Condominio

Senza permesso niente tettoia

di Rosario Dolce

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con Sentenza 3495/2017 del 27/06/2017 , ha statuito che la realizzazione di una tettoia è soggetta al permesso di costruire, in quanto essa incide sull'assetto edilizio preesistente, per cui la relativa realizzazione abusiva postula un illecito di carattere permanente, in sé insanabile con il decorso temporale.
La realizzazione di una tettoia, nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, resta subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10 comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380/2001, laddove comporti una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce. E ciò viepiù nei casi in cui le dimensioni della tettoia siano di entità tale da non poter più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione dell'accessorietà, nell'edificio principale o della parte dello stesso cui accedono, al quale, viceversa, arrecano una apprezzabile alterazione.
In altri termini, la realizzazione di una tettoia - come nel caso di una pensilina -, pur avendo le medesime finalità di arredo, riparo o protezione anche dagli agenti atmosferici, determina la necessità del permesso di costruire nei casi in cui sia da escludere la relativa natura precaria o pertinenziale dell'intervento (Consiglio di Stato, Sez. V, 28 aprile 2014 n. 2196).
Per la debita rimozione, inoltre, non rileva il lungo lasso temporale trascorso dalla commissione dell'abuso alla messa in esecuzione del provvedimento amministrativo di rimozione da parte dell'ente locale competente.
L'illecito edilizio ha, infatti, carattere permanente; esso si protrae e conserva nel tempo la sua natura, ragione per cui l'interesse pubblico alla repressione dell'abuso è in re ipsa. L'interesse del privato al mantenimento dell'opera abusiva è, quindi, recessivo rispetto all'interesse pubblico all'osservanza della normativa urbanistico edilizia e al corretto governo del territorio (tra le tante richiamate, Cons. Stato, VI, 2 febbraio 2015, n. 474).
E' stato altresì affermato che la repressione degli abusi edilizi costituisce espressione di attività strettamente vincolata e non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione, potendo la misura repressiva intervenire (e in modo del tutto legittimo) in ogni tempo, anche a notevole distanza dall'epoca della commissione dell'abuso.
Non sussiste quindi alcuna necessità di motivare in modo particolare un provvedimento col quale sia stata ordinata la demolizione di un manufatto, quando sia trascorso un lungo periodo di tempo tra l'epoca della commissione dell'abuso e la data dell'adozione dell'ingiunzione di demolizione, poiché l'ordinamento tutela l'affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione e il consapevole mantenimento in loco di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività illecita del privato (in tal senso: Cons. Stato, VI, 5 gennaio 2015, n. 13)”

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