Condominio

Delega in assemblea: una guida per non sbagliare

di Anna Nicola

L'Art. 67 disp. Att. c.c., rubricato “La delega in assemblea e la rappresentanza nel condominio complesso” così recita: “Ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale. Qualora un'unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell'art. 1106 c.c.
Nei casi di cui all'art. 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'art. 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l'autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all'autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell'amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.
Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea dei rappresentanti dei condominii. L'amministratore riferisce in assemblea.
All'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione qualunque assemblea. L'usufruttuario di un piano o porzione di piano dell'edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all'ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni. Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi in cui l'usufruttario intenda avvalersi del diritto di cui all'art. 1006 del codice ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 del codice. In tutti questi casi l'avviso di convocazione deve essere comunicato sia all'usufruttuario sia al nudo proprietario. Il nudo proprietario e l'usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all'amministrazione condominiale.
L'art. 67 disp. Att. C.c. legittima la presenza in assemblea del condomino che attribuisce la delega a un altro soggetto: il primo partecipa alla riunione grazie all'intervento del secondo, intervento che deve essere consacrato in un documento scritto (Cassazione, 27 marzo 1998, n. 3251)
Ogni condomino è libero di scegliere di prendere parte alla riunione o di non essere presente. Può trovarsi nell'impossibilità di presenziare, pur avendo desiderio di esprimere il proprio voto sui temi posti all'ordine del giorno. In questo caso, conferisce il mandato ad un terzo, anche condomino, affinché sia presente in sua veste ed esprima la sua volontà. Il primo assume la veste di delegante mentre il secondo quella di delegato. La delega fa nascere un rapporto di mandato, a cui sono estranee tutte le altre persone che partecipano alla riunione. Poiché il rapporto è esclusivamente tra i primi, solo il delegante può far valere eventuali vizi che dovessero inficiare l'atto di delega. Alla delega si applicano le disposizioni di cui agli artt. 1703 e segg. C.c. (Cassazione Civile, Sez. II, 30.01.2013, n. 2218; Cassazione, sez. II Civile, 19 giugno 2013, n. 15415; Cass. Civ., Sez. II, 30/1/2013, n. 2218; Cass. civ. Sez. II, 07/07/2004, n. 12466; Cass. n. 4531/03)
Mentre è richiesto il rilascio per iscritto della delega, non viene specificato il suo contenuto, anche minimo. Ci si chiede se è sufficiente l'indicazione del rappresentante e del rappresentato per una determinata riunione o se deve essere altresì indicata la volontà del primo, a cui il secondo è vincolato. In applicazione di una recente sentenza della Suprema Corte (Corte di Cassazione n. 18192/2009), pare non essere richiesta l'indicazione della volontà del rappresentato. Tuttavia questioni di opportunità farebbero propendere per indicare nella delega il voto che il condomino intende esprimere per singolo argomento. Così facendo si ha la certezza dell'oggetto della singola delega e si alleggerisce l'eventuale onere probatorio in caso di controversia. Applicandosi la disciplina del mandato, il delegato è tenuto a seguire le direttive e la volontà del suo rappresentato, non potendo discostarsene (Cassazione Civile, Sez. II, 30.01.2013, n. 2218; Cassazione n. 18192/2009
Non viene precisato se la delega deve essere esibita al presidente della riunione affinché si prenda atto della validità dell'intervento. Quest'adempimento si ritiene necessario e opportuno al fine del controllo della valida costituzione dell'assemblea, sotto il profilo del rispetto del quorum costitutivo, dando atto della presenza del condomino per mezzo di un soggetto terzo. Gli stessi principi domandano che la delega sia allegata al libro verbali (Cass. civ. Sez. II Sent., 13/11/2009, n. 24132)
Il presidente della riunione, al pari del segretario, non è una figura necessaria. Se non viene nominato, l'esibizione di questo documento è nei confronti dell'assemblea.
L'art. 67 disp. Att. C.c. sancisce il divieto di raccolta di un certo numero di deleghe: se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale dell'edificio. Prima di dare inizio ai temi da discutere, bisogna verificare il numero di deleghe attribuite complessivamente a una stessa persona per la riunione che si sta per svolgere. Quest'onere viene svolto dal presidente dell'assemblea, ove nominato. Se non vi è, vi procede la stessa assemblea. L'indicazione della percentuale delle deleghe è corretta in quanto, in ragione del precedente silenzio normativo, non si aveva certezza sul limite massimo di attribuzione di mandati al medesimo soggetto. Il dato numerico che si ricava è che occorre considerare il numero totale dei condomini del medesimo edificio: la delega non può oltrepassare numericamente il valore di un quinto della totalità collettiva e del totale dei millesimi. Dalla lettura della norma si desume che i condomini possono essere tutti presenti tramite la delega. Il limite numerico è nei confronti di un medesimo soggetto. Il singolo rappresentante degli abitanti dell'edificio può cumulare un tot di deleghe nel rispetto del limite qui previsto. Se ogni delegato rispetta questo dato numerico, la riunione può essere formata anche solo da soggetti terzi delegati.
