Condominio

Portiere licenziato con lettera a mano consegnata da un condòmino

di Valeria Sibilio

Tra le vicende condominiali che trovano una risoluzione a livello giudiziario, può capitare anche quella nella quale l'oggetto del disaccordo si interseca con una devastante problematica sociale: il licenziamento. Come in un caso giunto in Cassazione nel quale il fatto in causa era rappresentato dal licenziamento, da parte dell'amministratore del condominio, di un portiere al quale era stata comunicata tale decisione tramite raccomandata, consegnata a mano da uno dei condòmini. Comunicazione scritta che il lavoratore aveva, tuttavia, rifiutato di sottoscrivere, dando vita ad un contenzioso legale.
La Corte d'Appello confermava la sentenza del Tribunale la quale aveva ritenuto idonea la comunicazione per iscritto dei motivi del licenziamento e di conseguenza efficace il recesso, sul rilievo del tentativo di consegna della lettera raccomandata e del rifiuto alla sottoscrizione del lavoratore. A quest'ultimo, ricorrente in Cassazione, resisteva il condominio con controricorso. Gli ermellini, con sentenza 18661/2017, non accoglievano il ricorso, premettendo che, in tema di consegna dell'atto di licenziamento nell'ambito del luogo di lavoro, il rifiuto del destinatario di riceverlo non esclude che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta.
Nella specie, la Corte di appello aveva accertato che il ricorrente, dopo avere richiesto la motivazione per iscritto del recesso, si era rifiutato di sottoscrivere la comunicazione in cui l'amministratore gli specificava i motivi del licenziamento. Accertamento che la Corte ha fondato sulle risultanze delle dichiarazioni rese dal testimone che aveva ricevuto l'incarico da parte dell'amministratore del condominio, oltre ad una valutazione di attendibilità del testimone. La Cassazione ha considerato, inoltre, inammissibile la parte in cui il ricorrente aveva affermato di avere sempre contestato, sin dall'atto introduttivo del giudizio, l'esistenza di una comunicazione per iscritto dei motivi del licenziamento, non essendo stati trascritti gli atti processuali dai quali poter fare emergere tale contestazione.
Per gli ermellini, ogni ricorso deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito.
Per questi motivi, la Corte ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compenso professionale, oltre al rimborso delle spese generali pari al 15% ed agli accessori di legge, oltre al versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©