Condominio

Legittimo staccare gas e contatore al cliente moroso

di Fabio Polettini

La Corte di appello di Brescia, con la sentenza 34/2016, è intervenuta in una vertenza fra società di distribuzione e cliente finale sul diritto del distributore, in presenza di cessazione amministrativa (per impossibilità di interruzione dell’alimentazione del punto di consegna dovuta alla inaccessibilità del contatore), di procedere alla disalimetazione del sito somministrato e alla restituzione e rimozione del contatore di gas metano installato presso l’utente.

Il caso trae origine dall’inadempimento di un cliente finale agli obblighi di pagamento del corrispettivo di un contratto di somministrazione di gas naturale, a seguito del quale la società venditrice della materia prima aveva richiesto a quella distributrice (proprietaria della rete di trasporto del gas) di sospendere la erogazione della fornitura a causa della morosità, in base all’articolo 13 del Testo integrato per la morosità del gas (cosiddetto Timg, delibera dell’Aeegsi n.99/11 e successive modificazioni).

A seguito della cessazione amministrativa della fornitura, il distributore aveva applicato il servizio di “default” , come previsto nell’articolo 17 del Timg. Il giudizio era stato esperito poiché l’articolo 40.2 del cosiddetto Tivg (Testo integrato delle attività di vendita di gas naturale distribuito a mezzo di rete urbana, delibera dell’Aeegsi n.69/09 e successive modificazioni) prevede che, nell’ipotesi di attivazione del servizio di default, l’azienda di distribuzione sia tenuta ad attivarsi per la disalimentazione fisica del punto di consegna, ricorrendo, ove ciò non sia possibile, anche alle più opportune iniziative giudiziarie finalizzate all’esecuzione forzata di tale attività.

In primo grado di giudizio il Tribunale di Cremona aveva respinto, con ordinanza ex articolo 702 ter del Codice di procedura civile, la pretesa di parte ricorrente che, a quel punto, aveva adìto la Corte di appello distrettuale.

Il giudice di primo grado ha fondato i motivi del rigetto su due aspetti: il mancato adempimento all’onere probatorio di dimostrare sia la morosità della convenuta, sia l’entità del debito e la impossibilità del regolatore di derogare, attraverso la propria normativa di fonte secondaria, la disciplina di rango primario costituita dal Codice civile e, in particolare, dagli articoli 1564 e 1565, alla stregua dei quali per risolvere il contratto di somministrazione si richiede pur sempre la «notevole importanza», la cui valutazione spetta al giudice. Sul punto, quindi, posto che il giudice ordinario, ex articoli 4 e 5 della legge 2248/1865, allegato E), non può annullare o revocare gli atti amministrativi regolamentari illegittimi, ma deve disapplicarli, il Tribunale aveva risolto la controversia ignorando i deliberati del regolatore che facevano riferimento ai criteri dell’articolo 5.2 della delibera 99/2011, Timg, che dispongono il divieto di chiusura del punto di consegna per morosità del cliente ove l’importo del debito sia di entità inferiore o pari alla cauzione.

Chiamata al giudizio in grado superiore, la Corte ha ristretto il campo di sua valutazione al cruciale punto della esistenza o meno di un diritto al distacco dell’utenza e alla asportazione del misuratore del gas. Infatti, respinta la censura mossa dall’azienda distributrice in ordine ai requisiti di legge necessari a ritenere legittima la risoluzione del contratto in base all’articolo 1564 delCodice civile (dal momento che si era già provveduto ad inserire il cliente nel servizio di default) e ritenuta assorbita nel precedente tema la critica concernente il rango da assegnare alle fonti regolamentari dell’Aeegsi, i giudici di appello hanno concluso per la piena legittimità del diritto di procedere alla disalimentazione fisica del contatore e alla sua rimozione.

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