Condominio

«Innaffiare» il vicino può essere un reato

di Ed.V.

Il condòmino è sempre particolarmente sensibile delle intrusioni degli altri comproprietari e dei terzi all’interno della propria abitazione. E spesso la gestione del giardino condominiale è causa di liti a causa dei confini sfumati tra quello che è condominio e quello che è proprietà privata.

Una sentenza del Tribunale di Roma (14079/2009), per esempio, ha chiarito che, nonostante le piante siano su una parte privata di un condomino, alla loro manutenzione e potatura dovrà provvedere l’intero stabile in caso queste siano parte del decoro architettonico del condominio: per la Corte «alle spese di potatura degli alberi che insistono su suolo oggetto di proprietà esclusiva di un solo condòmino sono tenuti a contribuire tutti i condomini allorché si tratti di piante funzionali al decoro dell’intero edificio e la potatura stessa avvenga per soddisfare le relative esigenze di cura del decoro stesso».

Nonostante paia un controsenso, quindi, in alcuni casi il condominio potrà essere chiamato a pagare per la manutenzione del giardino del privato, e ciò poiché il decoro architettonico viene considerato come un autonomo bene comune di tutti i comproprietari.

Un’altra situazione all’origine di liti condominiali è certamente l’irrigazione delle piante sul balcone.

A pronunciarsi in questo caso è stata addirittura la Corte di Cassazione Penale, che con la sentenza numero 15956/2014 ha stabilito che è un reato allagare il balcone del vicino bagnando le piante, anche se tale attività non è compiuta dal condomino, ma da un sistema automatico di innaffiatura. La Cassazione ha ritenuto il vicino colpevole del reato di cui all’articolo 674 del Codice Penale, dato che tale norma prevede e punisce la condotta di chi getta in luogo privato cose atte a molestare o imbrattare.

In realtà occorre svolgere alcune considerazioni. In primo luogo si deve sottolineare che non è sufficiente un solo evento per dare luogo al reato, ma ciò che rileva è la prolungata attività di inondazione del terrazzo del vicino e con il fine di imbrattare il pavimento e i muri.

Rileva altresì come la condotta sia proseguita nonostante le richieste di cessazione da parte del vicino sottostante.

Inoltre il proprietario può commettere il reato in oggetto anche se a compiere l’attività di innaffiatura non sia lui personalmente, ma un impianto di irrigazione del quale egli ha la proprietà e il dovere di custodia (Cassazione, Sezione III, sentenza 21753/2014).

Dal punto di vista del condomino che deve bagnare le piante sul balcone, quindi, non ci sarà nulla da temere in quanto la legge non punisce il singolo evento di allagamento del balcone sottostante, bensì reiterati comportamenti volti a causare danni da umidità e imbrattamento sul balcone sottostante.

Dai due esempi sopra riportati, quindi, pare chiaro che la gestione del verde privato debba essere fatta con attenzione e rispetto dell’altrui proprietà, dato che facilmente una errata gestione del giardino comporta la lesione di interessi privati, con conseguenze giuridicamente anche gravi.

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