Condominio

Il riconoscimento legale della «natura» comune dei beni

di Paolo Accoti


L'art. 1117 Cc attribuisce legalmente natura comune ai beni elencati derogabile solo da patto contrario. Per i beni indicati nell'art. 1117 Cc, che la norma considera di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, non si può tecnicamente parlare di “presunzione” di condominialità quanto, piuttosto, di riconoscimento legale della natura comune.
Natura comune che può essere derogata solo con patto contrario, rinveniente dall'atto costitutivo del condominio ovvero dalla maturazione dell'usucapione.
Conseguentemente, quando con la prima vendita la proprietà di un bene teoricamente comune viene assegnata solo ad uno o più condòmini, deve escludersi la condominialità dello stesso.
Tanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14809, pubblicata in data 14 giugno 2017.
La stessa è stata chiamata a decidere una controversia insorta tra condòmini, uno dei quali conveniva in giudizio altri due al fine di accertare la proprietà esclusiva del cortile antistante il suo locale magazzino, con condanna dei convenuti alla cessazione delle turbative poste in essere, consistenti nell'utilizzare abitualmente quell'area come posto auto.
I condòmini convenuti eccepivano il possesso ventennale del cortile in questione e chiedevano l'accertamento dell'avvenuto usucapione in favore di tutti i condòmini.
Sia il Tribunale di Genova, che la Corte d'Appello ligure, successivamente adita, rigettavano la domanda ritenendo applicabile al cortile in esame la presunzione legale di condominialità di cui all'art. 1117 Cc, in difetto di prova circa l'esclusiva titolarità del bene mediante idoneo titolo di proprietà.
La sentenza veniva impugnata dinnanzi alla Suprema Corte per violazione e falsa applicazione, tra l'altro, dell'art. 1117 Cc.
La Corte di Cassazione, con l'indicata sentenza, premette che <<secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la presunzione stabilita per i beni elencati nell'art. 1117 c.c., la cui elencazione non è tassativa, deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune (Cass. Civ. seni del 23/08/2007 n.17928) e colui che rivendica la proprietà esclusiva deve superare tale presunzione fornendo la prova di tale diritto, producendo un titolo d'acquisto da cui risulta escluso il bene dalla comunione. A tal fine, titolo d'acquisto deve ritenersi, come già evidenziato, l'atto costitutivo del condominio, che si identifica col primo atto di trasferimento di una unità immobiliare del fabbricato dall'originario ad altro soggetto (Cass. Civ. Sez. Il sent del 27/05/2011 n. 11812)>>.
La stessa, tuttavia, precisa <<che quella prevista dall'art. 1117 c.c. non costituisce una presunzione in senso tecnico ma, piuttosto, l'attribuzione legale della natura comune ai beni elencati in tale norma. Attribuzione, questa, che può essere derogata solo con patto contrario, risultante dall'atto costitutivo del condominio o con usucapione. Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni (nella specie, portico e cortile) risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni>>.
Ebbene, conclude il giudice di legittimità, la Corte territoriale ha fatto buon governo dei predetti principi ed ha escluso che i documenti prodotti e le prove acquisite fossero sufficienti ad escludere la natura condominiale del cortile, in considerazione del fatto che non risulta prodotto il titolo idoneo a negare la natura comune del bene, vale a dire <<il primo atto di trasferimento di una unità immobiliare del fabbricato dall'originario proprietario ad altro soggetto>>.
Il ricorso, pertanto, è respinto e il ricorrente condannato a pagare le spese di giustizia.

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