Non si conosce la sanzione in cui si incorre, se viene violata la previsione numerica di deleghe. Non è indicato cosa può accadere nel caso di violazione del numero legislativamente indicato. Ci si domanda se si tratta di un motivo che invalida la presenza, per il tramite del rappresentante, di tutti i soggetti deleganti –e quindi, eventualmente, della riunione, numericamente insufficiente- ovvero se può comportare la sola invalidità delle deleghe conferite in più. Se fosse in quest'ultimo senso, spesso ci si troverebbe nella concreta difficoltà di comprendere quali sono quelle da considerare valide –sotto il profilo del rispetto numerico di quanto sancito dalla norma- e quali no, ove esse siano rilasciate nel medesimo giorno. La violazione in esame comporta l'annullabilità della decisione assunta nella riunione nel caso in cui questa raggiunga le maggioranze richieste per il tema trattato considerando le presenze dei soggetti per il tramite delle deleghe invalide. Potrebbe infine essere affermata l'invalidità della riunione, senza entrare nel merito del calcolo delle maggioranze, in ragione dell'eccesso di deleghe, non raggiungendo il numero legale di costituzione della riunione considerando i soggetti validamente presenti (quindi, esclusi i soggetti di cui alle deleghe). La giurisprudenza prima della novella si è espressa in termini di annullamento della decisione, trattandosi di una questione attinente al procedimento collegiale (Cass. n. 7402/86)
Questa osservazioni è corretta in quanto è concreta applicazione del principio affermato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite n. 4806/2005 che qualifica i vizi del procedimento collegiale in termini di annullamento della deliberazione.
In ragione dell'introduzione del dettato normativo in tema di numero di deleghe, se il regolamento di condominio contempla una clausola che permette la presenza per rappresentato di un numero superiore a quello qui sancito, si potrebbe concludere per la nullità della clausola e per la sua sostituzione ope legis con il dettato normativo. Questa operazione è possibile se l'art. 67 disp. Att. C.c. si qualifica in termini di norma di interpretazione autentica.
Terminato il tema della delega, la norma disciplina la presenza nella riunione di condominio di chi è contitolare di un'unità immobiliare.
Il rappresentante di coloro che sono titolari di proprietà indivisa di un immobile in condominio è previsto dal comma 2 dell'art. 67 disp. Att. C.c. La formulazione è la seguente: “Qualora un'unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell'art. 1106 c.c.”. La prima differenza normativa rispetto alla versione precedente è sottile: mentre il testo anteriore si esprimeva in termini di piano o porzione di piano in comproprietà, la novella è in termini di unità immobiliare. Si tratta di fattispecie che pare più consona alla realtà. Non è più contemplata l'ipotesi della nomina del rappresentante comune da parte del presidente della riunione: la relativa abrogazione è corretta se solo si considera che il presidente è estraneo alla realtà dell'unità in comproprietà. Se i contitolari non riescono a nominare il proprio rappresentante, la mancata nomina comporta l'impossibilità di presenziare alla riunione. Il rappresentante comune può essere nominato per scelta volontaria dei comproprietari dell'alloggio nel rispetto del dettato di cui all'art. 1106 c.c., rubricato “Regolamento ed amministratore” in tema di comunione. Questa norma così dispone: “Con la maggioranza calcolata nel modo indicato dall'articolo precedente, può essere formato un regolamento per l'ordinaria amministrazione e per il miglior godimento della cosa comune. Nello stesso modo l'amministrazione può essere delegata ad uno o più partecipanti, o anche a un estraneo, determinandosi i poteri e gli obblighi dell'amministratore”. Il rimando all'art. 1105 c.c. è con riferimento al suo secondo comma: la nomina del rappresentante avviene a maggioranza determinata dal valore delle quote dei singoli (Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 1996, n. 1206; Cass. civ., sez. III, 11 novembre 1992, n. 12119: Cass. civ., sez. III, 5 novembre 1990, n. 10611: Cass. civ., sez. III, 28 luglio 1990, n. 1630)
L'eventuale conflitto di interesse in cui si può trovare l'amministratore del condominio viene risolto in radice dall'ultimo comma dell'art. 67 disp. Att. C.c. L'amministratore del condominio non può mai assumere il ruolo di delegato. E' vietato in modo assoluto che il mandatario dell'edificio possa rappresentare un qualsiasi condomino in una qualunque assemblea. Indipendentemente dagli argomenti da trattare, non può ricevere alcuna delega nelle assemblee dello stabile che gestisce. Questo disposto tuttavia non sancisce quale sia la sanzione in caso di sua violazione. Su un tema parallelo, condomino in conflitto di interessi, la Suprema Corte “sulla base d'un'interpretazione estensiva dell'art. 2373 c.c. - giustificata dall'identità di ratio e dai notevoli punti d'identità delle due situazioni giuridiche, caratterizzate entrambe dalla posizione conflittuale in cui l'interesse del singolo (socio o condomino) si pone rispetto a quello generale (della società o del condominio) e dell'esigenza d'attribuire carattere di priorità alla tutela di quest'ultimo – […] l'applicabilità, in tema di computo delle maggioranze assembleari condominiali, del disposto della richiamata norma, riguardante il conflitto d'interessi in materia d'esercizio del diritto di voto del socio nelle deliberazioni assembleari delle società per azioni, enunciando conseguentemente il principio per cui, ai fini del detto computo, non si debba tener conto del voto del condomino (o dei condomini) titolari (in relazione, sempre, all'oggetto della deliberazione) d'un interesse particolare contrastante, anche solo virtualmente, con quello degli altri condomini” (così Cass. n. 10683/02).(Cass., 10 agosto 2009, n. 18192). Nel caso di specie, il condomino sarà considerato ai fini della regolare costituzione dell'assemblea ma non potrà partecipare alla votazione in relazione a quei punti nei quali la sua posizione è in conflitto con quella del condominio.
La giurisprudenza, prima della novella, ha da sempre affermato che il voto espresso dall'amministratore in conflitto di interessi non deve essere computato ai fini del calcolo delle maggioranze, in applicazione analogica dell'art. 2373 c.c. in tema di deliberazioni societarie (Cassazione civile , sez. II, sentenza 10.08.2009 n° 18192 ; Cass. n. 10683/02, Trib. Barcellona Pozzo di Gotto, 05/12/1994)

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