardo Valentino

Il condominio è costituito da parti private e parti comuni. In linea generale è corretto affermare che il singolo condomino possa godere e disporre del proprio appartamento in modo illimitato (salvi i limiti del disturbo dei vicini e delle immissioni), mentre possa fare un uso limitato della cosa comune.
E' chiaro infatti che i beni comuni dello stabile sono asserviti alla generalità dei condomini e non possono, sempre in via generale, essere asserviti all'uso di uno solo dei proprietari.
Tali principi recano però delle eccezioni.
In particolare l'ordinamento consente ai singoli condomini l'utilizzo anche esclusivo e idiosincratico della cosa comune, in presenza di alcuni elementi.
L'articolo 1102 del Codice Civile prevede infatti che “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.
Tale norma consente al proprietario di utilizzare un bene comune, ma tale diritto è vincolato al rispetto di alcuni limiti.
In prima battuta l'utilizzo della cosa comune non deve alterare la destinazione della stessa e deve consentire un uso simile agli altri condomini.
La Cassazione ha avuto modo di affermare che “In tema di condominio, ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini” (Cassazione Civile Sezione II, 16 luglio 2004, numero 13261).
La nozione di pari uso non va peraltro intesa in senso di uso “identico”, che sarebbe nella maggior parte dei casi fisicamente impossibile, tanto che è normalmente ammesso che un condomino faccia un uso più intenso della cosa rispetto agli altri: è però necessario che ciascuno abbia il diritto ad usare potenzialmente della cosa al pari degli altri.
Si pensi all'esempio dell'istallazione della canna fumaria sul muro condominiale, è chiaro che un pari uso prevedrebbe l'apposizione di un altro tubo nello stesso spazio occupato dalla prima installazione, che sarebbe fisicamente impossibile.
La nozione di uso paritetico, invece, consente di interpretare la norma nel senso in cui il singolo condomino ha diritto di apporre la canna fumaria, a patto che non occupi tutto lo spazio disponibile sul muro e consenta altre installazioni nello spazio lasciato libero per gli altri condomini.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, “La nozione di pari uso della cosa comune, agli effetti dell'art. 1102 c.c., non va intesa nei termini di assoluta identità dell'utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, in quanto l'identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell'oggetto della comunione” (Cassazione Civile Sezione II, 14 aprile 2015, numero 7466).
Un altro limite all'utilizzazione del bene comune, inoltre, è che questo uso non costituisca una lesione alla stabilità del palazzo o al decoro architettonico dello stesso.
E' chiaro infatti che una installazione di un manufatto su un bene comune (si pensi in questo caso alla apposizione di pannelli solari di un privato sul tetto condominiale) non dovrà costituire un pericolo per la sicurezza dello stabile o rischiare di comprometterne l'impatto visivo, la simmetria o le linee architettoniche dello stesso.
E' chiaro come detti criteri siano in parte tecnici e in parte soggettivi, e che l'interpretazione dell'impatto del manufatto spetti – in ultima analisi – all'autorità giudicante.
Si può affermare, però, che è altresì importante notare la rilevanza del contesto nel quale viene effettuata l'installazione, dato che un palazzo storico o di particolare bellezza potrebbe non tollerare alcun intervento di carattere architettonico senza che vi sia una compromissione del decoro.
Da ultimo, prima di effettuare qualsiasi intervento che comporti un uso esclusivo del bene condominiale, è opportuno sincerarsi dell'assenza di precisi divieti nel regolamento condominiale contrattuale.
Nel regolamento, difatti, potrebbero essere stati previsti limiti che impedirebbero l'utilizzo del bene.
Tali limiti, tuttavia, non possono essere generali e astratti, ma individuare con certezza i comportamenti vietati ai condomini, pena l'inapplicabilità degli stessi.
In conclusione, quindi, il singolo condomino può lecitamente effettuare un uso privato del bene comune, questo però, per essere consentito ed evitare controversie con gli altri condomini e con lo stesso stabile, deve rispettare i limiti sopra discussi.

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