Condominio

Condomìni in ristrutturazione, occhio alle distanze

di Francesco Machina Grifeo

La ristrutturazione «radicale», consistente nell'aumento di volumetria dell'edificio o nello spostamento dell'immobile, soggiace alla disciplina delle distanze legali prevista per le «nuove costruzioni». Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 30 giugno 2017 n. 16268, accogliendo, con rinvio, il ricorso di un vicino che lamentava l'apertura di nuove finestre e l'avanzamento della costruzione all'interno del fondo confinante.
Il Tribunale di Brescia, invece, aveva rigettato le richieste di ripristino dello stato dei luoghi e di risarcimento dei danni del proprietario del fondo limitrofo. La Corte d'Appello, nel confermare la decisione, ha affermato che il ricorrente aveva dedotto, per la prima volta, in secondo grado che i convenuti avevano realizzato una «nuova costruzione», avendo in precedenza fatto sempre riferimento ad un «ampliamento e ristrutturazione». E che comunque la palazzina risaliva ad un periodo precedente il piano regolatore. Secondo il ricorrente, al contrario, la «radicale trasformazione» era stata già indicata nell'atto di citazione, «avendo il fabbricato della controparte subito una modificazione nella volumetria, con l'aumento della sagoma di ingombro in modo da incidere sulle distanze tra gli edifici esistenti». Non solo, era evidente che le «modificazioni strutturali» non potevano in alcun modo essere considerate come una «semplice ristrutturazione», ma avrebbero dovuto essere ritenute «nuova costruzione», con la conseguente applicazione delle regole sulle distanze, per l'apertura delle vedute, previste dal Dm n. 1444/1968 e dal successivo piano regolatore del comune.
Una tesi fatta propria dalla Suprema corte secondo cui «rientrano nella nozione di nuova costruzione contenuta nella legge n. 1150/1942, anche ai fini dell'applicabilità dell'articolo 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 per il computo delle distanze legali dagli altri edifici, non solo l'edificazione di un manufatto su un'area libera, ma anche gli interventi di ristrutturazione che, in ragione dell'entità delle modifiche apportate al volume ed alla collocazione del fabbricato, rendano l'opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente». In senso conforme, la Cassazione (n. 5741/08) ha ritenuto legittima l'applicazione delle disciplina sulle distanze per i nuovi edifici, nel caso di un fabbricato confinante che era stato oggetto «oltre che di concessione di ristrutturazione, anche di ampliamento, e ricostruito in posizione diversa da quella preesistente».
La Corte territoriale, conclude la decisione, ha anche errato laddove «non ha considerato che rispetto alla radicale ristrutturazione dell'immobile, sin dall'inizio lamentata dall'attore, l'affermazione che il relativo manufatto edilizio costituisse una nuova costruzione non introduce in causa un fatto storico nuovo e diverso, ma qualifica giuridicamente quello originario ed immutato ai fini dell'applicazione della disciplina in materia di distanze». E «poiché la qualificazione giuridica dei fatti tempestivamente allegati non soggiace a preclusioni di sorta, perché esprime una difesa tecnica e non una deduzione assertiva, la ritenuta tardività di tale difesa costituisce falsa applicazione del divieto dei nova in appello».

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