Condominio

Acquirente «solidale» per cinque anni

di Antonio Scarpa

È stata presentata alla Camera il 22 giugno 2017 da Alessandro Zan la proposta di legge 4560 (anche sulla base delle proposte raccolte da Anaci Padova dopo l’indagine sulla riforma del 2012) contenente modifiche agli articoli 67, comma 5, e 63, comma 4, delle disposizioni di attuazione del Codice civile, introdotti dalla riforma del condominio del 2012.

Il primo intervento, volto ad eliminare il divieto del conferimento di deleghe all’amministratore per la partecipazione all’assemblea, sembra del tutto ragionevole, visto che contraddittoriamente la riforma ha più volte individuato l’amministratore come un “mandatario” dei condomini, per poi presumere che lo stesso, in qualsiasi deliberazione, sarebbe sempre portatore di ragioni proprie. D’altro canto, l’articolo 67 delle Disposizioni di attuazione immagina pure che i condòmini, nei condomìni con più di sessanta partecipanti, debbano delegare a un rappresentante “fisso” (anche coincidente con l’amministratore del singolo condominio) il loro voto nelle assemblee per la gestione ordinaria delle parti comuni. A evitare situazioni di conflitto di interessi dell’amministratore delegato, ove si tratti di esprimere il voto in assemblea su questioni attinenti alla sua gestione, basterebbe che la delega scritta contenesse precise istruzioni del delegante.

Molto più problematica è la seconda modifica proposta. Si estende il vincolo solidale di chi compera un’unità immobiliare al pagamento di tutti i contributi maturati nel quinquennio antecedente all’acquisto, con l’obbligo per l’amministratore di fornire «anche al condòmino acquirente» l’attestazione relativa allo stato dei pagamenti, di cui all’articolo 1130, n. 9, del Codice civile. Si aggiunge che tale attestazione «va allegata al contratto»” che trasferisce la proprietà.

Il problema sta nell’utilizzo della locuzione «condòmino acquirente». Fino a che non sia concluso l’atto definitivo di vendita, lo status di condòmino spetta, infatti, ancora a chi sta vendendo. Prima di tale momento, quindi, non esiste un «condòmino acquirente», che possa perciò legittimarsi di fronte all’amministratore per ottenere l’attestazione delle morosità.

A oggi, e nulla così cambierebbe, l’amministratore può lecitamente comunicare i dati personali relativi ai condomini morosi soltanto ai terzi creditori del condominio e a chi sia già “condòmino”, non a chi intenda diventarlo. Né servirebbe affermare che può ottenere l’attestazione delle morosità, per esempio, il promissario acquirente di un appartamento in forza di preliminare trascritto, semmai immediatamente immesso nel possesso del bene.

Perché la nuova norma abbia un senso, mancando un sistema generale di pubblicità degli oneri condominiali insoluti, occorrerebbe riconoscere al potenziale compratore un diritto a conoscere che sta subentrando in cinque anni di morosità maturate prima che si sia ormai già obbligato a comprare, e comunque prima che diventi un «condòmino acquirente». Né è chiaro quale conseguenza derivi in caso di mancata allegazione al contratto di vendita dell’attestazione inerente le morosità. Non trattandosi di documento relativo alla proprietà o all’uso della cosa venduta, ai sensi dell’art. 1477, comma 3, codice civile, la violazione dell’obbligo di allegare l’attestazione sulla morosità non comporterebbe la risoluzione del contratto in danno del venditore, ma, al più, un risarcimento dei danni.

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