Condominio

Leasing o affitto: le responsabilità passano di mano

di Carmen Chierchia e Guido Alberto Inzaghi

Quando in un immobile gli utilizzatori sono diversi dai proprietari la responsabilità per la gestione dell’amianto segue regole diverse da quelel ordinarie. Si pensi, per esempio, alle unità locate, concesse in usufrutto o in leasing (tra i tanti strumenti contrattuali). E questioni simili si pongono anche nel caso di immobili sottoposti a curatela fallimentare.

L’argomento fa molto discutere, essendo frequenti i contenziosi sul punto.

Di recente, il Tar Lombardia (Milano sentenza 9 marzo 2017 n. 572) ha analizzato il caso di una società di leasing che ha stipulato un contratto di locazione finanziaria (poi risolto), di un immobile. A seguito della scoperta - da parte di Arpa - di materiali contenenti amianto nell’area oggetto del contratto, il Comune ha ordinato alla società di leasing la messa in sicurezza e lo smaltimento dell’amianto. L’ordinanza del Comune è stata impugnata e dal contenzioso che ne è derivatoil Tar ha affermato due principi:

se l’utilizzatore ha doveri di ordinaria e straordinaria amministrazione risponderà della presenza di amianto;

se il contratto con l’utilizzatore si risolve, il proprietario rientra nei propri poteri e, quindi, torna a essere il soggetto responsabile della corretta bonifica dei rifiuti di amianto.

Non rileva, quindi, la circostanza che il proprietario non abbia esercitato alcuna attività produttiva (o comunque di utilizzazione) all’interno dell’immobile, in quanto l’attività di bonifica non dipende dall’attività svolta all’interno ma dallo stato di conservazione dell’immobile.

Il caso della curatela fallimentare, poi, è di frequente sotto la lente dei giudici amministrativi: gli immobili e le aree oggetto di una procedura fallimentare infatti presentano spesso problemi di bonifiche (rifiuti o contaminazioni) o di amianto. La giurisprudenza non è unanime nel delineare le responsabilità del curatore. Un primo orientamento esclude che il curatore sia tenuto ad obblighi di gestione e bonifica dell’amianto sostenendo che «il curatore non può essere reputato un successore dell’impresa fallita essendone soltanto un amministratore. L’amministrazione avviene a fini conservativi per la liquidazione dell’attivo e la soddisfazione dei creditori e questo non comporta che sul curatore incomba l’adempimento di obblighi facenti carico originariamente all’imprenditore» (Consiglio di stato, sentenza 3274 del 30 giugno 2014). Con la conseguenza che «il potere del curatore di disporre dei beni fallimentari non comporta necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili» (Consiglio di stato, sezione V, sentenza 3885/2009).

Un secondo orientamento (finora proposto dai giudici di prime cure, Tar Lombardia, Brescia, sentenza 38/2017, Tar Friuli Venezia Giulia, sentenza 441/2015) apre uno spiraglio su una responsabilità più estesa del curatore fallimentare, che risponderebbe della presenza di amianto sia quando il curatore sia autorizzato dal giudice fallimentare anche all’esercizio provvisorio sia nelle ipotesi di univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore nell’abbandono dei rifiuti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©